Il governo diviso allo scontro finale con l'Europa, Di Maio e Salvini votano la linea dura

Il governo diviso allo scontro finale con l'Europa, Di Maio e Salvini votano la linea dura
di Alberto Gentili
Mercoledì 14 Novembre 2018, 07:00 - Ultimo agg. 11:29
4 Minuti di Lettura

Dopo le zuffe su sicurezza, giustizia, Tav e dopo la giornata da separati in casa di lunedì, Matteo Salvini e Luigi Di Maio sono tornati a incontrarsi. I due leader hanno dovuto mettere da parte nervosismo e incomprensioni per dettare, a Giuseppe Conte e a Giovanni Tria, la risposta alla Commissione europea sulla manovra economica. Che è stata, come previsto, una porta in faccia: il testo, nonostante il pressing di Bruxelles e i tentativi di premier e ministro dell'Economia, non cambia. Anzi, il governo sollecita più flessibilità per fronteggiare i danni prodotti dal dissesto idrogeologico. «È una risposta di attacco, non di difesa», celebra in nottata il leader della Lega.
 
C'è da dire che la legge di bilancio e il braccio di ferro con la Commissione europea è, al momento, l'unico fronte in cui Salvini e Di Maio marciano affiancati e uniti. Insieme hanno impedito al ministro dell'Economia di abbassare le previsioni della crescita che Tria avrebbe voluto tagliare per dare un segnale di appeasement, «di serietà e responsabilità» a Bruxelles, dove nessuno crede che l'Italia il prossimo anno possa centrare l'obiettivo di un Pil all'1,5%, visto che il Paese è quasi in stagnazione. E, soprattutto, Di Maio e Salvini hanno costretto Conte e Tria a non concedere nulla, o quasi alla Commissione. Con due sole eccezioni. La prima: la promessa, per tagliare il debito, di dismettere un'altra fetta del patrimonio immobiliare pubblico. Impegno che in anni passati è rimasto lettera morta e Di Maio corre a precisare: «Non venderemo i gioielli di famiglia». La seconda eccezione: il via libera alla clausole automatiche taglia-spese nel caso in cui il rapporto deficit-Pil dovesse superare quel 2,4% che tanto ha fatto imbufalire (causa l'alto debito pubblico) le cancellerie europee e la Commissione e ha innescato la corsa dello spread.

La ragione di tanta fermezza e caparbietà sta nella necessità di 5Stelle e Lega di avere le risorse per attuare le promesse elettorali (reddito di cittadinanza e riforma della legge Fornero) prima delle elezioni europee di fine maggio: ben 16 miliardi (la fetta più grossa della manovra) vanno in questa direzione. E la certezza che sia ormai inevitabile la procedura d'infrazione.

Salvini, ma anche Di Maio, è convinto che dietro al completo isolamento in cui è precipitata l'Italia in sede europea, ci sia la volontà di punire il «primo vero governo populista e del cambiamento». Insomma, la procedura d'infrazione, «la condanna preventiva» contro l'Italia, sarebbe a giudizio dei due vicepremier una mossa giocata da Merkel, Macron & C. in vista del rinnovo del Parlamento di Strasburgo: le élite europee, l'establishment, colpirebbero l'Italia per disincentivare i propri elettorali a votare i partiti nazionalisti e populisti.

Decisamente diverso l'approccio di Conte e di Tria che, anche su consiglio del Quirinale, sperano ancora di scongiurare la sanzione per debito eccessivo. La prova: il premier prima di partire da Palermo ha confidato: «Non è scontato che parta la procedura, è la prima legge di bilancio di questo governo e credo dobbiamo pretendere un po' di comprensione. Io farò il possibile e oltre, lavorerò fino all'ultimo per convincere la Commissione. Nelle prossime ore incontrerò Juncker».

Salvini invece si prepara alla procedura d'infrazione con di soddisfazione. Lo dimostra il buonumore manifestato prima del vertice («jogging, un po' di Vasco e un bicchiere di Nebbiolo, poi vado a Chigi»). E con una convinzione: la sanzione europea contro l'Italia «sarà un ottimo argomento da campagna elettorale». Dunque, «se all'Europa va bene siamo contenti, se all'Europa non va bene tiriamo dritti lo stesso». La procedura è una medaglia da appuntarsi sul petto anche per Di Maio, convinto che «gli italiani sapranno premiare la nostra battaglia contro le politiche di austerità europee che li hanno ridotti in miseria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA