5 Stelle-Lega, uscita dall'euro giallo sulle regole nel contratto

5 Stelle-Lega, uscita dall'euro giallo sulle regole nel contratto
di Andrea Bassi e Diodato Pirone
Mercoledì 16 Maggio 2018, 07:00
4 Minuti di Lettura
È proseguito anche ieri il confronto fra gli esponenti del Movimento Cinque Stelle e della Lega sul programma dell'eventuale governo gialloverde. Restano sul tappeto parecchi nodi da sciogliere soprattutto di carattere politico ma uno spicca su tutti: cosa fare con l'Europa e dunque se rispettare o meno i limiti di defict pubblico imposti dai trattati stipulati con gli altri stati europei. Non a caso la giornata di ieri è iniziata con i segnali d'allarme lanciati da Bruxelles che ha ribadito di attendersi dall'Italia una riduzione del deficit e del debito «indipendentemente dal governo che si formerà».

E sempre ieri, in serata, è stata diffusa dal sito dell'Huffingtonpost.it una bozza di programma - poi smentita in un comunicato congiunto da M5S e Lega - contenente proposte difficilmente realizzabili come quella della cancellazione di 250 miliardi di debito italiano da parte della Banca Centrale Europea che, com'è noto, è di proprietà di tutti gli stati aderenti all'euro. Il tutto condito con una proposta per la creazione di un canale di uscita ordinata dall'euro; il passaggio di tutte le aziende pubbliche (Eni, Enel eccetera) alla Cassa Depositi e Prestiti che però le pagherebbe al tesoro riducendo con il risparmio postale il depbito pubblico; il conferimento di patrimonio pubblico ad un fondo le cui quote poi sarebbero cedute ai risparmiatori. Sul piano istituzionale, tra l'altro, la bozza contiene la nascita di un Comitato di Conciliazione, composto dal premier, alcuni inistri e dai capi di partito della maggioranza, non previsto dalla Costituzione.
 
La bozza è stata definita «vecchia e ampiamente modificata» in tarda serata con una nota congiunta tra Movimento e Lega ed è probabilmente frutto di un primo collage di proposte a ruota libera tipico della fase di avvio delle trattative complesse. È possibile che la diffusione di una bozza così anti-europea e con forti margini di anticostituzionalità risponda all'interesse di chi vuole mettere i bastoni fra le ruote alla trattativa. Quello dell'Europa (e del debito) resta comunque il segmento più puntuto del confronto fra pentastellati e leghisti. I primi appaiono assai cauti verso il rispetto dei parametri europei mentre i leghisti ribadiscono di voler sforare i tetti di deficit altrimenti si rischia «di scrivere un libro dei sogni», come lo stesso Matteo Salvini ha ribadito l'altro ieri nella dichiarazione pubblica al Quirinale successiva la suo incontro con il Capo dello Stato. Ieri dal tavolo di trattativa è filtrato assai poco. Essenzialmente un accordo generico sul ridimensionamento delle cosiddette pensioni alte o d'oro (punto al quale tiene molto il Movimento) mentre resta la divergenza sulla tassa di soggiorno che i Cinquestelle vorrebbero «rimodulare» mentre i leghisti intendono «abolire». Nel programma è finita una definizione vaga del tema.

Se fra le due delegazioni sono stati trovati punti di convergenza abbastanza consistenti su alcuni temi come il superamento e non la cancellazione della legge Fornero sulle pensioni (con un aumento di spesa di cinque miliardi); l'adozione del reddito di cittadinanza per i disoccupati soltanto dopo la nascita di una nuova rete di Centri per l'Impiego oppure il varo di concorsi regionali per le assunzioni nella scuola, restano anche fortissimi i punti di divergenza. Uno di questi è il conflitto d'interesse. Sul quale il testo della bozza diffusa è molto generico anche se spiega che il conflitto d'interessi non è solo quello economico perché «qualsiasi interferenza di un interesse pubblico o privato nel procedimento legislativo andrebbe evitata». Il punto di partenza dell'azione governativa, comunque, dovrebbe essere la riforma della giunta per le elezioni, definita un «organismo anacronistico». Le regole sul conflitto di interessi verrebbero estese anche ai manager pubblici e ai sindaci delle grandi città. Pugno duro, inoltre, sulla corruzione, anche usando Daspo e agenti sotto copertura, ampliamento dell'uso delle intercettazioni. Marcia indietro invece sulla Buona scuola, con lo stop alle chiamate dirette dei presidi per i professori. Nuovi concorsi su base regionale e non più su base nazionale. E verranno stabilite delle regole per evitare il «pendolarismo» dei professori dal sud verso il nord. Previsto anche il ritorno al maestro unico. Niente sanatoria, per ora, per gli insegnanti senza laurea. Accanto alla riforma della legge Fornero, con la possibilità di lasciare il lavoro una volta raggiunta quota 100 come somma tra età anagrafica e contributi, arriva anche il taglio alle pensioni d'oro. Per adesso è solo un titolo, ma l'intenzione sarebbe quella di introdurre un ricalcolo contributivo per quelle oltre una certa cifra. In campagna elettorale Luigi Di Maio aveva parlato di un taglio per quelle superiori ai 5 mila euro netti mensili.

Nel capitolo pensioni, poi, entreranno anche le «pensioni di cittadinanza», una integrazione a 780 euro (come per il reddito di cittadinanza), di quelle al minimo e delle pensioni sociali. Nel programma anche la riconferma di «opzione donna», che permette l'uscita a 57 o 58 anni, ma accettando il ricalcolo contributivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA