Pd, Orlando incalza Renzi: subito la coalizione

Pd, Orlando incalza Renzi: subito la coalizione
di Marco Conti
Venerdì 10 Novembre 2017, 09:08
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Roma. «Mi sembra che la legge elettorale in vigore non sia stata ancora capita. Ci vorrà ancora qualche tempo e poi se ne comprenderanno i meccanismi che invece Silvio Berlusconi mostra di interpretare bene». La Camera è deserta quando in Transatlantico si materializza Arturo Parisi. L'ex ministro super prodiano, il «signor Ulivo», descrive con distacco misto a lutto, le contorsioni dei partiti che una volta componevano il centrosinistra.
«Non c'è più il candidato premier e non ci sono più nemmeno le coalizioni. Purtroppo - aggiunge - si usa un linguaggio e definizioni che appartengono al passato. Ciò che questa legge permette, e che i partiti dell'area di centrosinistra dovrebbero fare, è un apparentamento per non farsi male nei collegi. Punto». «Apparentamenti» e non coalizioni, sostiene Parisi, perché «il sistema è proporzionale e Grasso al massimo può fare il capolista perché i leader sono altri». Per Parisi la legge Rosato riporta le lancette dell'orologio molto indietro e la rievocazione del 93, quando Segni «capì la legge elettorale dopo il voto», sorge spontanea. Certo per Parisi ci sarà il problema della foto finale che dovrebbe sancire l'apparentamento, ma anche «la foto di Vasto» del 2011 - che ritraeva Bersani con Vendola e Di Pietro - ebbe più o meno la stessa funzione. Un'analisi e non un auspicio, quella del Professore sardo, che dà per certo ciò che è ormai scontato. Ovvero che nessuno dei padri nobili, e sicuramente non Romano Prodi, daranno «benedizioni» a questa o quella forza politica, pur auspicando che a sinistra si faccia quell'apparentamento che «rende le istituzioni più forti» perché «è un bene che il centrodestra si sia apparentato». L'analisi di Parisi - molto vicina a quella di Dario Franceschini anche se il Professore rifiuta l'accostamento - si scontra però con la volontà di Mdp di tirare diritto grazie anche alla discesa in campo di Grasso che da qualche giorno parla da leader politico e ieri ha sostenuto che «il Pd era quello del bene comune. Quello di Bersani insieme a Sel». «Non so se sono uscito io dal Pd oppure è il Pd che non c'è più...», ha poi aggiunto.
 
La stagione dell'incomunicabilità prosegue e malgrado il gran lavoro dei numerosi pontieri, le posizioni invece di ammorbidirsi si radicalizzano. «Grasso da solo porta il 5 per cento», sostiene Piero Martino, ex Pd e ora portavoce di Mdp. Gli scissionisti considerano Grasso leader della coalizione e domenica anche Pisapia lo incoronerà leader. In vista della direzione di lunedì, le minoranza interne del Pd che fanno capo a Orlando, Emiliano e Cuperlo, continuano a premere sul segretario affinché scongiuri «la tragica irrilevanza» di un Pd che, secondo loro, senza l'intesa con la sinistra radicale di Speranza, D'Alema e Fratoianni, rischia di arrivare terzo. Mentre Franceschini smentisce l'idea di «fronde» facendo un pezzo di strada con il treno di Renzi, Orlando ha messo a punto un documento che porterà in direzione con alcuni punti sulla legge di Bilancio che dovrebbero permettere la riapertura di un dialogo con Mdp. «Renzi ha vinto le primarie, è il segretario, che faccia il segretario. C'è una legge che dice che vanno fatte le coalizioni, sono mesi che diciamo coalizioni ma non vedo passi concludenti in questo senso», incalza il ministro della Giustizia.

Di «scissioni non vuole sentir parlare nessuno, ma chissà che per metabolizzare la legge elettorale, come sostiene Parisi, non ci sia bisogno di qualche settimana in più di legislatura. Orlando, con Cuperlo e Emiliano, si rivolge anche ai padri nobili Prodi e Veltroni. Renzi, dal canto suo, ostenta tranquillità, fa sapere che darà la sua road map lunedì, e rinsalda l'asse con Dario Franceschini. Col treno Pd il segretario Dem fa tappa in giornata a Treviso, Porto Marghera, Padova, Rovigo e Ferrara. Rilancia la battaglia sulle banche, incontrando i risparmiatori delle venete e di CariFerrara. Affronta i contestatori e incassa il sostegno dei supporter. Evita ogni discorso sulle coalizioni. Ma, assicurano i suoi, è anche lui «al lavoro», come tutti i dirigenti Pd, per tessere la tela delle alleanze. Più di quel che ha concesso - correre da alleati ciascuno con il suo leader o fare le primarie di coalizione - non può. Ma Mdp viene reputata irrecuperabile. Con tutti gli altri, dalla Bonino a Pisapia, fervono i contatti: quando verranno definiti i collegi, si inizierà - spiegano i renziani - a entrare nel dettaglio. Nel frattempo rafforza, dopo le incomprensioni degli ultimi mesi, l'asse con Dario Franceschini, che lo accompagna a Ferrara e poi a cena a Ravenna con Riccardo Muti. Anche se chi è vicino al ministro mostra disappunto per uscite come quella di Matteo Orfini («alleanze non a tutti i costi»).