Polveriera Sud, allarme di Bassolino:
«Uno scenario da gilet gialli»

Polveriera Sud, allarme di Bassolino: «Uno scenario da gilet gialli»
di Generoso Picone
Lunedì 17 Dicembre 2018, 15:52
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L'altro giorno a Roma, mentre stava per raggiungere l'albergo dove si sarebbe svolto il convegno per i vent'anni della fondazione Italianieuropei, Antonio Bassolino ha incrociato un'immagine del futuro prossimo venturo. «C'era un corteo organizzato da varie forze e associazioni, da Potere al Popolo all'Usb, sulle questioni dell'emergenza sociale e molti indossavano i gilet gialli. Come quelli che stanno riempendo le piazze in Francia, una rivolta forte e drammatica che pone a tutti quanto noi l'urgenza di temi non soltanto transalpini». Racconta l'ex sindaco e presidente della giunta regionale della Campania, con Massimo D'Alema guida di Italianieuropei - al governo come ministro del Lavoro. Insomma, un protagonista della parabola del riformismo di sinistra in Italia che oggi pare scontare miopie, ritardi e immobilismi.

Bassolino, che cosa l'ha colpito in quel corteo: l'imitazione di una divisa da rivolta o le parole che venivano urlate?
«Mi ha fatto considerare profondamente quel che sta accadendo in Francia e che riguarda assolutamente anche noi. Lì è in atto una ribellione violenta e di impressionante ampiezza che certamente mette in evidenza gli errori di Emmanuel Macron ma è diretta contro le élite: in Italia che cos'altro è stato il voto del 4 marzo? Di più: evidenzia la sottovalutazione del rapporto conflittuale che in Francia si è delineato tra città e campagna, tra centro e periferia: era già successo negli Usa con l'elezione di Donald Trump e in Inghilterra con il referendum sulla Brexit, l'Italia ora sta correndo un rischio ancora maggiore».

Quale?
Quello dell'allargamento della divisione tra Nord e Sud che rivela una dimensione se possibile aggravata della classica questione meridionale».

In che senso?
«Nel senso che se ieri a cambiare era il paesaggio agrario ed economico del Mezzogiorno, come ci ha insegnato Manlio Rossi-Doria, oggi a mutare è il paesaggio umano. L'entità del fenomeno è dato dalle cifre rilevate dall'Istat: dal 1997 hanno abbandonato la Campania in 470mila, è come se fosse andata via mezza città di Napoli e dati analoghi vengono dall'intero Sud, un tempo la regione più giovane d'Europa e ora la più invecchiata».

Lei teme che presto il Meridione invada le piazze con i suoi gilet gialli?
«Sono preoccupato dall'incrudirsi di alcune tensioni sociali e dall'assenza di un adeguato sforzo di riflessione e di analisi da parte delle forze di centrosinistra e di sinistra. La giornata di confronto promossa da Italianieuropei ha costituito un serio tentativo di confrontarsi con l'Europa e con il mondo che abbiamo avanti. Noi siamo entrati in terre sconosciute dove siamo sempre più di fronte a fatti nuovi e dirompenti che abbiamo il dovere di capire per poi misurarci con le soluzioni».

L'elemento inedito di maggiore peso appare l'emergere di uno spirito sovranista in Europa.
«Certo ed è paradossale nell'epoca della globalizzazione in cui uomini e merci sono destinati a muoversi sempre di più. Invece c'è chi pensa a un'Europa chiusa in se stessa che sbarra le porte a chi viene dalle parti più povere. Io ho partecipato alla bellissima mostra napoletana sull'esperienza dei treni della speranza che dal 1946 al 1948, su iniziativa di grandi personalità come Gaetano Macchiaroli e Luciana Viviani portarono in Emilia Romagna tanti ragazzi che avevano bisogno di assistenza e sostegno. Emanuele Macaluso ha ricordato che addirittura negli anni '20 in Emilia con identico obiettivo arrivavano bambini dall'allora povera Austria. Questi gesti rappresentano un patrimonio di solidarietà che non si può disperdere. Al contrario della politica del respingimento che fa morire per disidratazione una piccola del Guatemala di 7 anni al confine tra Messico e Usa».

Dunque lei chiede all'Europa accoglienza piena?
«Non possiamo ridurci al dilemma tra accoglienza e respingimento. Ci sono vari livelli e bisogna agire con intelligenza, di sicuro non si può accogliere tutto e tutti. Guardi, io spesso giro a piedi per il Vasto a Napoli e mi accorgo che la concentrazione di immigrati e il loro stato provoca una reazione negativa da parte della popolazione. Perfino in una città abituata ad aprirsi da millenni come Napoli. Sono convinto che la politica dell'accoglienza vada condotta con serietà e responsabilità, aiutando l'inserimento degli immigrati per evitare l'effetto banlieue e l'esplosione della rabbia sociale».

 

Per farlo il governo, soprattutto il M5S, punta anche all'introduzione del reddito di cittadinanza. Lei sperimentò un'iniziativa analoga da sindaco di Napoli nel 2000 e presidente della giunta regionale della Campania nel 2004.
«Allora lo immaginai come uno strumento per arginare la dilagante povertà. Servivano, insieme, anche investimenti pubblici e privati sullo sviluppo e occupazione: non ebbe un seguito per mancanza di risorse e poca attenzione del governo nazionale. Oggi il tema si ripropone, ma l'operazione del reddito di cittadinanza di Luigi Di Maio ha limiti e contraddizioni, ancora tutta da chiarire. Occorre anche altro».

Che cosa, per esempio?
«Che centrosinistra e sinistra propongano idee nuove e progetti di riforma. Che anche facendo riferimento al Manifesto di Thomas Piketty diano il loro contributo a un'Europa dall'ampia ambizione sociale. Che si facciano trovare presenti quando i giovani disoccupati o gli immigrati pongono le loro domande pressanti. Insomma, che imparino a far politica sulle contraddizioni del governo M5S-Lega con la determinazione positiva a far meglio di loro».

È un programma per il nuovo centrosinistra?
«Il centrosinistra e la sinistra hanno il dovere di guardare verso il grande mare degli astenuti, verso il partito di chi non vota, per riequilibrare la democrazia delle minoranze. Un programma? Si è perso un anno dal 4 marzo, il Pd in primo luogo e le altre forze di sinistra poi avrebbero dovuto analizzare, riflettere e reagire celebrando i congressi. Oggi è indispensabile un recupero di consapevolezza, buona base per ricostruire una prospettiva per la sinistra e un nuovo centrosinistra».
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