La tensione Italia-Francia: Renzi-Calenda, scintille su Macron

La tensione Italia-Francia: Renzi-Calenda, scintille su Macron
di Marco Conti
Lunedì 31 Luglio 2017, 08:22
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«Abbiamo sempre detto che dopo il referendum avremmo attraversato un periodo più debole. Ciò che sta facendo Macron era previsto e prevedibile: sta facendo l'interesse del suo Paese, io non ho nulla contro di lui». Nei giorni caldi dello scontro Roma-Parigi sull'affare Fincantieri-Stx, Matteo Renzi si era cucito la bocca cancellando anche una serie di iniziative pubbliche. Non così ieri quando, alla presentazione del suo libro Avanti alla Versiliana, si è guardato bene dall'usare nei confronti della Francia i toni adottati qualche giorno fa dai ministri Pier Carlo Padoan e Carlo Calenda. Certo, un conto è fare il segretario del Pd e un conto il ministro, ma le sfumature contano. Soprattutto quando due ministri del governo Gentiloni hanno definito «inaccettabile» il no francese alla vendita di Stx a Fincantieri perché dovuto ad un pregiudizio nei confronti dell'Italia che non c'era quando la proprietà di Stx era coreana.

LA VITTORIA
Una debolezza del Paese - dovuta per Renzi alla sconfitta referendaria e alla troppo lunga fase di transizione elettorale - che il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda, non intende ammettere quando da Capalbio e a pochi chilometri in linea d'aria dalla Versiliana, sostiene che «a me il giudizio su Macron non interessa e non lo voglio dare. Era preferibile a una vittoria della Le Pen, dopodiché non è il campione dell'apertura». Per il ministro, «questo non è un gioco d'asilo d'infanzia dove si mostrano i muscoli perché ci sono dietro i soldi degli italiani e i posti di lavoro. Non si fa il gioco a chi è più forte, si fa il gioco a chi è fermo. E la fermezza è - aggiunge Calenda - non volete gli italiani al 51%? Gli italiani non vengono per meno dei coreani. Dopodiché gestitela per conto vostro e noi andiamo per la nostra strada».
Differenze di vedute che si potrebbero far risalire a differenti valutazioni relative al prosieguo della legislatura dopo il referendum. Ma in realtà il motivo più importante alla base delle caute dichiarazioni di Renzi su Macron sta nel fatto che al segretario del Pd, al netto dello sgarbo rifilato all'Italia, il presidente francese piace. Soprattutto gli piacerebbe averlo come avversario, anche in Europa, e spera di poterne avere l'occasione. Magari dopo un successo elettorale del Pd simile a quello spuntato qualche settimane fa da Macron. A Renzi la competizione piace. Avverte che Macron non è uno che si tira indietro come Hollande ed è pronto, a differenza della rigida Merkel, a dare e ricevere colpi bassi. Come quello rifilato all'Italia con la nazionalizzazione di Stx. Non solo. Il segretario del pd ritiene che sia stato Macron a copiare i suoi metodi nella scalata al potere e non viceversa. «Da me una parola contro Macron non l'avrete mai», sostiene infatti Renzi, perché lui «fa una battaglia per il suo Paese». «Le regole europee lo consentono, consentiranno anche a noi di avere la possibilità di fare battaglie su altre partite». Al segretario del Pd prudono le mani, ma si trattiene. Nel definire «il Pd italiano l'unica vera speranza di vittoria del centrosinistra in Europa», mette Macron fuori dall'orbita socialista. A Gentiloni «nessun consiglio» perché «sa benissimo cosa deve fare anche con Macron». «Ora dobbiamo stare tutti al suo fianco». Più che una presa di distanza, si coglie ancora il rammarico per l'occasione persa dal Paese con il referendum che, secondo Renzi, avrebbe dato al Paese quella stabilità di cui gode il sistema politico francese, e più forza all'esecutivo. Resta il fatto che l'orgoglio del ministro è di tutto il governo e si unisce a questioni di merito legate non solo alla proprietà di Stx ma soprattutto alla governance della società. Su questo punto Renzi non si sofferma. Per domani è in agenda l'incontro con il ministro francese dell'Economia Bruno Le Marie che dovrebbe venire a Roma per incontrare i colleghi Calenda e Padoan. Il condizionale è però d'obbligo vista la fermezza con la quale il governo italiano tiene il punto «perché - sostiene Calenda - è una questione di dignità nazionale e noi sulla dignità nazionale non molliamo».