Rosatellum, chi e perché teme la nuova legge elettorale

Ettore Rosato
Ettore Rosato
di Marco Conti
Giovedì 18 Maggio 2017, 15:05
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Mentre alla Camera non dovrebbero sorgere problemi, i numeri per approvare il "Rosatellum" al Senato sono a rischio. Pallottoliere alla mano, Pd, Lega, Ala, Svp e figiani, dovrebbero arrivare poco sotto 150. Mancherebbero una quindicina di voti, ma gli spazi per recuperare potrebbero esserci.

A palazzo Madama in questa legislatura la frammentazione dei gruppi ha toccato punte da record. Ben  387 gli spostamenti di senatori nel corso della legislatura non ancora conclusa. Un record, visto che in tutto i senatori sono 315, e al quale hanno contribuito tutti i partiti più importanti, dal Pd al M5S passando per Forza Italia. Da questi partiti sono usciti, entrati e poi usciti ancora, in meno di quattro anni, decine di senatori che si sono "messi in proprio" aderendo o al Misto o dando vita a gruppi dai nomi più vari e a volte suggestivi. 

Senza sbarramento alto - in Germania è al 5% - nella  prossima legislatura il fenomeno sarà destinato ad aumentare.

È proprio lo sbarramento al 5% previsto dal Rosatellum a non piacere ai partiti più piccoli. Contrari sono i centristi di Angelino Alfano come gli scissionisti del Pd che hanno dato vita ad 'Articolo1 Mdp' è contrario è anche quel che resta di Scelta Civica e Sinistra Italiana. Obiettivo di questi gruppi non è solo lo sbarramento non superiore al 3%, ma anche il ripristino dello scorporo, meccanismo che anche nelle ultime legislatura ha permesso ai piccoli di mettere assieme qualche altro seggio. Motivi tecnici e soprattutto politici, spiegano il 'no' degli ex Pd che potrebbero spaccarsi tra coloro che accetterebbero una candidatura in coalizione con Renzi e Pisapia e coloro che sono pronti a giocarsi la sfida dello sbarramento. 

La contrarietà al sistema del M5S è invece di due nature. Un problema per i grillini si può definire più di metodo che di merito. Ovvero arrivare sino in fondo alla fine delle legislatura senza che il Parlamento sia riuscito a votare una riforma elettorale, permetterebbe loro di poter sostenere in campagna elettorale che la nascita dell'esecutivo Gentiloni è servita solo a tenere in vita la legislatura e far ottenere il diritto alla pensione agli uscenti. Altro motivo di contrarietà più di sostanza è legato alla parte maggioritaria della legge che rischia di obbligare i Cinquestelle a lavorare sui profili dei candidati che nei collegi si scontrerebbero con quelli degli altri partiti. Non solo, se anche i candidati del proporzionale dovessero finire sulla lista, anche il restante 50% degli eletti sarebbe individuato con nome e cognome. Senza contare che il M5S anche nei collegi non stringe alleanze più o meno tattiche con nessuno come invece potrebbero fare Pd, Lega e la stessa Forza Italia.

Anche Forza Italia si dice contraria al Rosatellum e, malgrado per anni abbia proposto sistemi maggioritari se non presidenziali, preferisce ora un sistema proporzionale magari con premio alla coalizione. Il 'no' di FI non è monolitico. Agli azzurri del Nord il sistema non dispiace perché, nei collegi un accordo con la Lega permetterebbe a molti degli uscenti una rielezione sicura. Gli eletti del centro sud invece puntano i piedi perché dovrebbero tirare da soli il proprio collegio magari contrapponendosi al candidato padano e lepenista di Salvini. Percorso non facile quindi, anche se non c'è sondaggio che non evidenzi la preferenza dell'elettorato per un sistema il più maggioritario possibile.


 
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