Paolo Siani: «In campo per cambiare la realtà, ho chiesto a Renzi liste pulite»

Paolo Siani: «In campo per cambiare la realtà, ho chiesto a Renzi liste pulite»
di Daniela De Crescenzo
Venerdì 12 Gennaio 2018, 08:17 - Ultimo agg. 13 Gennaio, 09:54
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«Cosa avrebbe detto Giancarlo? Me lo sono chiesto tante volte in questi mesi, è la prima cosa che mi sono domandato quando si è profilata l'ipotesi di entrare in Parlamento. Non ho trovato una risposta. Ma lui era un ragazzo impegnato nel sociale e voleva provare a cambiarla questa città. Chissà, forse avrebbe detto sì. O forse mi piace pensare che avrebbe detto sì. Di fatto però lui non c'è più, ci è stato sottratto dalla violenza criminale, e cosa avrebbe fatto non le potremmo sapere mai. Però ho maturato una consapevolezza: questa è la prima volta che faccio qualcosa per quello che io ho fatto e non per quello che ha fatto lui. Mi candido per portare avanti progetti precisi nati dalle esperienze di questi anni»: non è stata scontata per Paolo Siani la decisione di accettare la candidatura di capolista del Pd a Napoli. Aveva solo trenta anni il 23 settembre del 1985 quando i killer dei Nuvoletta ammazzarono il cronista del Mattino e la sua vita, come quella dei genitori, fu stravolta. Il dolore, la rabbia, la necessità di trovare una ragione e di ottenere Giustizia diventarono l'assillo delle loro giornate. Da allora Paolo Siani, pediatra e, da qualche anno, primario prima al Cardarelli e poi al Santobono, ha trovato tanti compagni di strada: familiari di vittime innocenti della criminalità organizzata e comune, giovani e meno giovani impegnati in difesa della legalità, medici convinti, come lui, che per salvare una vita, per conquistarle alla salute e alla legalità, bisogna muoversi presto, prestissimo, fin dai primi giorni di vita dei bambini nati nei contesti a rischio. Un movimento cresciuto pian piano e diventato sempre più attivo e numeroso: perciò la sua candidatura è stata discussa, esaminata, sezionata da lui, dai suoi familiari e anche da molti di quelli che lo hanno accompagnato in questi anni, fin da quando con un motorino malandato correva alle assemblee degli studenti per raccontare di Giancarlo.

Lei ha percorso una lunga strada. La scelta di entrare in politica non mette a rischio la credibilità sua e della Fondazione Polis che lei presiede. Non teme che il nome di Giancarlo possa essere sporcato?
«Certo, ho paura che qualcuno pensi che faccio questo passo sfruttando il ricordo di Giancarlo. Anche di questo ho parlato con gli amici con i quali ho condiviso la strada in questi anni. Poi Nora Rizzi, la preside che per prima scelse di chiamare Siani la sua scuola, mi ha affrontato e mi ha detto: Ricordatelo, ogni volta che parli in pubblico devi cominciare dicendo: Io sono il fratello di Giancarlo. E allora ho capito che potevo farcela, potevo andare avanti nel suo nome anche se non al posto suo. Io sono Paolo e ho combattuto per dare Giustizia a mio fratello, insieme a tante altre persone che rappresenterò, se mi voteranno, anche in Parlamento. Se avessi detto no mi sarebbe sembrato un atto di codardia. Tra qualche mese chiunque di fronte alle critiche avrebbero potuto dire: tu non hai provato fino in fondo provato a cambiare le cose. Non sarà così».

Come è nata la candidatura?
«Mai mi sarei immaginato che la politica mi volesse con tanta insistenza. Quando il Pd cercava un candidato sindaco per Napoli il partito locale segnalò a Renzi il mio nome. Ma io dissi di no. Poi quando si è dimesso da premier dopo il referendum, lui ha cominciato a girare l'Italia e a Napoli ha incontrato varie persone. Fu allora che venne a casa mia. Quando arrivò lo salutai: Buon giorno, presidente. Lui rispose: Io sono Matteo e non sono più presidente. C'era tutta la mia famiglia, parlammo di tante cose e io gli raccontai quello che facciamo come Fondazione Polis e come lavoro da pediatra. Lui rimase molto colpito dalla mia idea che contro la criminalità non basta la repressione, ma bisogna cominciare a lavorare quando i bambini nascono e bisogna seguirli nel tempo».

Poi le cose sono andate avanti?
«Sì. Sono stato invitato alla Leopolda, ma non ci sono andato. Poi mi hanno chiesto un intervento per la conferenza programmatica del Pd a Pietrarsa sulle cose di cui mi occupo direttamente e lo ho fatto. Quando sono state decise le elezioni, Renzi mi ha richiamato proponendomi la candidatura. Io ho detto no, lui mi ha chiesto di pensarci spiegandomi: Io vorrei un Parlamento di persone che, come te, rappresentino la società civile e possano cambiare il modo di intendere la politica. Allora ho consultato la mia famiglia e non ci sono state troppe resistenze come era successo quando si era parlato dell'ipotesi di fare il sindaco. Allora ho cominciato a pensarci».

