Se l'odio vince nel nome del popolo

di Biagio de Giovanni
Domenica 19 Febbraio 2017, 09:16
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Questo non è un appello al Pd perché si tenga insieme. Ne ho letti tanti di simili appelli, con le motivazioni più varie, e molti di sicuro anche dotati di una loro ragionevolezza. Temo però che, restando dentro la logica dell’appello, si sfiori la filiera dell’ovvio: meglio uniti che divisi; l’Italia ha bisogno del Pd, unico perno di un governo possibile; il dibattito prosegua all’interno (ma è mai cominciato?); si prenda il telefono, non lo hai ancora fatto, Matteo Renzi? Basta un cellulare per avviare la soluzione, o almeno per mostrare interesse a che le cose non precipitino.

E i fuori onda si sprecano. Tutto ragionevole, ma sul filo dell’ovvio che ha tanto spazio perché il vero dibattito politico è morto, la politica stessa è in agonia. E la riprova è data dalle modalità con le quali il Pd si sta dilaniando, basta essere attenti all’affermazione più ricorrente, quella che dà fondamento a tutto, che è anche la più campata per aria. Si vive, in proposito, una vera farsa politica. Dunque, dice Bersani, ma come capofila di una tesi, ora gridata ora mormorata: la scissione è già avvenuta, la «nostra gente», il nostro popolo già se ne è andato, per cui o si cambia tutto o anche noi, minoranza, non possiamo che seguire il popolo. Ah, il popolo!

Quanti alibi in nome di esso! Entità reale ma spesso indefinibile, buona a tutti gli usi, anche contro i numeri, i dati, i fatti. Quali, i fatti? Quali i numeri politici? Tutti contro questa tesi gridata, siamo proprio nell’epoca della post-verità. Vediamo. Nel 2013 Il Pd bersaniano prese all’incirca un quarto dei voti degli italiani, e si ebbe l’impressione di una legislatura che nemmeno potesse incominciare. Domanda: il popolo, già se ne era andato? Alle europee guidate da Renzi, nel 2014, il Pd ottenne circa il 40% dei voti: il popolo era tornato? Ora al referendum costituzionale, del tutto politicizzato, il sì, sostenuto da Renzi contro il resto del mondo, ha ottenuto il 40% dei voti.

Che dire? Un bel po’ di popolo è rimasto? Renzi ha di certo perduto il referendum, e si è anche dimesso da presidente del consiglio, ma lo ha perduto solo contro tutti, compreso un pezzo del proprio partito che ha festeggiato la sconfitta del proprio governo e del proprio partito, che non è davvero un bel vedere. Certo, in mezzo c’è il voto delle città da non sottovalutare, ma che, come ben si sa, non può esser riprova diretta di un voto politico e che nasce anche e soprattutto dalle gigantesche carenze dei partiti cittadini, Napoli da esempio per tutti. Ma oggi il dato costante, rilevato senza eccezioni dai sondaggi, è il Pd intorno al 30%. E allora? Un po’ di popolo sembra rimasto, più dei tempi di Bersani, forse. Certo, il popolo è incerto, forse sbalordito, assiste all’esplosione dell’odio in politica. Proprio l’odio si erge, maestro, sulle rovine della politica, si manifesta nel linguaggio, nel disprezzo manifestato, nella ultimativa contrapposizione personale, nella approssimazione affabulante che invade i toni di quella che vorrei definire la discussione politica, ma che non so come chiamare, non trovo il termine adatto.

Renzi, fermati! Ecco il punto. Qualcuno aveva osato muovere qualcosa nella palude italiana, provando a tener conto della attesa internazionale, del precipitare di eventi mondiali, anche con un progetto di semplificazione istituzionale che può non esser avvertito subito da chi vive le difficoltà di una crisi, ma che è premessa indispensabile perché l’Italia possa essere governata. Fermi tutti, finalmente. Che cosa è questa ansia di fare? Ma no, meglio un’altra via, preserviamo le nostre memorie, anzitutto, e con esse un pezzo di «popolo». Quel qualcuno, che si chiama Matteo Renzi, è stato sempre visto come un corpo estraneo, il negatore di una storia nobile, con tracce definitive nella coscienza del mondo. Ma era ancora un partito quello dove una parte era sempre –sempre- contro le decisioni dell’altra? Dove il segretario era l’unico bersaglio della minoranza? Ma che roba è questa? Ora tutti addosso dopo la sconfitta, ed è in questo quadro che io ho visto tornare l’odio in politica, sorretto e insieme nascosto da memorie perdute nel tempo, dagli echi aspri e irriducibili di un tempo concluso, di un passato che non vuol passare, in nome del popolo.

Tanti mediatori si muovono, in ogni campo, dentro e fuori la minoranza, e la scissione forse sarà evitata, azzardo la previsione. Emiliano ha annunciato la telefonata di Renzi, ecco la vera notizia del giorno! Che di meglio? Di più convincente? Bene, niente da opporre nel quadro descritto. Ma la domanda per davvero politica è: quale Pd nascerà da questa vicenda? E ne nascerà uno, o, come molto lascia prevedere, sarà il nulla politico, preda di una mediazione immobilista, dove ognuno impedirà all’altro di muoversi? Mi domando che cosa può nascere da una vicenda come quella che stiamo vivendo, dove non compare un idea politica, che cosa è una. Dove alla politica si è sostituito uno scontro tra persone, la riemersione, francamente in termini di farsa, di un lato oscuro della storia della sinistra italiana. Dove fa da padrona la contrapposizione personale fino a quell’odio che ho richiamato, alla distruzione del nemico, che però è interno, si muove tra le mura della stessa città. Ora forse avremo, se le cose andranno come sembra, la Grande Bonaccia delle Antille, per ricordare un articolo celebre di Italo Calvino.

Tutto fermo, tutti contenti.
Ma non può darsi il caso che così, proprio ora, proprio per questo, un pezzo di popolo se ne vada? Non è possibile immaginare che proprio un Pd che «copre» i suoi irrisolti contrasti sia visto come il vero ostacolo a un possibile governo dell’Italia? Come può nascere una identità politica da uno scontro che non si svolge al lume della ragion politica? E allora, di là da scissione o non scissione, ben venga il conflitto politico, aperto, chiaro, forte. Alcuni si aspettano che già oggi nell’assemblea, di là dal risultato finale, si apra proprio questa discussione (ammesso che ancora sia possibile) e che la maggioranza che ha retto il partito, oltre possibili intrighi per nuovi equilibri di potere, rivendichi con convinzione il tentativo che, pur tra tanti limiti, si è svolto in Italia, il quale ha voluto costituire un inizio promettente che potrebbe finire nel nulla sotto la spinta di un passato che non vuol mai passare, in nome del popolo.
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