Fico e Grillo, c'è la tregua armata
«Di Maio candidato premier»

Fico e Grillo, c'è la tregua armata «Di Maio candidato premier»
di Stefania Piras
Domenica 24 Settembre 2017, 09:35 - Ultimo agg. 14:09
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RIMINI Tengono il punto, non retrocedono e smentiscono di voler abbandonare il Movimento con una clamorosa scissione. Ecco l'ennesima tregua armata a cui si è giunti attraverso diversi passaggi e mediazioni.
È stato Carlo Sibilia a fare da pontiere ieri quando è andato a scuotere Roberto Fico, chiuso nel suo albergo di Rimini da più di ventiquattro ore senza sapere quale dovesse essere il suo reale contributo alla festa nazionale che ha magnificato Di Maio. Per Fico i dubbi espressi sul ruolo del capo politico dai consiglieri comunali campani e piemontesi valgono il suo dissenso, o comunque una riflessione politica che è mancata o almeno quando si è svolta, lui non era invitato. D'altronde se non ci fossero loro, gli ortodossi, «il dna del Movimento» andrebbe perduto, sostengono in queste ore concitate in cui la classe dirigente sta cambiando. «Io ci sarò perché non ne posso uscire - ha detto Grillo dal palco avvolto da catene finte - il Movimento ce l'ho dentro come Dna. Però ora abbiamo Luigi che tratterà con l'imperatore del Giappone, parlerà con presidenti... dobbiamo stargli vicino. Io sarò sempre con voi». «È perché non ce lo mette per scritto che rimane il nostro punto di riferimento?», si chiedono quelli che vorrebbero vincolare Grillo.
 



L'investitura del candidato premier non può e non deve trasformarsi in una delega in bianco, spiegano gli ortodossi. Il capo politico è una dicitura semantica ha sottolineato Grillo, fondamentale per consegnare al candidato a Palazzo Chigi un mandato forte per recarsi alle consultazioni con il Presidente della Repubblica. Hanno già accettato questa svolta esponenti di peso come Roberta Lombardi.

Ora la battaglia si sposta su un altro fronte, più burocratico e formale. Si capirà se Luigi Di Maio diventerà il nuovo capo politico, il segretario del M5S, se entrerà nell'associazione madre Movimento 5 stelle, quella del 2009 in cui è presente solo Beppe Grillo e che detiene il simbolo con cui presentarsi alle elezioni. Ipotesi che ha un'altissima probabilità se Grillo con un sospiro di sollievo ieri faceva riferimento all'indirizzo del nuovo capo politico che eredita la scomoda corrispondenza del comico: denunce, ricorsi e citazioni. «Ecco se sarà così non ci sembra opportuno», spiega il deputato Carlo Sibilia. «Perché lì ci sono prerogative importanti e talmente delicate di cui un candidato premier non può occuparsi perché non ha il tempo perché non può fare tutto», dice alzando le spalle. Ma i toni polemici e gli sguardi di fuoco sono già lontani. Anche grazie al faccia a faccia che finalmente c'è stato tra Roberto Fico, Beppe Grillo e Di Maio. Alla fine il presidente della Vigilanza Rai è riuscito ad avere un peso analogo a quello del vicepresidente della Camera Di Maio. Ha rinunciato al suo intervento politico sulle telecomunicazioni così da ricavarsi un posto al sole tra quelli lontani e irraggiungibili, che non ci sono e quindi, questa la speranza, valgono. Alla fine Fico ha chiuso la giornata facendo una lunga passeggiata fra gli stand. «Noi? Stiamo lavorando e ragionando con Beppe su come intenderà ancora essere garante», chiosano i sacerdoti pentastellati.