Fibrosi cistica, dalla timosina
una nuova terapia

Fibrosi cistica, dalla timosina una nuova terapia
Lunedì 10 Aprile 2017, 17:00
2 Minuti di Lettura
Nuove prospettive di cura per la fibrosi cistica grazie all’impiego di Tα1, un peptide presente nel timo che potrebbe agire efficace. La ricerca condotta da Luigina Romani dell’Università di Perugia e da Enrico Garaci dell’Università San Raffaele Roma, pubblicata oggi su Nature Medicine, ha dimostrato come questa molecola sia capace di attivare meccanismi in grado di ricostruire il sistema immunitario e di ridurre i processi infiammatori polmonari ricorrenti nei pazienti colpiti dalla malattia. «Abbiamo dimostrato l’efficacia di azione di questa molecola su cellule prelevate da alcuni pazienti con risultati sorprendenti», dichiarano Luigi Maiuri, dell’Università di Novara, e Mauro Pessia, dell’Università di Perugia, altri ricercatori che hanno partecipato allo studio.

In particolare, la patologia cronica colpisce i polmoni e il sistema digestivo e ha un impatto sulla popolazione mondiale equivalente circa a 80.000 persone di cui 30.000 negli Stati Uniti. Ed è è causata da mutazioni nel gene che codifica la “cystic fibrosis transmembrane conductance regulator (CFTR)” che portano a una compromissione dell’attività del canale del cloro. La più comune mutazione p.Phe508del determina la produzione di una proteina degradata che presenta un’attività canalare estremamente ridotta. L’alterata permeabilità del cloro, l’infiammazione cronica persistente e le ricorrenti infezioni polmonari fanno sì che la patogenesi della malattia sia complessa tanto da richiedere protocolli terapeutici composti da molti farmaci. Al momento non è disponibile un farmaco dotato di tale pleiotropismo.

In questo lavoro gli autori descrivono la capacità di Tα1 - peptide dotato di un eccellente profilo di sicurezza nella clinica - di correggere i molteplici difetti funzionali nei topi FC come in cellule di pazienti colpiti dalla mutazione p.Phe508del. Infatti, Tα1 presenta la combinazione di due proprietà che sono in grado di contrastare la patologia: riduzione dell’infiammazione secondo i dati già pubblicati da Luigina Romani, ma anche correzione ed aumento della funzione della proteina CFTR.

Grazie a questo studio, la Tα1 può essere considerata un potenziale singolo agente efficace nella terapia della FC, è il commento di Allan Goldstein della George Washington University, che ha partecipato alla ricerca. «Sono dati solidi ed importanti che indicano l’importanza di avviare al più presto gli studi clinici», conclude Enrico Garaci. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA