Governo in cerca di fondi: la caccia alle risorse che preoccupa il Sud

Governo in cerca di fondi: la caccia alle risorse che preoccupa il Sud
di Nando Santonastaso
Mercoledì 26 Settembre 2018, 11:00 - Ultimo agg. 16:53
4 Minuti di Lettura

Una età compresa tra i 45 e i 50 anni, che sono molto pochi per essere accompagnati alla pensione e troppi per poter puntare agli incentivi che favoriscono le assunzioni dei giovani. Il titolo di studio è medio-basso, spopola la licenza media. Competenza per lo più specifica, nel senso che l'esperienza è maturata negli anni di lavoro presso le loro industrie fino a quando sono rimaste in attività.

È l'identikit più diffuso tra le decine di migliaia di operai, soprattutto metalmeccanici, che rischiano di non avere più ammortizzatori sociali dopo avere esaurito negli ultimi cinque anni, come previsto dal Jobs act, la cassa integrazione e i contratti di solidarietà. Moltissimi al Sud, almeno dodicimila in Campania, quasi tutti provenienti da aziende inserite, su proposta della Regione e con decreto del governo Gentiloni, nelle cosiddette «Aree di crisi industriale complessa». Quelle, per capirci, in cui le fabbriche sono collegate a processi produttivi di rilevanza nazionale e che sono state individuate nei poli industriali di Marcianise, Acerra, Airola, Torre Annunziata, Castellammare di Stabia, Battipaglia e Solofra. Per loro la Regione, attraverso l'assessorato al Lavoro, ha formalmente già chiesto al governo ulteriori fondi, pari a circa 7 milioni, per completare lo stanziamento dei 34 milioni destinati a garantire gli ammortizzatori sociali per il 2017, il 2018 e in ogni caso per altri dodici mesi di assistenza qualora il periodo non coperto dalla cigs fosse scattato a metà di quest'anno o scatterà nei prossimi mesi per concludersi nel 2019. La proroga della Cassa integrazione per questa tipologia di lavoratori è espressamente prevista dai decreti istitutivi delle Aree complesse ma all'assessorato regionale al Lavoro attendono di conoscere a quale normativa farà riferimento l'atteso, ulteriore finanziamento del governo e prima di certezze nessuno si sbilancia.
 
Il nocciolo della questione però riguarda sempre la dotazione finanziaria delle nuove misure. Insomma, le coperture. Perché i questa fase sono le risorse destinate a prorogare la cigs o i contratti di solidarietà la vera preoccupazione dei lavoratori e dei sindacati, consapevoli che garantire la Cassa solo ai dipendenti di aziende cessate e delocalizzate all'estero, come assicurato ieri sera dal ministro Di Maio, vuol dire garantire solo una parte della platea. E per gli altri? Il governo annuncia di voler risolvere almeno parte del problema con la ormai imminente Legge di Bilancio ma per farlo ha bisogno intanto di numeri certi. Quanti sono esattamente i lavoratori a rischio? Un numero preciso nessuno è in grado di farlo anche se i potenziali interessati non sarebbero meno di 80mila su una platea complessiva di 140mila metalmeccanici con prospettive di lavoro incerte. Non a caso si è deciso un monitoraggio dell'attuale scenario degli ammortizzatori sociali: solo in seguito, sarà possibile stabilire quante risorse serviranno a prorogarli di un anno, che al momento appare l'orizzonte temporale massimo.

Già, ma da dove verrebbero prese? Su questo punto fioccano e si sbizzarriscono le teorie, partendo dal presupposto che le casse dello Stato non sono sicuramente piene, anzi. C'è chi teme, ad esempio, che il governo possa decidere di mettere mano ai provvedimenti affidati alle Regioni per le cosiddette politiche attive del lavoro, quelli che cercano di garantire tra mille difficoltà una nuova chance a chi un'occupazione l'ha persa. Per restare alla Campania, si tratta di misure come Ricollocami o Over 50 che stanno dando qualche risultato puntando anche alla volontà dei cassintegrati o ex lavoratori in mobilità di rilanciarsi, aggiornando le proprie competenze. Non sono cifre altissime, peraltro, e in ogni caso sottrarle a quella che appare comunque una necessità per il Paese rischia di essere un male peggiore. Lo stesso discorso potrebbe riguardare anche i fondi e le iniziative legate a Garanzia Giovani, il programma europeo da molti considerato un flop e che comunque ha permesso alla Campania di essere la prima regione in Italia per numero di imprese nate da giovani neet (più di 200), quelli che non studiano né cercano un'occupazione. In questo caso si rafforzerebbe l'ipotesi che le risorse destinate a salvare almeno per un altro anno i lavoratori con la cigs in scadenza si inseriscano nel più grande e ancora indefinito bacino di quelle desinate ad alimentare il reddito di cittadinanza, nell'ambito di una più generale ridefinizione di questo tipo di misure di assistenza. Di sicuro sarà praticamente impossibile attingere ai Fondi strutturali europei perché quelli del Fondo sociale europeo sono già stati impegnati anche dalle Regioni e comunque non sono dotati di una disponibilità finanziaria infinita.

Insomma, i dubbi restano anche perché solo in Italia tra i Paesi maggiormente industrializzati, si registra questo ritorno alla Cassa integrazione senza però avere la necessaria garanzia sulle coperture. Gli industriali, a scanso di equivoci, non vogliono neppure sentir parlare di un loro coinvolgimento dal momento che già pagano per gli ammortizzatori sociali una somma pari al doppio di quella che poi recuperano nell'attività produttiva: «Non vogliamo essere considerati come quelli che dovranno pagare la cassa integrazione sotto forma di reddito di cittadinanza», dicono negli ambienti di Confindustria. E non sembrano parole da interpretare.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA