«Jobs act, elezioni per fermare i referendum»

«Jobs act, elezioni per fermare i referendum»
di Diodato Pirone
Giovedì 15 Dicembre 2016, 08:14 - Ultimo agg. 19:49
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ROMA Il governo Gentiloni ha appena ricevuto la fiducia dal Senato (dopo quella della Camera) e già scoppia la prima grana. Ad innescare (involontariamente a suo dire) la miccia è stato il riconfermato ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, incontrando alcuni giornalisti a Palazzo Madama, ha ribadito che «l'orientamento prevalente» fra le forze politiche è quello di andare ad eleziono anticipate che rinvierebbero automaticamente i tre referendum proposti dalla Cgil ed in particolare quello sulla resurrezione dell'articolo 18 e contro il Jobs Act (gli altri due riguardano i voucher e le regole del codice degli appalti sugli infortuni). Ecco le parole pronunciate dal ministro come riportate dall'agenzia Ansa: «Se si vota prima del referendum il problema non si pone. Ed è questo, con un governo che fa la legge elettorale e poi lascia il campo, lo scenario più probabile». Apriti cielo. Per tutto il pomeriggio le agenzie di stampa sono state saturate da decine di dichiarazioni durissime sia di esponenti di Sinistra Italiana che dei vari partiti di centro destra che accusavano Poletti di «atteggiamenti antidemocratici», di voler provocare le elezioni anticipate e di non avere il senso delle istituzioni. A poche ore dalle fiducia, non sono mancate nemmeno le richieste di dimissioni. In serata l'Ansa ha reso noto che il ministro Poletti parlando con i suoi colleghi ministri avrebbe definito «una scivolata» le proprie dichiarazioni alla stampa.

Poletti ha infine provato a chiudere l'incidente con una nota nella quale ha respinto le «interpretazioni strumentali di una mia ovvia constatazione. Non ho invocato elezioni anticipate che del resto non dipendono certo dai miei poteri». A stemperare la polemica, senza rinunciare a togliersi qualche sasso dalla scarpa, era stata per prima il segretario della Cgil, Susanna Camusso. «Vale il merito del referendum e non la data. E poi non credo che Poletti sia dotato della sfera di cristallo - ha detto la numero uno della confederazione - Per me insistere sullo slittamento della consultazione significa non avere il coraggio di affrontare i problemi». Quindi per la leader della Cgil occorre «parlare meno di calendario e più delle ragioni politiche del referendum». Alla Camusso ha replicato indirettamente il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. «Abbiamo fatto il Jobs Act che ha determinato assunzioni e ha creato nuovi consumatori - ha spiegato Boccia - Ora spunta il referendum. E allora io come imprenditore che faccio? Attendo e non assumo. Questo è un capolavoro italiano di ansietà e di incertezza totale e perenne» Fin qui il fronte delle polemiche. Resta da capire, già nel primo giorno di operatività del governo Gentiloni, cosa si sta cercando di fare nella maggioranza e in particolare nel Pd per sminare il caso dei referendum Cgil. Due i segnali più significativi. Il bersaniano Roberto Speranza, fra i principali esponenti della minoranza, ha sottolineato che «bisogna fare di tutto per modificare il jobs act». Anche Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, esponente dell'ala sinistra della maggioranza Pd , è intervenuto per ribadire che «la politica deve cercare un punto di mediazione anche se non sarà facile».

«Contro l'abuso dei voucher che vanno ricondotti alla loro natura di strumenti legati a lavori occasionali, c'è già un disegno di legge presentato da me oltre che uno dei 5Stelle - dice Damiano - Si può avviare un tavolo di confronto anche sull'articolo 18 che è senz'altro il punto più spinoso. Non possiamo restare schiacciati nella tenaglia: tenere i referendum o far cadere il governo». Resta da riferire un ultimo dettaglio: ieri è stato confermato che la Corte Costituzionale darà il via libera o meno ai referendum proposti dalla Cgil nella seduta dell'11 gennaio.
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