Figalli, il matematico con Napoli nel cuore: «Con i numeri prevedo dove vanno le nuvole»

Figalli, il matematico con Napoli nel cuore: «Con i numeri prevedo dove vanno le nuvole»
di Valentina Arcovio
Giovedì 2 Agosto 2018, 11:36 - Ultimo agg. 15:55
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È un momento eccezionale che ricorderò per tutta la mia vita». È visibilmente emozionato il giovane matematico italiano Alessio Figalli, nato a Roma il 2 aprile 1984, da Giuseppina Carola, insegnante di lettere classiche presso il liceo classico Vivona all'EUR; e da Gennaro, di origini e di formazione napoletane, che è professore ordinario del Dipartimento di Ingegneria all'Università di Cassino. Figalli ha lasciato Roma poco più che maggiorenne, ma nella Capitale ha ancora tanti amici. Figalli ha vinto il più prestigioso premio internazionale per la matematica, la medaglia Fields. Non accadeva da 44 anni che un italiano avesse questo riconoscimento, importante come il Nobel e dedicato ai ricercatori che non abbiano compiuto 40 anni. I teoremi di Figalli hanno applicazioni ingegneristiche e fisiche, ma soprattutto riescono a fare comprendere meglio i fenomeni naturali: la formazione delle nuvole, ma anche le bolle di sapone. Uno dei suoi principali campi di ricerca è la teoria del trasporto ottimale: trovare il modo più economico per trasportare oggetti da un luogo a un altro. Le sue equazioni serviranno per avere previsioni meteo più precise e progettare nuovi materiali.
 


L'annuncio è arrivato da Rio de Janeiro, dove il Congresso internazionale dei matematici si è aperto con una coloratissima cerimonia a ritmo di samba, e a dare l'annuncio è stato il presidente dell'Unione Matematica Internazionale, Shigefumi Mori. Figalli sedeva in prima fila, accanto agli altri tre premiati: Caucher Birkar, di origine curde, che lavora nell'università britannica di Cambridge, il tedesco Peter Scholze, dell'università di Bonn, e l'australiano Akshay Venkatesh, dell'università di Stanford. A soli 34 anni, Figalli ha al suo attivo 140 pubblicazioni e per il mondo scientifico italiano la sua medaglia Fields è la conferma di come sia viva e in buona salute la grande tradizione matematica italiana, da Vito Volterra, Renato Caccioppoli, Mauro Picone e Guido Stampacchia, fino a Camillo De Lellis che oggi insegna a Princeton, e Luigi Ambrosio, che ha seguito.

Professore dica la verità, sapeva già da tempo che avrebbe vinto la Fields Medal. Come ha fatto a mantenere il segreto?
«È vero. Lo sapevo da circa 5 mesi ed è stata davvero dura mantenere il segreto. In realtà, facevo fatica a crederci. Ma ora è ufficiale e questo premio mi riempie di gioia. È una bella soddisfazione, ma è anche un grande stimolo per il futuro, che mi motiverà a continuare a lavorare nei miei settori di ricerca».

Quando ha cominciato a pensare di fare il matematico?
«Abbastanza tardi. Quando ho finito il liceo classico Vivona, a Roma, ero ancora indeciso tra matematica, fisica e ingegneria. Alla fine è stato un po' un caso, molto legato al fatto di essere entrato alla Scuola Normale di Pisa. Mi sono detto ah, però, fico!. Insomma, la matematica mi divertiva, ma non sapevo se avrei potuto farne un lavoro. Avevo conosciuto le Olimpiadi della Matematica gli ultimi due anni di Liceo, insomma abbastanza tardi. E facendo le Olimpiadi mi divertivo. Era un mio sfizio, mi ci mettevo ogni tanto la domenica pomeriggio, ma mi ci dedicavo non più di due ore a settimana. Per il resto me ne andavo in palestra o uscivo. Mi riuscivano gli esercizi di matematica, ma nulla di particolare. Inoltre facevo il Classico e il programma era abbastanza facile. Dalla Normale di Pisa la mia strada sembrava più chiara».

Dopo il liceo ha sempre girato il mondo?
«Sono entrato alla Scuola Normale di Pisa nel settembre 2002 e ho ottenuto la laurea triennale in matematica nel novembre 2004. Durante gli studi per la laurea specialistica seguii un corso di un professore dell'Ecole Normale Supérieure de Lyon (Albert Fathi), il quale mi invitò a spendere un semestre a Lione. Col supporto di Luigi Ambrosio, il mio relatore alla Normale, passai 6 mesi a Lione e nel 2006 cominciai un dottorato in cotutela tra Pisa e Lione. Questo fu l'inizio della mia carriera francese: nell'ottobre 2007 ottenni un posto da ricercatore al CNRS, l'equivalente del CNR italiano, e nel 2008 mi trasferii all'Ecole Polytechnique di Parigi. Quando ormai mi vedevo ben inserito nel sistema e nella vita francese, durante una delle trasferte negli Stati Uniti ebbi occasione di visitare l'Università del Texas a Austin. In quell'occasione mi offrirono una posizione come professore associato».

 

E lei accettò? Le piacciono gli Usa?
«Per quanto non pensassi di voler passare la mia vita negli Stati Uniti, l'idea di viverci almeno qualche anno mi sembrò interessante. Fui promosso a professore ordinario nel 2011 e sono rimasto ad Austin fino al 2016, quando ho deciso di rientrare in Europa con una cattedra al Politecnico di Zurigo».

Viaggiando così tanto riesce a mantenere qualche amicizia?
«Sono sempre stato in contatto con le persone che ho incontrato. Più che difficoltà a fare amicizie, per me è un po' triste quando me ne vado, che mi tocca sempre ricominciare da capo. La parte negativa è più nel non poter contare su rapporti stabili. A Roma però ci sono sempre i miei amici del tempo del liceo e li vedo sempre quando torno per le vacanze».

Cosa le piace della matematica?
«Grazie ai miei studi ho avuto la fortuna di scoprire cosa sia veramente la matematica. Infatti la visione che spesso ne otteniamo durante il periodo scolastico è quella di una materia arida, fatta di regole fisse ed immutabili che sono state stabilite da centinaia di anni. Questo è assolutamente falso: la matematica è una disciplina in continua evoluzione ed il matematico è una persona creativa che cerca di trovare una soluzione a dei problemi spesso molto concreti».

Può fare qualche esempio?
«Basti pensare che senza gli studi matematici degli ultimi 150 anni non avremmo gli mp3, i GPS, la televisione, la crittografia per i bancomat, i motori di ricerca come Google, le tac e le risonanze magnetiche, ecc. Tutto questo è frutto sia di studi di natura completamente teorica sviluppati più di 100 anni fa, sia di strumenti matematici sviluppati solo recentemente. La matematica è una scienza moderna in fervente attività ed è fondamentale che esistano sia matematici puri che matematici applicati: infatti la matematica pura ed applicata sono legate a filo doppio, si influenzano a vicenda ed il progresso dell'una si riflette sull'altra».

C'è qualcosa di italiano in questo riconoscimento?
«Sì. La mia formazione è italiana. E aver vinto la Medaglia Fields dimostra che il nostro Paese riesce a formare ancora tantissimi giovani. Quindi credo che questo mio riconoscimento sia una bella soddisfazione anche per l'Italia».
 

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