M5S, a Palermo il caso firme riaccende la guerra interna

M5S, a Palermo il caso firme riaccende la guerra interna
di Stefania Piras
Venerdì 14 Aprile 2017, 13:31 - Ultimo agg. 14:16
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Le firme false, Beppe Grillo, le aveva definite, non senza una punta di dolore, «il dramma dell'ignoranza». Non poteva sapere che ne sarebbe conseguito anche un ben più poderoso dramma politico: attivisti del gruppo politico di Palermo un tempo amici e molto uniti ora sono divisi in due fazioni opposte,  a grandi linee si possono isolare i deputati regionali e i nazionali, e si fanno una guerra che il caso firme ha solo riacceso. Perché a Palermo è il tutti contro tutti: parlamentari (Riccardo Nuti, Giulia Di Vita, Cluadia Mannino, Loredana Lupo e Chiara Di Bendetto) che non sostengono, e anzi hanno denunciato senza successo, il candidato sindaco M5S Ugo Forello, e deputati regionali (Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio) che quando hanno saputo della riapertura dell'inchiesta sulle firme si sono presentati spontaneamente di fronte ai magistrari inguaiando i parlamentari ed ex amici.

La storia risale al 2012 ed è quella sollevata dalla trasmissione Le Iene: sottoscrizioni elettorali a sostegno dell'allora candidato sindaco M5S Riccardo Nuti ricopiate per ovviare a un banale errore relativo a una data di nascita. I pm hanno chiesto il rinvio a giudizio per 14 persone tra cui tre parlamentari nazionali: Riccardo Nuti, Giulia Di Vita e Cluadia Mannino, attualmente sospesi dal M5S. Proprio i tre deputati siciliani hanno indetto una conferenza stampa a Roma per spiegare il senso politico di questa storia che a loro avviso è « il tentativo di levarci politicamente di mezzo per avere campo libero, attraverso una montatura ben organizzata». « Le tesi accusatorie - scrivono Nuti, Di Vita e Mannino -  si fondano sulle testimonianze di Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio, le quali, avendone già dimostrato l'inattendibilità per marcate incongruenze, dovranno reggere nel processo. Abbiamo fiducia nella giustizia e siamo certi di poter provare la nostra innocenza e i nostri tentativi di contrastare assalti mirati al gruppo politico palermitano». 

Riaponde a distanza la deputata regionale: «Ma quale montatura ben organizzata? Da Riccardo Nuti c'è solo una avvilente mistificazione della realtà. Continuando ad attaccare il candidato sindaco di Palermo del M5S Ugo Forello non si fa che lederne l 'immagine». Ma perché Nuti non sostiene Forello?  In una intervista al Corriere lo ha accusato di conflitto di interessi. E infatti quando lo staff milanese del M5S, in autunno chiese un parere a Nuti and co. sull'opportunità do candidare Forello, lui disse che era meglio di no poiché lo avevano precedentemente attaccato in Antimafia, nel giugno 2014, per un conflitto di interessi: «Da avvocato difendeva i commercianti con Addiopizzo, ma con la stessa organizzazione chiedevano i risarcimenti e stavano nella commissione ministeriale che assegnava i risarcimenti». Attacchi pretestuosi per Claudia La Rocca che a differenza dei deputati nazionali si è autosospesa dal M5S. 

«Se il loro atteggiamento fosse stato diverso forse questa storia surreale non sarebbe mai arrivata a questo punto - ha detto La Rocca - Sicuramente dal punto di vista umano e politico stiamo pagando esageratamente un fatto dettato da ignoranza e che non ha avuto effetti o leso nessuno, da mesi viviamo tutti in mezzo ad una bufera, ma credere nella giustizia rimane l'unica strada percorribile».  

La guerra interna al M5S siciliano sta assumendo toni sempre più accesi. Basta dare uno sguardo all'ultima inedita richiesta avanzata dal trio Nuti, Di Vita e Mannino che ora chiedono l'espulsione di La Rocca e Ciaccio infilandosi nella cruna dell'ago delle parole di Di Maio. «Ha ragione Luigi Di Maio, le espulsioni dal Movimento 5stelle conseguono alla condanna in primo grado - scrivono -  Tuttavia, i deputati regionali della Sicilia
Claudia La Rocca e Giorgio Ciaccio dovrebbero essere espulsi dal Movimento, in quanto hanno confessato d'aver partecipato alla vicenda delle firme per le ultime comunali di Palermo. Che abbiano assunto il ruolo di accusatori non elimina le responsabilità penali che i due hanno ammesso, apparendo all'opinione pubblica come paladini e dunque estranei». 

 
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