 

Chi l'ha convinta?
«Mia cugina. Mi ha detto: Io ci ho pensato molto e tu ti occupavi del sociale già da ragazzino facendo il doposcuola in parrocchia. Non è stata la morte di Giancarlo a determinare l'impegno. Quindi vai avanti. Mi ha convinto».
E gli amici della fondazione Polis e dell'associazione culturale Pediatri che presiede?
«La maggioranza mi ha incoraggiato ritenendo che in Parlamento potrei far valere meglio le lodo ragioni. Molti amici mi hanno detto: Se ti candidi voto, altrimenti resto a casa e questo è stato decisivo: è fondamentale convincere la gente a vivere la democrazia. Per me sarà importante avere un gruppo di riferimento».
Perché il Pd?
«Perché me lo hanno chiesto loro. In ogni caso io sono sempre stato un uomo di sinistra».
E se nelle liste ci saranno nomi discussi o discutibili?
«Nelle liste ci devono essere solo persone migliori di me altrimenti faccio subito un passo indietro. Lo ho già detto a Renzi che mi ha risposto: Io faccio di più, mi suicido. È ben consapevole che la politica deve cambiare».
Come ha commentato il segretario del Pd il suo sì?
«Con un messaggino. Mi ha scritto: Evviva. Siamo pronti, sarà una sfida bellissima e grazie a persone come te miglioreremo la politica di questo paese. Ti abbraccio Matteo».
Cosa si propone di fare?
«Poche cose ben precise sulle quali sto già lavorando con amici ed esperti. Insieme faremo una sorta di documento programmatico in sei punti».
Qualche anticipazione?
«Voglio lavorare su fronti diversi: infanzia, sanità e legalità. Con la Valente ho lavorato nella precedente legislatura a una proposta di legge poi decaduta su un sistema integrato sociale e sanitario che prevedeva interventi soprattutto nei primi tre anni di vita del bambino. Voglio rielaborarla e ripresentarla convocando i migliori esperti per discuterne. Intendo rilanciare il progetto Nati per leggere sul piano nazionale e incrementarlo nei quartieri a rischio, nei reparti ospedalieri di pediatria e nei carceri. Siamo già presenti a Nisida e a Secondigliano, tra poco arriveremo anche a Poggioreale per far in modo che i bambini che vanno in carcere a trovare il padre possano nell'attesa aspettare in un luogo bello a loro dedicato e leggere bei libri con le volontarie di nati per leggere. Per quello che riguarda più generalmente la sanità mi voglio occupare innanzitutto della mia regione dove abbiamo due problemi gravi: l'oncologia pediatrica e l'emigrazione dei pazienti. Voglio provare, insieme ai miei amici, a fare un piano di interventi efficaci».
La fondazione Polis, da lei presieduta, si è occupata dei familiari delle vittime e dei beni confiscati. Che proposte farà da parlamentare?
«Bisogna modificare la legge sul riconoscimento delle vittime innocenti di mafia che prevede che non ci siano persone con pregiudizi penali fino al quarto grado di parentela. Noi dobbiamo evitare che arrivino fondi ai malavitosi, ma non possiamo permettere nemmeno che, come è successo, il riconoscimento sia negato alla famiglia di Gelsomina Verde, torturata e uccisa nel corso della faida di Scampia».
Se non riuscirà a centrare i risultati?
«Se sto là a non fare niente, tra un anno lascio perdere».
Chi ha sentito prima del sì?
«Il presidente De Luca per annunciargli che mi sospendevo dalla fondazione Polis che resterà affidata al vicepresidente Tonino Palmese e il direttore generale della mia azienda sanitaria, Anna Maria Minicucci».
Giancarlo era un precario: cosa pensa della politica del Pd sul lavoro?
«Non sono d'accordo sulla precarizzazione del lavoro. Bisogna che i posti che sono stati creati diventino stabili. Io ho infermieri bravi che perdo continuamente a causa dei contratti a termine. Questo danneggia i giovani che non possono farsi una vita ma anche nel mio caso l'ospedale e più generalmente le aziende».
Come ha votato al referendum costituzionale?
«Ho votato sì perché credo che vada riformato il sistema politica».
Lei sarà candidato come capolista e anche nel collegio del Vomero che è la roccaforte di De Magistris. Una scelta che non le fa paura?
«No, io voglio essere votato e per questo ho chiesto di essere presentato anche nella lista uninominale del Vomero che è il mio quartiere. Mi presento, se mi stimano mi votano se no votano chi ritengono giusto. Ho voluto presentarmi da indipendente anche per questo: del mio lavoro risponderò a i miei elettori e al mio gruppo di lavoro».
Cosa pensa di De Magistris?
«Nel corso del suo mandato la città è cambiata in meglio. Non possiamo negare che ha fatto un lavoro straordinario e chi vive a Napoli, al di là degli orientamenti politici, lo sa».
Lei è un pediatra stimato, è presidente di Polis. Entrare in politica è rischioso. Chi glielo fa fare?
«Me lo sono chiesto fino a ieri sera e anche stanotte, ma poi è scattato in me il desiderio di fare di più. Perché da Roma penso di poter fare di più. Trenta anni fa quando giravo tra le scuole per raccontare la legalità mi guardavano come un marziano. Adesso i ragazzi riconoscono il volto di Giancarlo. Allora non sembrava possibile. E quindi, perché non cercare di ottenere qualcosa anche per i ragazzi che verranno? Io ci provo, se non ci riesco torno a fare con piacere il mio lavoro in ospedale».
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