Forza Italia teme il blitz Lega-M5S, Di Maio: «Noi perno centrale»

Forza Italia teme il blitz Lega-M5S, Di Maio: «Noi perno centrale»
di Paolo Mainiero
Martedì 20 Marzo 2018, 10:04
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Una telefonata allunga la vita, chissà se riuscirà a far decollare la legislatura. Prima gli squilli di Di Maio a Grasso, Martina, Meloni, Salvini e Brunetta; ieri la telefonata tra il leader della Lega e Berlusconi per darsi appuntamento a Roma, domani, due giorni prima dell'insediamento delle Camere. Al vertice ci sarà anche Giorgia Meloni e sarà un giorno cruciale per le sorti del centrodestra. In ballo ci sono le presidenze di Palazzo Madama e Montecitorio e si capirà se i partiti della coalizione procederanno uniti o in ordine sparso. Forza Italia e Fdi richiamano la Lega al rispetto dell'alleanza ma i sospetti che Salvini voglia tenersi le mani libere nel dialogo con il M5s sono forti. «Anche oggi che i rapporti di forza interni al centrodestra sono cambiati - ammonisce Maria Stella Gelmini - devono valere le regole che sono valse in questi anni, in cui Berlusconi è sempre stato il leader, non solo di Forza Italia, ma della coalizione. Quindi penso che ci debba essere pari dignità tra alleati». Ignazio La Russa (Fdi) rilancia e allontana ogni ipotesi di accordo con i cinque stelle, sia per la presidenza delle Camere e a maggior ragione per il governo. «La nostra è una concezione opposta rispetto a quella dei grillini», chiarisce La Russa.
 
Nel vertice di domani a Palazzo Grazioli, Salvini metterà sul tavolo le carte dei colloqui telefonici che nei giorni scorsi ha avuto con i leader degli altri partiti. Ieri, dopo la telefonata, Berlusconi avrebbe espresso ai suoi fedelissimi la rassicurazione che Salvini non farà brutti scherzi. Tuttavia il timore di un blitz Lega-M5s non è evaporato. La presidenza delle Camere resta il cuore centrale della trattativa e la preoccupazione di Berlusconi è che la Lega voglia giocare di sponda con Di Maio per un governo che faccia poche riforme e soprattutto modifichi la legge elettorale per un ritorno alle urne nel giro di un anno. E la sola ipotesi di nuove elezioni atterrisce il Cavaliere. Per questo Forza Italia insiste sulla sua proposta: Paolo Romani alla presidenza del Senato (dove il centrodestra ha i numeri per eleggere da solo il presidente) e il leghista Giancarlo Giorgetti alla Camera, magari anche con i voti del Pd. Proposta che non convince Salvini, che vorrebbe sì Giorgetti a Montecitorio ma lasciando il Senato ai Cinque stelle. Schema, quest'ultimo, che ovviamente non piace a Berlusconi. Insomma, per quanto si voglia dare l'immagine di una coalizione compatta, la tensione nel centrodestra è altissima perché a dividere i leader non è solo la partita dei due rami del Parlamento, ma più in generale la posta di Palazzo Chigi. «L'ipotesi di un governo politico tra Lega e M5s è totalmente irrealistica», fa sapere Giovanni Toti, spiegando che sarebbe possibile solo se «i grillini abdicano al loro programma e votano un governo Salvini e io lo escluderei» perché «i programmi del centrodestra o anche della sola Lega non li vedo tanto compatibili con quelli dei Cinque stelle». Tuttavia, aggiunge ancora il governatore della Liguria, «poi sulla via di Damasco si sono convertiti tutti...». «Partiamo dalla coalizione di centrodestra», è invece la premessa di Salvini, che però ribadisce la disponibilità a «ragionare e confrontarci su tutti sul programma e non sulle presidenze». Ed è quel «confrontarci con tutti» (dunque, anche i Cinque stelle) che agita i sonni di Forza Italia perché nell'orizzonte di Berlusconi non c'è alcuna possibilità di dialogo con il M5s, tanto più che Salvini ribadisce il suo punto fermo: «In un governo con Renzi non ci andrò mai».

È una partita a scacchi in cui ognuno tiene coperta la propria mossa. Di certo, c'è che Luigi Di Maio rivendica per il suo movimento, «il primo partito», la presidenza della Camera e ieri nell'incontro con i senatori pone un po' di paletti. «Prima il metodo, poi i nomi», perché la questione degli assetti istituzionali «è slegata da quella del governo», dice riguardo alle trattative in corso. «Siamo il perno della legislatura», ripete per l'ennesima volta. «Ribadisco il no a condannati e persone sotto processo per le presidenze», insiste per sbarrare la strada alla presidenza del Senato per Paolo Romani di Forza Italia. Poi, una nuova apertura al dialogo: «Dei ministri si parla con il presidente della Repubblica, dei temi invece con i partiti politici». Non c'è una squadra intoccabile, quindi. Tutto può essere messo in discussione in vista di un'intesa. La più probabile, dopo la telefonata con Salvini, sembra ormai essere quella con la Lega. Prima per le presidenze delle Camere, poi - ma ci sono moltissime incognite sulla strada - per un governo programmatico. Per sciogliere questo nodo è ancora presto. Per ora, Di Maio si limita a fare buon viso a cattivo gioco e in assemblea cita proprio l'intervista di Grillo a Repubblica: «La nostra grande forza è migliorarci e adattarci sempre, come ha detto Beppe». E ancora: «Ora bisogna ragionare come maggioranza di governo, non più da opposizione».

Il contrario del ragionamento che fa il Pd, che da maggioranza si prepara ad essere opposizione, come ribadisce il reggente Maurizio Martina, ieri a Napoli. «Il 4 marzo siamo stati sconfitti. Bisogna prepararsi bene a un'attività di minoranza che vuole contribuire dall'opposizione», è la linea.
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