Risiko nomine, la carta della continuità per Palazzo Chigi e Tesoro

Risiko nomine, la carta della continuità per Palazzo Chigi e Tesoro
di Mario Ajello
Domenica 10 Giugno 2018, 08:30 - Ultimo agg. 10:57
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«Non entreremo con il lanciafiamme». Nei ministeri. E in questi palazzi parrebbe che non entreranno neppure, i nuovi potenti giallo-verdi, come il gruppo di pseudo-rivoluzionari raccolto dal Professore (non Conte ma un barbuto madrileno) nella serie cult spagnola «La casa di carta». La parola d'ordine del «governo del cambiamento» pare insomma quella della continuità o della terzietà - affidare incarichi apicali a gente come Giuseppe Busia, prossimo segretario generale a Palazzo Chigi e ex rutelliano ben conosciuto dal super-dimaiano Spadafora che viene a sua volta da quell'ambito - e basta dare un'occhiata a ciò che si muove, o non si muove, al ministero dell'Economia per avere il quadro della situazione. Che al momento è comunque molto provvisoria perché solo domani sera Conte, Di Maio e Salvini faranno un giro d'opinioni sulle varie nomine nei ministeri, sia quelle politiche sia quelle tecniche. E martedì, a risultati elettorali amministrativi acquisiti e alla luce dei nuovi equilibri che ne scatureranno (Salvini potrebbe chiedere più dei 15 sottosegretari e 3 viceministri pattuiti a urne chiuse), il premier e i due leader si vedranno per cominciare a decidere. Conte dopodomani vede anche i ministri economici. La continuità, nel caso del Mef, significa questo. Muovere meno pedine possibili intorno al ministro Tria.
 
È verosimile che resti il direttore generale delle Finanze, Fabrizia Lapecorella, che sta lì dai tempi di Tremonti. È vacante, e va riempita, la cartella di direttore generale del Tesoro, mentre dovrebbe restare Roberto Garofoli, apprezzato capo di gabinetto di Padoan, potrebbero entrare in posizioni apicali Carlo Deodato e Michele Geraci (che ha lavorato sul contratto di governo) ed è stato prorogato per un anno il ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco. Continuità significa il ritorno, allo Sviluppo economico e Lavoro, di Vito Cozzoli, già capo di gabinetto della ministra Federica Guidi.

Agli Esteri ancora tutto fermo. E lì si racconta: «Moavero è un un tipo lento, ma che alla fine sceglie bene». Potrebbe trovarsi come vice-ministro il filo-puntiniano grillino Manlio Di Stefano. Il pacchetto del Viminale è deciso: Salvini si porta come sottosegretari due uomini fidatissimi, Candiani e Molteni. E la terza poltrona per i grillini: o Fabiana Dadone o Vito Crimi. Di Maio muoverà poco nella struttura del suo super-ministero. Ma come partner politico avrà il leghista Edoardo Rixi, vice-presidente della Regione Liguria. Alla Giustizia stesso discorso: muovere il meno possibile, ma il ministro Bonafede potrebbe portare un sottosegretario tecnico come il giudice Marcello Maddalena e potrebbe arrivare Alessandro Pepe, vicino al pm del pool di Mani Pulite, Piercamillo Davigo. Si fa il nome di Pier Luigi Torsello, segretario generale del Consiglio di Stato, come capo di gabinetto del ministro delle Infrastrutture, Toninelli. Mentre, e qui ripassiamo dai grand commis simbolo della continuità istituzionale ai politici, come viceministro allo Sviluppo economico con deleghe sulle comunicazioni, o Armando Siri o, sempre per la Lega, Angela Colmellere. Ma su questo ruolo, ad alta sensibilità specie per Berlusconi, c'è il braccio di ferro Salvini-Di Maio. Ancora Mef. Giorgetti vuole come sottosegretario un fedelissimo, l'ex assessore al Bilancio della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia. Ma è in ottimi rapporti, Giorgetti, anche con il grillino milanese Buffagni altro papabile a via XX settembre. Dove Laura Castelli, di M5S, viene data viceministro dal tam tam. Ma i tasselli, nell'intero puzzle delle poltrone apicali, non troveranno il loro posto definitivo in tempi molto brevi.
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