Fassino, oggi atteso a Napoli:
«Errore dividersi, Bersani rifletta»

Fassino, oggi atteso a Napoli: «Errore dividersi, Bersani rifletta»
di Paolo Mainiero
Martedì 21 Novembre 2017, 08:30
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La missione è difficile, quasi impossibile. Ma Piero Fassino, nei panni di tessitore dell’alleanza, conta di farcela. Nei prossimi giorni vedrà Mdp e metterà sul tavolo tutte le ragioni per un accordo. L’orizzonte è un centrosinistra largo e unito. «Ragionare. Se ragioniamo ci si rende conto che le distanze sono più brevi di quanto si creda», dice Fassino, che oggi sarà a Napoli, all’Istituto per gli studi filosofici (oggi, 21 novembre, ore 17) per presentare il suo libro, «Pd Davvero», con il direttore de Il Mattino Alessandro Barbano e il filosofo Biagio de Giovanni.

Il lavoro da «tessitore» a che punto sta?
«Sino a ora abbiamo acquisito la disponibilità importante di Campo progressista, Verdi, Socialisti italiani, Democrazia solidale, Italia dei valori e sono in corso colloqui con i radicali. Emerge, chiara, la volontà per un’alleanza di centrosinistra. Si sta procedendo passo dopo passo».
Il passaggio successivo è anche il più difficile. L’accordo con Mdp appare lontano: da Speranza, Bersani e D’Alema arrivano segnali poco incoraggianti e a nulla sono sinora serviti gli appelli all’unità di Romano Prodi e Walter Veltroni. È davvero una missione impossibile la sua?
«La nostra gente, tutta, ci chiede unità, non divisione. E se scendiamo nel merito dei temi non vedo distanze incolmabili tra Mdp e le altre forze che concorrono a comporre la coalizione. Tutti abbiamo la consapevolezza che il Jobs act non esaurisce la questione del mercato del lavoro e che occorrono ulteriori misure per la stabilizzazione dei contratti a tempo determinato; sappiamo che sono necessari meccanismi per tutelare le fasce deboli; concordiamo sulla strategia di nuovi investimenti per consolidare la crescita; siamo d’accordo sul fatto che c’è bisogno di politiche ambientali sostenibili; c’è piena condivisione sul tema dei diritti, come ius soli e biotestamento. Ad alcuni di questi temi si può già dare una risposta nella prossima legge di stabilità - come l’avvio del superamento dei superticket sanitari - e se c’è la volontà parlamentare si possono approvare anche le leggi sulla cittadinanza e sul fine vita».
Ma se ciò che unisce è davvero più di ciò che divide, perchè è così difficile trovare un’intesa?
«Andrebbe chiesto a Mdp... Io vorrei ricordare che non stiamo chiedendo a nessuno di entrare nel Pd, ma di concorrere a una coalizione in cui tutti i partiti conservino la propria identità. Costruiamo insieme un programma su cui tutte le forze del centrosinistra possano riconoscersi, come avvenne nel 1996 con l’Ulivo e nel 2006 con l’Unione. Guardi, anche fare l’Ulivo e l’Unione non fu facile. Fu faticoso ma l’esito fu positivo. Bisogna discutere, confrontarsi, comporre, ricercare soluzioni condivise. Penso che si possa fare anche con Mdp».
Ma Bersani ha già risposto, ha dato appuntamento a dopo il voto.
«Si ma “prima” c’è il voto, che è il passaggio decisivo. Che facciamo, ci presentiamo in competizione e dopo le elezioni ci incontriamo per raccontarci che abbiamo perso?».
Lei sostiene che se si va sui temi l’intesa si può trovare. La sensazione è però un’altra, è che Mdp non intende riconoscere Renzi.
«La legge elettorale non chiede alle coalizioni di indicare prima del voto il candidato premier. Se il centrosinistra vincerà e sarà chiamato ad avanzare una proposta è chiaro che proporrà un nome condiviso. Comunque oggi la premiership non è un tema sul tavolo. Poi, se non si vuole discutere perchè si ha paura che discutendo sui temi si trovi un accordo, beh, allora non saprei che dire. Da parte mia, vado all’incontro con Mdp con la massima disponibilità d’animo».
Incontrerà Speranza? O anche D’Alema e Bersani?
«Incontrerò chi deciderà Mdp. Non mi scelgo io l’interlocutore».
Con Bersani ha avuto una lunga e antica militanza politica. Perchè ha questa posizione di netta chiusura?
«Non spetta a me di interpretare il pensiero di Pierluigi. Io so che è stato per cinque anni ministro nel governo dell’Ulivo e per due in quello dell’Unione. È stato un ministro ragionevole, moderato, di buon senso. Ha vissuto la complessità dell’azione di governo e alla luce della sua esperienza può comprendere per primo che anche negli ultimi cinque anni di governo si sono dovute affrontare le difficoltà e le fatiche dei governi precedenti. Penso insomma che ci possano essere tutte le ragioni per trovare un’intesa».
Il centrosinistra avrà anche una gamba moderata?
«È in corso una iniziativa di Casini per aggregare le forze moderate».
Però Pisapia ha più volte chiesto discontinuità rispetto ad Ap e ad Alfano.
«Le coalizioni si costruiscono non ponendo veti ma risolvendo i problemi e cercando soluzioni condivise. Bisogna ragionare senza pregiudizi, consapevoli che il rischio è il ritorno di Berlusconi spalleggiato dalla destra estrema di Salvini o la vittoria del M5s, che sa cavalcare il disagio ma ha dimostrato di non avere idee e capacità di proposta».
Nel sui libro, «Davvero» lei ripercorre dieci anni di Pd. Dal 2007 il mondo ha subito profonde trasformazione: il Pd ha ancora una sua attualità?
«Nel libro offro una riflessione soprattutto sulle sfide che abbiamo davanti e su quali risposte dobbiamo dare a temi come la globalizzazione, l’integrazione europea, il lavoro, l’immigrazione, la sicurezza. Dieci anni dopo le ragioni di allora sono più attuali che mai. Il Pd nacque perchè occorreva una forza che affrontasse le trasformazioni del nuovo secolo con un pensiero nuovo e non con la cassetta degli attrezzi del Novecento. Nacque per guidare una rinascita dell’Italia ed oggi è l’unico grande partito riformista che può contrastare la duplice insidia di M5s e destra. Nacque per contribuire al rinnovamento della sinistra in Europa e se guardo agli affanni della sinistra in Germania, Austria, Francia, Spagna, Olanda è evidente che il tema di come rinnovare radicalmente il riformismo non è un tema solo italiano».
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