Tagli, la trincea dei ministri. E Grillo avverte: senza budget lascio

Tagli, la trincea dei ministri. E Grillo avverte: senza budget lascio
di Canettieri e Pacifico
Venerdì 12 Ottobre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 14:11
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«La verità è che i soldi ci sarebbero pure, ma per un governo: purtroppo qui ce ne sono due!». Mercoledì notte, il vertice dei ministri M5S (manca solo Danilo Toninelli che «Luigi non soffre più») è da poco terminato, in via del Tritone, sede del ministero di Riccardo Fraccaro.
 
E proprio Di Maio ha dato i compiti a casa ai suoi. «Ringraziamo Betta per lo sforzo, innanzitutto». Betta è Elisabetta Trenta, ministro della Difesa. Da lei arriverà la metà di quel miliardo che i pentastellati vogliono mettere sul tavolo della manovra per blindarsi dagli attacchi dei leghisti che quando sentono le parole reddito di cittadinanza producono sempre una strana smorfia. Allora Trenta, taglierà e si taglierà 500 milioni. Più di tutti. «Sapevo come sarebbe andata a finire - racconta in queste ore - appena arrivata ho subito fatto una ricognizione: ma il personale può stare tranquillo, andranno via solo gli sprechi». Salteranno però i programmi Tornado, Nh, l'acquisto di nuovi velivoli (gli F35 sono fuori da questa partita). Brillerà come una mina la creazione di un Pentagono a Centocelle, dove ora c'è il comando interforze, ma si andrà avanti solo con la costruzione di alloggi militari. Trenta dice di non sentirsi assediata, anche perché sa che la questione sicurezza e forze Armate sta comunque in capo al presidente della Repubblica. Chi invece descrivono come nervosa è Giulia Grillo. Anche lei dovrebbe sforbiciare qua e là. Ma la coperta è corta. Al punto che tra le righe da giorni manda un mezzo ultimatum: «Le cifre sulla sanità, fino a quando ci sarò, io non caleranno e questa è una rassicurazione che posso dare a tutti i cittadini». Traduzione, forse un po' forzata: in caso di tagli potrebbe fare anche gesti forti. Dicono dal ministero che in questa fase Grillo al massimo metterà le mani alla spesa farmaceutica. Per esempio da un po' non parla più di addio al superticket (motivo per il quale se ne sarebbe andato il capo di gabinetto Alfonso Celotto).

La responsabile della Salute - con la tenacia nervosa tipica di chi porta in grembo un bimbo - ammette: «Sto combattendo tantissimo per presidiare questo capitolo di spesa». E quindi è ancora nella fase trincea. Così come Laura Castelli, la mente economica del M5S in quanto sottosegretario, in attesa che Tria le dia la delega di viceministro, che ieri ha fatto le ore piccole per «chiudere i decreti» che oggi andranno in pre-consiglio dei ministri. Anche lei è abbastanza elettrica. Ieri sera si è fatta sostituire da Paolo Savona, durante il dibattito sul Def alla Camera. «Scusate, devo scappare».

Raccontano che in via XX Settembre Castelli si muova con massima circospezione per capire le «loro» mosse. Cioè quelle dei dirigenti del Mef, che i grillini chiamano frenatori se non sabotatori, per rimanere negli epiteti gentili. Ecco, questo succede nelle segrete stanze del governo M5S dove è partita la caccia agli sprechi e alle autoblu nel nome dell'austerità. Si parla di 300-400 milioni, compresi i tagli alle sedi istituzionali. «È la ricetta pakistana: anche il primo ministro Imran Khan inizierà con una forte sforbicita con il passato: via 102 auto di lusso», dicono divertiti i leghisti, che ne di cose ne vedono da tempo e sono temprati dall'epoca di Tremonti e quindi del governo Berlusconi. E allora ecco il ministro della Famiglia Lorenzo Fontana: «Ragazzi, non guardate me, che non ho proprio il portafoglio, altro che tagli». Anzi, lui aspetta. E quest'estate disse di esser pronto alle dimissioni se il governo non gli avesse dato le risorse giuste. Ora si vedrà.

Anche Marco Bussetti (Istruzione) dice che non mollerà di un centimetro, ma potrebbe perdere per strada 140 milioni.

Raffaele Volpi, sottosegretario alla Difesa del Carroccio, è gentile con i giornalisti: «Venite a trovarmi al palazzo della Marina, ma portate voi lo spritz perché abbiamo tagliato pure quello». E il clima in una rassegnazione non tanto convinta è proprio questo. Guglielmo Picchi, che invece è sottosegretario agli Esteri, è quasi contento: «Ho trovato un surplus di 15 milioni di euro: posso darli a Tria. Altro che gli aumenti richiesti dagli ambasciatori». E quindi la seriosità nervosa del M5S si scontra con quella placida della Lega. Anzi, passa in Transatlatico Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio e «no euro» convinto: «Ma quali tagli? Dubito che alla fine ci siano». Un grillino perfido commenta: «Borghi ha ragione: i ministeri non perderanno una lira».

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