Tremonti: globalizzazione truccata
ma io lo dissi già nel 2008

Tremonti: globalizzazione truccata ma io lo dissi già nel 2008
di Gigi Di Fiore
Sabato 25 Giugno 2016, 10:47 - Ultimo agg. 10:48
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Ha pubblicato da poco per Mondadori il saggio Mundus furiosus - il riscatto degli Stati e la fine della lunga incertezza, dal nome che si dava all'Europa nel 500. Il senatore Giulio Tremonti, professore universitario già ministro delle Finanze nel governo Berlusconi del 2008, riprendendo in parte le tesi espresse nel libro, analizza il risultato del referendum inglese. È l'occasione per esaminare le cause e le soluzioni possibili della crisi che attraversa l'Unione europea.

Senatore Tremonti, è davvero in crisi l'idea di Europa unita?
«Mi sembra evidente. È una crisi generale, che tutti confermano senza riuscire a spiegarne le ragioni. Bisogna invece andare a capire cosa è successo negli ultimi vent'anni, quanto è terminata l'età dell'oro dell'Europa, cominciata nel secondo dopoguerra e finita agli inizi degli anni 90 del secolo scorso».
Cosa è successo, secondo lei?
«Premetto che faccio un'analisi politica con approccio simile a quello di un medico che, prima di prescrivere una medicina, deve formulare una diagnosi. Ebbene, ho individuato quattro cause precise all'origine della crisi europea, che si è sviluppata negli ultimi vent'anni. E, badi bene, si tratta di un periodo di tempo davvero irrisorio in un'ottica storica».
Quali sono, dunque, le quattro cause che individua?
«Sono altrettanti asteroidi che si sono abbattuti sul dinosauro Europa...».
Ripete l'immagine degli asteroidi che non è piaciuta in televisione al professore Mario Monti?
«Certo, il professore Monti si è sentito offeso affermando che stavo facendo del puro intrattenimento. Invece, nel formulare le mie sentite scuse alla scienza di Monti, ribadisco che la cause della crisi europea sono quattro e che l'immagine delle asteroidi distruttive mi sembra assai appropriata».
Vuole, dunque, elencare queste cause-asteroidi?
«In primo luogo, l'allargamento dell'Europa, in senso non solo geografico, verso l'Est. Una modifica verticale-politica rispetto alla struttura iniziale. E oggi, se chiedesse a uno studente quale organismo ritiene sia più importante tra Corte costituzionale italiana e Corte europea, sicuramente esprimerebbe preferenza per la seconda». (...)
E l'ultima sua ragione della crisi dell'idea di Europa?
«È la crisi economica, in un sistema di Ue che nei suoi trattati non prevede la parola crisi. Tutte le attività comunitarie venivano finalizzate a un sistema positivo e non era prevista l'ipotesi di una difficoltà economica che avrebbe dovuto affrontare l'intera Europa. Insomma, mancanza di visioni a lungo termine».
Mettendo insieme le sue quattro ragioni di crisi dell'Europa, cosa ne deduce?
«Effetti preoccupanti. Anche perché, mentre tutti concordano sull'esistenza di una crisi dell'Ue, ben pochi cercano di analizzarne le cause profonde. Si è trattato di eventi molto rapidi, che hanno travolto i trattati europei negli ultimi vent'anni».
Quando pensa si possa cominciare a parlare di avvio delle cause scatenanti della crisi dell'unione europea?
«Penso sicuramente all'anno svolta del 1989, quando si credeva che l'unificazione della Germania avrebbe accelerato la vera unificazione economica dell'Unione europea attraverso poi l'introduzione dell'euro. Invece, è stata prodotta una quantità impressionante di regole che dovevano disciplinare il mercato unico e che, alla fine, sono andate ben oltre le loro finalità».
Sta dicendo che, a Bruxelles, si è andato troppo oltre e che c'è troppa invadenza dell'Europa nella vita degli Stati aderenti all'Ue?
«Dico che Bruxelles doveva fornire degli strumenti di lavoro ed ha finito invece per stabilire come deve essere fatto il lavoro. Un disegno autoritario, che ha finito per distorcere gli obiettivi delle norme comuni europee». (...)
Dall'analisi alle proposte: cosa si dovrebbe fare, a suo avviso, per salvare l'Unione europea?
«Innanzitutto, i governi dovrebbero cercare di capire cosa è successo. Poi, non si dovrebbe dare la colpa ai popoli che decidono di votare contro l'Europa, ma alle classi dirigenti che hanno gestito questa unione. Nel 2008, da ministro fui isolato dai miei colleghi di altri Stati per quello che suggerivo. Poi, sono state introdotte misure che avevo proposte, come il fondo salva Stati o gli Eurobond».
Ma oggi, partendo dal voto inglese, cosa si dovrebbe fare: vede l'uscita dall'euro una soluzione valida e praticabile?
«Tornare indietro servirebbe solo a restituire ai singoli Stati il loro passato, passando ad un'unione senza la partecipazione degli Stati. Credo, invece, che una soluzione praticabile potrebbe essere il passaggio ad una confederazione di Stati europei. Un traguardo da raggiungere attraverso trattati, riservando alla politica unitaria materia cardini come la difesa, o le politiche sull'immigrazione. Le altre materie, quelle su cui si assiste all'invadenza delle norme europee, andrebbero lasciate alla sovranità dei singoli Stati».