Quirinale, terza fumata nera. Mattarella è sempre più vicino al Colle

Quirinale, terza fumata nera. Mattarella è sempre più vicino al Colle
Venerdì 30 Gennaio 2015, 08:51 - Ultimo agg. 31 Gennaio, 09:46
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Terza votazione per l'elezione del presidente della Repubblica e terza fumata nera, dopo i primi due tentativi andati a vuoto ieri e stamani. Nella terza votazione il candidato più votato, Ferdinando Imposimato, ha raggiunto 126 preferenze: lontana la maggioranza richiesta (673 voti). Dopo di lui Vittorio Feltri, 56; Luciana Castellina, 33; Emma Bonino, 23; Stefano Rodotà, 22. I voti dispersi sono stati 70, le schede nulle 27. Novecentosessantanove i presenti e i votanti su 1009 aventi diritto. Infine una curiosità: il cantautore Francesco Guccini ha ottenuto 4 preferenze. Al termine dello spoglio, la presidente Boldrini ha annunciato che si tornerà a votare domani alle 9.30, quando il quorum richiesto sarà la maggioranza assoluta.



Mattarella si avvicina al Colle. Ancora fumate nere per il nuovo Presidente, ancora più vicino al Quirinale Sergio Mattarella. #lavoltabuona sarà domani, quarto voto, quello in cui la maggioranza richiesta si abbassa a 505 sì. E Matteo Renzi - forse perchè non è sicuro dei suoi numeri come ostenta, forse perchè davvero pensa che «non si può fare un Presidente contro» - con un gesto riparatore si appella a maggioranza e minoranza perchè Mattarella diventi «Presidente della Repubblica di tutti gli italiani, con la più ampia convergenza possibile, per il bene comune dell'Italia». Sarebbero gravissime per il premier, per la stessa legislatura e per il cammino delle riforme, le conseguenze di un affossamento del candidato che Renzi - strappando con gli alleati di governo e con Silvio Berlusconi - ha presentato come la scelta autonoma ed autosufficiente di un Pd ricompattato.



Per tutto il giorno si lavora dunque per togliere a Mattarella quell'aura di "uomo solo del Pd", per sbianchettare dal suo profilo l'etichetta di Presidente di una sola parte. Un'operazione che riesce a metà. Il gesto riparatore del premier, che a ben vedere non cambia poi di molto la realtà di una scelta solitaria, arriva a sera. «Una personalità autorevole e stimata da tutti, un servitore dello Stato», per Renzi non può che essere eletto con i voti dell'intero Parlamento. Ma Forza Italia, in pieno psicodramma, respinge l'appello e si limita, per non essere messa ai margini, ad orientarsi per la scheda bianca. Silvio Berlusconi, sotto l'attacco concentrico dei suoi e della minoranza fittiana, capitola dopo aver a lungo ragionato sulla possibilità di far uscire dall'aula i grandi elettori azzurri. Consentirà così ai ribelli fittiani e a molti dei siciliani di andare a rinforzare il pacchetto di voti della maggioranza su Mattarella, con un ennesimo indebolimento della sua leadership. Ma non ha giocato al meglio la sua partita e non ha alternative.



Il nuovo inquilino del Colle avrà invece anche i voti di Ncd e di Angelino Alfano, che stamattina Renzi ha ruvidamente richiamato ai suoi doveri. «Sei il ministro dell'Interno - gli ha detto - come puoi non votare un uomo moderato come Mattarella quando è la maggioranza di governo a proporlo?». Per tutto il giorno Alfano ha cercato un modo per uscirne in piedi, valutando di far votare ai suoi il nome di Pierferdinando Casini, per rendere riconoscibili i voti di Ncd, un partito ormai spaccato a metà tra filogovernativi e fautori di una nuova alleanza di centrodestra con Berlusconi. Ma alla fine anche Alfano non ha alternative, non volendo rinunciare ad essere forza di governo. E sceglie di andare verso il sì a Mattarella, segretamente in accordo con Berlusconi. Una prova di più che il Patto del Nazareno non è affatto rotto, ma è soltanto stato riscritto dando pesi diversi ai suoi contraenti: Renzi sempre più forte, Berlusconi sempre più fragile.




Le votazioni. Alla seconda votazione nessun candidato ha raggiunto la maggioranza dei due terzi (673 voti). Le schede bianche sono state 531. Come ieri ad aver preso più preferenze è stato Ferdinando Imposimato (123), votato dal Movimento 5 stelle. A seguire Vittorio Feltri (51), sostenuto da Fdi-An e Lega, Luciana Castellina (34), votata da Sel, e Emma Bonino (23, dal Psi). Il Pd, come già avvenuto alla prima chiama, ha votato scheda bianca, come Forza Italia. Sabato l'attesa quarta votazione, quella che potrebbe essere decisiva, quando per eleggere il capo dello Stato basteranno 505 voti.



Il premier punta su Sergio Mattarella: nome che ricompatta il Pd, conquista Sel ma che fa gridare Silvio Berlusconi al tradimento del patto del Nazareno; M5s sceglie di votare Imposimato. Il Pd alla prima chiama ha votato scheda bianca, come Forza Italia.



Nulla di fatto dunque come previsto al primo scrutinio. Il più votato è stato il candidato del Movimento 5 stelle Ferdinando Imposimato, con 120 preferenze, ma il numero maggiore è stato quello delle schede bianche che sono risultate 538.



