M5S, Di Maio chiama gli esclusi: «C'è posto agli uninominali»

M5S, Di Maio chiama gli esclusi: «C'è posto agli uninominali»
Lunedì 22 Gennaio 2018, 15:51 - Ultimo agg. 16:09
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Qualcuno cita il caso di Mirko Busto, terzo posto in lista nel collegio Piemonte 2-02, il suo seggio in Parlamento è altamente a rischio. «La madre ha la residenza appena 10 chilometri più in là, e ricade in un altro collegio - spiega un deputato M5S - bastava spostarlo e ora avrebbe un posto certo in lista». Anche perché, spiegano fonti interne al Movimento, le liste uscite dalle parlamentarie nascondono molti «cavalli di Troia», complice il principio dell'alternanza di genere. «Ognuno conosce la propria realtà territoriale - dice un deputato, anche lui a rischio seggio - e nelle liste sono entrati diversi piantagrane». «L'obiettivo di non imbarcare di tutto non è stato centrato - prosegue - Qui c'è il pericolo concreto di replicare l'inizio della scorsa legislatura, quando ogni settimana, o quasi, c'erano nomi di nuovi fuoriusciti. Abbiamo perso per strada circa il 30% degli eletti, corriamo lo stesso rischio se non maggiore».

La serie di chiamate, partite a stretto giro dalla pubblicazione delle liste dei candidati del M5S nei collegi plurinominali. A chiamare ieri sera gli esclusi, ovvero i parlamentari che sono rimasti fuori o che figurano nell'elenco ma in una posizione che rende la riconferma una mission impossible, Luigi Di Maio, il candidato premier nonché capo politico del Movimento. Telefonate rassicuratrici, spiegano alcune fonti all'Adnkronos, in cui Di Maio si è impegnato a dare una mano per venirne fuori, con l'obiettivo di riconfermare il vecchio gruppo parlamentare che ora rischia di essere limato.

Ad alcuni Di Maio ha espresso la volontà di farli correre nei collegi uninominali, dando una possibilità a chi è rimasto scottato dalle parlamentarie grilline. Tra questi Paolo Bernini, l'uomo dei 'microchip' ma anche il volto più animalista dei 5 Stelle, il pugliese Emanuele Scagliusi, che ora si prepara alla corsa per l'uninominale, l'abruzzese Daniele Del Grosso, che potrebbe essere candidato nel collegio di Chieti o in quello di Pescara. E tanti, tanti altri ancora. «No comment - risponde Del Grosso all'Adnkronos, interpellato sulla telefonata di Di Maio - Qualsiasi decisione verrà presa mi troverà d'accordo. Anche se dovessi restare fuori, per me quel che conta è che vinca il M5S e abbia i numeri per governare». Deluso dai risultati? «No, al contrario - assicura - sono molto soddisfatto. Ho avuto lo stesso risultato del 2013, terzo alle parlamentarie, ma stavolta pago lo scotto dell'alternanza di genere» introdotta dal Rosatellum 

In tanti, come Del Grosso, rischiano di non essere riconfermati per l'alternanza di genere, principio che ha aperto le liste alle donne, scalzando in alcune realtà militanti della prima ora.
E se il deputato abruzzese si mostra comprensivo, in tanti, nel Movimento, masticano amaro e puntano il dito sulla gestione delle parlamentarie. Perché la sfida degli uninominali è una sfida durissima, e non è detto che la 'toppà riesca a coprire il buco. «Nelle città metropolitane - spiega un parlamentare che non è tra quelli a rischio, ma storce il naso per i colleghi esclusi - è stata introdotta una 'mini derogà che ha consentito di introdurre un concetto più elastico di residenza, dando la possibilità di opzionare il collegio in cui candidarsi. Motivo per cui, ad esempio, Sergio Battelli e Simone Valente, in Liguria, figurano tutti e due capilista, pur essendo entrambi di Genova. Bastava applicare lo stesso principio alle realtà regionali». «È assurdo per un ligure candidarsi in Piemonte, stando alle nostre regole, ma se sono di Torino e mi candido a Cuneo non fa grande differenza. E ci sono regioni in cui dei collegi erano praticamente 'liberì, avremmo potuto salvare molti dei nostri spostandoli di pochi chilometri. Del resto nel 2013 la candidatura era su base regionale...», ragiona un senatore.
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