Dema chiude le scuole, l'ex preside:
«Resa totale, non si amministra così»

Dema chiude le scuole, l'ex preside: «Resa totale, non si amministra così»
di Mariagiovanna Capone
Martedì 20 Novembre 2018, 08:44 - Ultimo agg. 09:38
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Ormai sta diventando un binomio indissolubile. A ogni allerta meteo il sindaco risponde con la chiusura delle scuole. Il tema scatena dibattiti e polemiche, e la dirigente scolastica in pensione Armida Filippelli non ci pensa due volte nel definire queste decisioni «una resa».

Preside, ancora un’ordinanza del sindaco de Magistris con cui decide di chiudere le scuole cittadine. Come commenta questi provvedimenti?
«Come una resa totale dell’amministrazione comunale».

È un’opinione durissima.
«Che nasce da una consapevolezza. Mi sembra assai chiaro che il sindaco abbia rinunciato a tenere bene gli alberi, i giardini e tutto il verde cittadino, così come a manutenere le strade e prevenire le buche. La stessa mancanza di cura ce l’ha per le scuole di questa città, deprivate di tutto ciò che un Paese moderno, settima potenza mondiale, dovrebbe avere».

Lo stato dell’edilizia scolastica è un problema molto serio a Napoli.
«Che non mi pare questa amministrazione voglia affrontare. Lo stato di abbandono di edifici scolastici è visibile a tutti noi cittadini. Chi li vive dall’interno descrive impianti igienico-sanitari fatiscenti, pavimentazioni divelte, infissi vetusti. Allontanare gli studenti da queste aree di guerra è quindi inevitabile da parte del sindaco, che all’indomani di ogni allerta meteo non si prende la briga di sistemare e rendere sicuri i luoghi dove i nostri figli e nipoti trascorrono gran parte del loro tempo. Ma queste decisioni di chiudere le scuole a ogni temporale hanno anche un’altra enorme ripercussione sulla collettività». 
Quale?
«La scuola oggi fa grande fatica a distogliere i ragazzi dalla cultura dei social, a spostare la loro attenzione dallo schermo degli smartphone per conquistarli con una narrazione didattica fondamentale per renderli partecipi alla società del futuro. Interrompere questo processo è una sconfitta e lo possiamo constatare leggendo i commenti, considerati dai più come goliardici ma che sono il segnale di una brutta deriva. Fanno il tifo per il sindaco, lo santificano e lo idolatrano perché chiude la scuola e loro possono evitare le lezioni. Sono decisioni dissennate, di chi non pensa alla scuola come un luogo di conoscenza, crescita e maturità, ma solo come uno spazio materiale. Eppure mai come in questo periodo le amministrazioni dovrebbero puntare sulle istituzioni scolastiche».

Perché?
«Perché avverto un rigurgito fascista molto pericoloso. Questa è un’epoca in cui si stanno capovolgendo i valori e si dovrebbe vigilare costantemente, e con continuità, affinché siano mantenuti, coltivati, esaltati. Dovremmo mantenerci laici e attenti, ma facciamo venire meno questi valori. Le basi della cultura democratica, dell’accoglienza, del rispetto e della condivisione si creano nelle aule scolastiche. E invece c’è chi preferisce che si latiti per un soffio d’aria».

C’è anche il problema della continuità didattica.
«Certo, perché avremo degli studenti con un numero inferiore di ore dedicate alla didattica ovvero verrebbero meno i valori della Costituzione: tutti i ragazzi devono partire da uguali premesse e opportunità. È un danno per le scuole di ogni ordine e grado, a cominciare dalla scuola dell’infanzia. Chi lavora, deve affidarsi alla rete familiare o pagare baby-sitter, organizzandosi all’ultimo. Senza contare il danno su esserini così piccoli, perché stai iniziando a educarlo alla collettività, non a stare in una bolla in famiglia».

Ricorda nella sua lunga carriera professionale situazioni simili?
«Sinceramente no. Si andava a scuola con piogge torrenziali, e nei paesini di montagna, nelle bufere di neve. C’è un’allerta meteo, va bene, è giusto che ci siano delle segnalazioni su condizioni climatiche avverse. Ma non si chiude la città se ciò accade, non è così che si fa. Anche perché queste allerte sono continue, probabile che siano cambiate le comunicazioni su questo tema. Siamo appena a metà novembre, quante volte ancora accadrà fino alla fine dell’anno scolastico? Queste ordinanze sindacali sono sconcertanti perché significa una resa totale. Perché sono frutto di un’assenza di volontà nel combattere i disservizi e migliorare, o tentare almeno di farlo, le situazioni. Significa dire: non ho soluzioni per Napoli, quindi chiudo».

Chiudere le scuole diventa la scelta più facile?
«Certo. Perché ormai si vive solo di attenzione mediatica, e questo mi inquieta molto. Sono convinta che un sindaco che decide di chiudere le scuole a ogni forte temporale, lo faccia solo perché non vuole rischiare l’impopolarità, nel caso avvenga qualcosa. Fa azione preventiva. E siccome l’ordinario non lo si vuole considerare, il “qualcosa” succede sempre. E così le sue decisioni diventano la conferma che andavano prese perché si è evitato il dramma. Mica pensano a sistemare strade, edifici, alberi... è assai più semplice chiudere le scuole, e se un albero crolla proprio davanti all’ingresso di una scuola, una voragine si apre lungo la strada o cadono calcinacci, si danno le pacche sulle spalle da soli affermando di aver fatto bene. Dimenticando che loro hanno reso pericolosa e insicura la città quando è maltempo. Allora chiudiamola sempre, perché non sappiamo cosa può accadere... Si supera l’allerta meteo, ma non si superano i problemi. Insomma, per me chiudere le scuole è un brutto segnale. Tenerle in ordine è un punto di partenza. Investiamo nella scuola e nel futuro per davvero».
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