Migranti, Conte e Moavero chiamano i 27: «La redistribuzione sia prassi»

Migranti, Conte e Moavero chiamano i 27: «La redistribuzione sia prassi»
di Alberto Gentili
Domenica 15 Luglio 2018, 09:07 - Ultimo agg. 11:26
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«Complimenti al presidente Conte. Ha ottenuto un traguardo storico per coerenza, concretezza e velocità». Matteo Salvini a sera, quando il governo italiano dopo aver sbarrato i porti allo sbarco di 450 migranti ottiene le prime «redistribuzione volontarie», elogia il premier. E, sotto il profilo politico, questa è una novità: Giuseppe Conte, dopo i bisticci tra ministri degli ultimi giorni, ha preso in mano il dossier. L'ha gestito personalmente, riuscendo a mettere la sordina ai proclami del leader della Lega. Per la gioia di Luigi Di Maio e di tutti i 5Stelle.
La giornata segna però soprattutto un successo della diplomazia italiana. La ruvida lettera inviata da Conte al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, al capo della Commissione Jaean-Claude Juncker e ai capi di Stato e di governo dei Ventisette ha ottenuto i primi risultati. In serata sono cominciate ad arrivare adesioni di alcuni Paesi europei volenterosi all'appello italiano. Tra cui, a sorpresa (visti i rapporti), la Francia. Ma non la Germania: la Merkel è irritata per il rifiuto del nostro esecutivo a riprendersi i migranti andati a Nord. Ma tra oggi e domani Conte spera di riuscire a convincere la Cancelliera che ieri si è negata al telefono.
Il premier comunque festeggia: «Finalmente l'Italia inizia a essere ascoltata». Annuncia di voler organizzare in ottobre «una conferenza internazionale per una gestione organizzata e condivisa dei flussi migratori». E chiede di «modificare subito il piano operativo della missione Sophia, perché il porto di sbarco non può essere solo e sempre in Italia».

A palazzo Chigi c'è «enorme soddisfazione». Non solo per l'inizio di «una redistribuzione volontaria che deve diventare prassi e non soltanto un episodio». Ciò che rende felice Conte e rasserena il Quirinale, è che questa volta il governo di fronte alla nuova emergenza si è mosso «compatto e in modo corale». Senza il solo Salvini a fare la voce grossa. Senza contrapposizioni tra ministri, e poteri dello Stato come era avvenuto per la nave Diciotti al porto di Trapani, tanto da spingere Sergio Mattarella a intervenire.
In più palazzo Chigi ha intrapreso un percorso ineccepibile sotto il profilo formale. Conte, coadiuvato dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e d'intesa con Salvini, ha affrontato i partner «con fermezza» a colpi di lettere e di telefonate. Ha parlato o messaggiato con tutti i capi di governo dei 27 e ha chiesto, a voce e per iscritto, «un inequivocabile segnale di condivisione e di responsabilità» nel ripartirsi i 450 migranti a bordo della Protector e della Monte Sperone. E anche Moavero ha lavorato ai fianchi i suoi colleghi europei. Un passo formale che non ha precedenti nella storia delle dinamiche successive a un Consiglio Ue. «Il vertice del 28 e 29 giugno», spiegavano a palazzo Chigi prima che arrivassero le prime adesioni all'appello italiano, «si è chiuso con l'impegno a non lasciare sola l'Italia, parlando di condivisione e azioni congiunte. Ebbene, è arrivato il momento di dare seguito a questi impegni su base volontaria. Fino ad allora i porti italiani resteranno chiusi».

IL MODELLO LIFELINE
Il modello cui si sono richiamati Conte, Moavero e Salvini, è quello della Lifeline: la nave olandese dirottata il 28 giugno nel porto de La Valletta, solo e soltanto dopo che 8 Paesi (tra cui l'Italia) si erano impegnati a «redistribuirsi» i migranti. «E questa volta», spiegavano alla Farnesina, «il modello di redistribuzione volontaria ha la copertura giuridica delle conclusioni del Consiglio europeo».
L'alternativa non sarebbe stata comunque rispedire i 450 migranti in Libia, come aveva fatto balenare Salvini: se tra essi ci fosse stato anche solo un rifugiato, l'Italia sarebbe andata incontro a pesanti condanne per violazione del diritto di asilo. L'unica soluzione, se non fossero spuntati i volenterosi, sarebbe stata svolgere i riconoscimenti e l'esame delle richieste di asilo a bordo delle due navi. Ma per queste pratiche ci vuole tempo. Troppo tempo. Anche questa seconda ipotesi era più o meno un bluff.
«Per fortuna sono arrivate le prime adesioni», sospira in serata una fonte diplomatica. E adesso è la Spagna a essere corteggiata: «Se arrivasse anche il sì di Madrid avremmo fatto bingo, tutti i Paesi mediterranei dell'Unione avrebbero offerto il loro contributo». Si vedrà. Se i volenterosi si fermassero a due sarebbe una mezza vittoria.
 

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