Il gioco delle parti
non fa l'intesa

di Mauro Calise
Giovedì 27 Aprile 2017, 08:12 - Ultimo agg. 08:13
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Più che una iniziativa politica, il messaggio di Mattarella rientra nel novero degli atti dovuti. I gesti, cioè, che il capo dello Stato è tenuto a compiere a tutela della salvaguardia istituzionale del Paese. E, in quanto tale, un atto più che opportuno, che tutti ci dobbiamo augurare possa sortire qualche effetto. Purtroppo come già le reazioni dei partiti hanno fin troppo esplicitamente fatto capire non c'è da farsi troppe illusioni. L'unica conseguenza concreta è che il dibattito su una nuova legge verrà posto presto in agenda dei lavori parlamentari, un compito che rientra nelle facoltà dei presidenti di Camera e Senato, convocati a questo scopo al Colle. Ma che dalla discussione in aula possa scaturire un accordo, è tutt'altra questione. 

È appena il caso di ricordare i precedenti, molto eloquenti. Il Mattarellum la legge maggioritaria che inaugurò la Seconda Repubblica e che porta il nome del Presidente che ne fu abilissimo tessitore - fu approvato quasi a furor di popolo, grazie a un referendum che aveva dato preciso mandato in materia. E anche in questo caso, sopravvisse una quota di proporzionale che secondo molti esperti ritardò e comunque complicò molto la nascita dell'auspicato bipartitismo. 

Il secondo cambiamento, il famigerato Porcellum, fu introdotto con un blitz da Berlusconi prima di essere defenestrato. Complice il centrosinistra, dove l'oligarchia della ditta fu contentissima di poter puntellare il partito già scricchiolante con la nomina dall'alto degli eletti. Il risultato fu che una legge disastrosa passò con un'opposizione molto blanda, e restò in sella seminando disastri per tre tornate consecutive.

Fu solo quando Renzi andò al governo che bersaniani e berlusconiani si risvegliarono antimaggioritari. All'apice del suo potere, l'ex-premier riuscì a farsi votare l'Italicum. Ma appena il suo stellone cominciò a declinare, i suoi nemici soprattutto interni spararono ad alzo zero sulla legge. Ben sapendo che non ci sarebbe stato più spazio per nuovi accordi. E che, una volta affossato l'Italicum, saremmo tornati alla antica pacchia proporzionale, dove ogni partitino ha diritto a una manciata di seggi. Vedi la scissione che subito gli orfani della ditta hanno orchestrato. 

Ora si levano a destra e a manca le grida di sdegno contro i partiti che non si mettono d'accordo. E, a loro volta, i partiti se la prendono l'uno con l'altro. Lacrime o urla di coccodrillo. La realtà è che nessuno ha la ricetta e tanto meno la forza per evitare quella instabilità che tutti giustamente paventano. E che appare il destino inesorabile dell'Italia dopo le prossime elezioni. Quale artificio dovrebbero inventarsi? L'unica proposta che gira è il premio di coalizione. Due o più partiti che si mettono insieme per arrivare al quaranta per cento che farebbe scattare l'agognata maggioranza parlamentare. Ma non l'abbiamo già sperimentato in passato? E con quale sconcertate risultato! Il Mattarellum, infatti, obbligava a mettersi insieme peraltro a livello di collegio, che era una cosa già molto più seria. E cosa è successo dopo? Primo round, ribaltone di Bossi. Secondo round tradimento di Bertinotti, e successivo ribaltino di Cossiga. Terzo round ribaltino di Mastella. Quarto round quando Berlusconi sembrava proprio che avesse stravinto abiura di Gianfranco Fini, con il ribaltonissimo di Monti. E stiamo parlando di un'epoca in cui Forza Italia era un partito personale coi controfiocchi. E l'Ulivo-Unione poteva contare sull'egemonia prodiana su tutto il centrosinistra.

Con simili precedenti c'è davvero qualcuno disposto a credere in buona fede - che oggi un premio di coalizione ci darebbe un assetto governativo stabile? Certo, nell'immediato, un accrocchio di questo tipo potrebbe garantire sopravvivenza e seggi in parlamento alle piccole formazioni centriste e a quelle ancora più piccole della galassia della sinistra. E darebbe loro quel potere di ricatto sui partiti maggiori che è la vera spina nel fianco di qualsiasi ipotesi di governabilità. No. Sarebbe molto più serio dire che non ci sono soluzioni. E ammettere che la deriva in cui siamo è l'esito dell'assalto concentrico all'Italicum, una brutta legge elettorale che aveva, comunque, il merito di dare anche all'Italia la certezza di un governo all'indomani del voto. Magari, prendendone atto, si potrebbe provare a riscrivere una legge che fosse innanzitutto, e soprattutto, maggioritaria. Che è proprio quello che oggi nessuno a parte Renzi e, forse, Berlusconi vuole. Per cui si terranno ben stretto il proporzionale attuale. Senza, ovviamente, rinunciare all'ennesimo, stucchevole gioco delle parti. Parti in commedia. Che rischia di diventare una tragedia. 
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