Malati psichiatrici ma detenuti: «Riforma a metà, 300 da liberare»

Malati psichiatrici ma detenuti: «Riforma a metà, 300 da liberare»
di Maria Pirro
Giovedì 5 Aprile 2018, 09:58
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L'istituzione è negata solo sulla carta. Di fatto, 300 ammalati psichiatrici restano in carcere, ma dovrebbero essere assistiti da servizi e strutture sanitarie. Una storia cancella l'illusione, un'altra dimostra quanto la riforma sia lontana dalla meta. A Napoli, ad esempio. Un trentasettenne schizofrenico, reintegrato grazie a una borsa lavoro, litiga con il padre e finisce in cella. «Dove non c'è cura possibile», avverte lo psichiatra Fedele Maurano, nel chiedere, in qualità di direttore del dipartimento Salute mentale nella Asl, il trasferimento del paziente, da Poggioreale a Miano, in una comunità che già ospita ex reclusi in Opg, gli ospedali psichiatrici giudiziari chiusi proprio con la legge 81/2014.

«Il magistrato risponde di no, per motivi di sicurezza. Ma quali sono le condizioni da garantire? Per un detenuto ai domiciliari sono necessarie le sbarre alle finestre?». Obietta il medico: «Quell'uomo è ancora dentro, con il rischio di aggravarsi e vanificare i risultati di un percorso di recupero durato anni». Un intervento, in favore di un altro recluso, è invece sospeso: «In attesa della autorizzazione per la visita richiesta a gennaio», aggiunge Maurano. E il disagio diffuso, anche per effetto delle difficoltà nella gestione dell'assistenza territoriale, con gli ex internati in Opg affidati direttamente alle Asl. «Eppure, i detenuti ritenuti non imputabili (e quindi da non sottoporre a una pena), in lista per ricoveri esterni nelle Rems, le strutture che hanno sostituito gli Opg, sono più di 300 in Italia», dice Adolfo Ferraro, psichiatra ed ex direttore del manicomio criminale di Aversa, promotore di Contenere e curare, tavola rotonda oggi a Napoli.
 
Nella regione si contano otto detenuti «prenotati» per un posto nelle Rems e una sessantina di assegnazioni previste, non ancora effettuate. «Ma non c'è un monitoraggio preciso a livello nazionale e l'obiettivo prioritario - spesso ancora trascurato nella pratica - deve essere assisterli tutti fuori dalle Rems e da qualunque luogo di detenzione», chiarisce Giuseppe Nese, responsabile campano del processo di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. «Dal 2015 - fa notare - per 91 pazienti campani su 175 sono state trovate soluzioni alternative grazie all'intesa tra servizi sanitari e magistratura. Tuttavia, la collaborazione uniforme ed efficiente resta un obiettivo da raggiungere». Un problema è il dialogo (complesso, a dir poco), come dimostra l'odissea di un cinquantenne, proveniente da una famiglia agiata di Secondigliano. Afflitto da un disturbo di personalità, accentuato dall'abuso di alcolici. Già recluso in Opg, portato in una struttura della Asl. Ora in carcere. Il motivo? «È stato arrestato senza avvisare gli operatori sanitari. Tant'è che questa persona è stata poi sistemata nella struttura di osservazione, nell'istituto di Secondigliano, per la valutazione diagnostica. Ma il suo quadro clinico è noto da 20 anni». Non è un caso isolato, avvisa Maurano. «Capita che sofferenti psichici siano accompagnati in carcere senza contattare i professionisti che li seguono, pur tra mille difficoltà».

Domenico Schiattone è direttore dell'ufficio Detenuti e trattamento al provveditorato dell'amministrazione penitenziaria per la Campania. Sottolinea: «La tutela della salute deve prevalere sempre sulle questioni legate alla sicurezza, ma può accadere che ci sia prudenza per motivi di pericolosità sociale». Succede pure che gli psichiatri siano in disaccordo sul da farsi. Maurano cita questa vicenda emblematica: «Il piano terapeutico individuale, formulato per un quarantenne con un grave disturbo psicotico, è stato da poco rigettato dal giudice sulla base della relazione del suo perito, che però non ha consultato i colleghi». Eppure, la riforma impone che sia definito un programma di cura, e anche le modalità di svolgimento. «Se la legge venisse applicata, scatterebbe in automatico l'obbligo di consultare i servizi di competenza per ricostruire la storia clinica e valutare le strategie adeguate. Così la norma appare stravolta». E non mancano i provvedimenti addirittura opposti adottati da giudici e tribunali diversi nei confronti della stessa persona: «Uno stalker, ritenuto incapace di intendere e volere, già detenuto in un ospedale psichiatrico giudiziario, ora condannato a una pena detentiva».

Al centro della tavola rotonda anche le questioni legate alle articolazione di salute mentale create, tre anni prima della legge 81, nelle carceri. Tra le criticità, nella sua relazione, Schiattone segnala l'inadeguatezza degli spazi per attività ricreative, di riabilitazione e socializzazione, a Secondigliano. Dove c'è, però, «una adeguata presenza» di infermieri specializzati. Al contrario, i locali per la riabilitazione sono un punto di forza nel carcere di Benevento, ma scarseggiano gli addetti. Insomma, «la collaborazione tra staff sanitario e personale penitenziario è decisiva. Sostenuta attraverso un osservatorio regionale permanente e un tavolo tecnico sulle Rems, è utile anche alla soluzione dei singoli casi», rilancia Schiattone, ricordando l'impegno per la revisione dei protocolli finalizzati alla prevenzione dei suicidi in carcere (tragedie che, «nei dati, non si discostano molto dai valori percentuali, in proporzione, registrati tra la popolazione libera», precisa).

«Ci sono stati 50 suicidi, di cui cinque in Campania l'anno scorso. Più 87 tentativi conclamati e 770 episodi di autolesionismo», certifica Samuele Ciambriello, garante regionale dei diritti dei detenuti, che tratteggia uno «scenario ancora più preoccupante a causa delle generali condizioni detentive: il sovraffollamento aumenta il disagio. Psichiatri, psicologi, tecnici della riabilitazione sono pochi in carcere per un sostegno costante». Non ultimo punto, i servizi sanitari sul territorio, da rafforzare, con una iniezione di risorse e personale in organico. Altro volto delle stesse difficoltà. Questa non è un'altra storia.
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