Renzi indica Mattarella. Il premier il nome lo ha proposto all'assemblea dei grandi elettori del Pd ed è stato approvato all'unanimità. «Spero che da sabato mattina potremmo rivolgerci a lui come "signor presidente"», ha detto il premier (leggi il ritratto di Mattarella).​



La trattativa per convincere Silvio Berlusconi a convergere su Mattarella è andata avanti tutta la notte. Ma Renzi, nonostante il no del Cav non si è fermato. «Il nostro candidato è lui, non abbiamo altri nomi», è la decisione che il premier annuncia davanti ai grandi elettori del Pd, ricevendo il voto unanime di un Pd, fino a ieri diviso, e un applauso per sè e il candidato al Quirinale. Il Cav ed Angelino Alfano non cedono ma non rompono il Patto del Nazareno: sabato, il giorno decisivo dopo tre fumate nere, la prima oggi pomeriggio, voteranno scheda bianca. «Come deciso ieri con Silvio Berlusconi e approvato all'assemblea dei grandi elettori confermiamo che dalla quarta votazione Forza Italia voterà scheda bianca» ribadiscono i capigruppo Fi Paolo Romani e Renato Brunetta.



Nell'atmosfera delle grandi occasioni, i 1009 grandi elettori arrivano alle 15 per la prima votazione per il presidente della Repubblica. Senza sorprese, la prima chiama si chiude con 538 schede bianche e i piccoli partiti compatti sui candidati di bandiera: i grillini votano Ferdinando Imposimato, primo eletto delle «quirinarie» M5S seguito da Romano Prodi e Nino Di Matteo; Fdi-Lega scrivono Vittorio Feltri e Sel sceglie per le prime tre votazioni Luciana Castellina. Ma è Nichi Vendola, con una chiamata mattutina a Renzi, a spostare Sel dall'opposizione al sostegno nella partita del Quirinale.



È all'asse del Pd con Sel e con Scelta Civica che il presidente del consiglio guarda per portare sabato, nella prima votazione a maggioranza assoluta di 505 voti Mattarella al Quirinale. Un pacchetto di 554 voti che, salvo imboscate di franchi tiratori, dovrebbero essere certi.



Berlusconi, dopo aver riflettuto e sentito per telefono il giudice costituzionale, non ci sta. «Renzi non ha rispettato i patti», attacca il Cav che vede nell'indicazione di Mattarella «un'altolà al patto del Nazareno» che a questo punto è stracciato «a metà». Tra il premier e Berlusconi Alfano sceglie il ritorno a casa, pur confermando l'alleanza al governo: «Il problema non è il nome ma il metodo. Il Pd ha scelto il suo candidato e noi voteremo scheda bianca. Ma il patto di governo tiene».



Nel risiko del Quirinale, numeri e convenienze politiche alla mano, il segretario dem ha infatti scelto di tenere unito il suo partito e di «sanare la ferita del 2013» quando su Franco Marini e poi su Romano Prodi il Pd arrivò sull'orlo dell'implosione e il Parlamento non riuscì ad eleggere il Capo dello Stato. E va avanti come un treno sul nome di Mattarella.



«È uomo della legalità, della battaglia contro le mafie e della politica con la P maiuscola», è l'elogio del premier che chiede il voto dei 505 grandi elettori. E avverte: «Una volta scelto un nome non si fanno giochini. Né falò per bruciare i nomi».



«Mattarella è giudice costituzionale, noi stiamo cambiando la Costituzione. Mattarella è difensore della Costituzione che non significa imporne l'intangibilità ma essere capace di difenderla e valorizzare i processi di transizione nel pieno rispetto delle regole», dice ancora Renzi.



Una sfida che tutti i big dem, da Enrico Letta a Pier Luigi Bersani, e la minoranza accettano. «Sono molto soddisfatto, alla quarta ce la faremo e un po' anche a me devono lealtà stavolta i grandi elettori», sostiene l'ex segretario Pd, facendo un po' sua la candidatura di Mattarella.



Se Prodi si era sfilato subito dopo il sondaggio M5S, «non voglio essere uno strumento di divisione», dal Pd è un coro di applausi per la scelta di Letta. E la «benedizione» sul suo successore arriva dall'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. «È una persona di assoluta lealtà, correttezza, coerenza democratica e alta sensibilità costituzionale», dice ai giornalisti in Transatlantico il senatore a vita, accolto con un lungo applauso nel suo arrivo nell'emiciclo di Montecitorio.



Ora, con il fiato un po' sospeso, Renzi dovrà aspettare sabato per capire se Mattarella avrà i voti per essere eletto.
Ma i renziani sono ottimisti che la maggioranza potrà allargarsi. «Fi e Ap non hanno chiuso del tutto, mancano tre giorni che in politica sono un'era geologica», incrocia le dita il ministro Maria Elena Boschi.




La candidatura di Mattarella «è una forzatura unilaterale del presidente del Consiglio, ovvero del segretario Pd. Non so se passerà ma certamente noi non lo votiamo», ha detto il capogruppo di Forza Italia al Senato, Paolo Romani. «La decisione unilaterale di Renzi di candidare Mattarella senza il nostro assenso,senza la nostra condivisione, evidentemente è uno strappo difficilmente sanabile», ha aggiunto Renato Brunetta, capogruppo Fi alla Camera, a SkyTg24.