Assoluzione di Mastella: il contrario della giustizia

di Alessandro Barbano
Mercoledì 13 Settembre 2017, 08:28 - Ultimo agg. 08:29
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Ma l'assoluzione con formula piena di Mastella non mette la parola fine a una normale vicenda giudiziaria, bensì a un «monstrum» giuridico. È fuori luogo però l'aggettivo kafkiano: qui non c'è nulla di incomprensibile, labirintico, assurdo o angosciante. Qui tutto è fin troppo chiaro. Mastella è stato messo sotto accusa per aver caldeggiato una nomina a commissario di una Asl. L'allora governatore della Campania, Bassolino, nei panni della presunta vittima, chiamato a testimoniare dalla difesa (perché l'accusa, che pure avrebbe il dovere di cercare tanto le prove a carico, quanto quelle a discolpa, non ha mai ritenuto di ascoltarlo) ha affermato che si è trattato di un fatto politico, essendo la nomina sua responsabilità ed avendo egli esercitato il suo potere in via del tutto autonoma. Ciononostante il processo è durato dieci anni e l'assoluzione è arrivata solo ora.

La volontà di portare la dialettica politica sotto l'imperio della legge penale, in nome di una campagna di moralizzazione di cui certa magistratura si è fatta negli anni paladina, ha trasformato un confronto interno alla compagine di maggioranza, che allora guidava la Regione, in una storiaccia nera, fatta di ricatti, di pressioni indebite, di sordida concussione. Tutto senza fondamento alcuno, apprendiamo ora dal giudice che ha emesso la sentenza.

Quella iniziativa giudiziaria però produsse i seguenti effetti: le dimissioni del Ministro della Giustizia, la caduta del governo Prodi, l'eclisse di Mastella dalla scena politica nazionale, la messa sotto accusa della moglie di Mastella (anche lei assolta insieme ai due assessori regionali allora coinvolti), la criminalizzazione dell'Udeur, il partito guidato da Clemente Mastella. Dopo dieci anni, non c'è modo di fare come se tutto questo non fosse mai accaduto. È accaduto, e i magistrati, che hanno sostenuto l'accusa con ostinazione degna di miglior causa, ne portano intera la responsabilità morale.

È facile raccontarla oggi come una storia d'altri tempi: Bassolino fa ormai il nonno a tempo pieno; Mastella, che ha la pellaccia dura del democristiano della prima Repubblica, è tuttora sindaco di Benevento, ma ha abbandonato il palcoscenico nazionale. Sul suo intero partito, ormai sciolto, pende ancora un'altra imputazione di associazione per delinquere, formulata dalla stessa procura che oggi viene sonoramente smentita.
Dieci anni, in politica, sono tanti. Ma non ce la sentiremmo però di dire che sono abbastanza per giurare che in futuro di simili, abnormi vicende non si dovrà più parlare. Non è così, perché il tessuto normativo e quello dell'organizzazione giudiziaria non sono così cambiati in questi anni. La politica soffre lo stesso discredito di allora, ma soprattutto l'avviso di garanzia funziona allo stesso modo, lo squilibrio fra accusa e difesa pesa ancora sul processo, di separazione delle carriere non si parla, l'assetto dell'ufficio del pubblico ministero è rimasto sostanzialmente uguale, e i tempi della giustizia restano intollerabilmente lunghi. In queste condizioni, chi può dire che non si verificherà più che un ministro o un governo vengano travolti da un avviso di garanzia per scoprire solo dieci anni più tardi che quelle accuse erano senza fondamento? Ci sarebbe di che riflettere. Ci sarebbe...
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