Seggi al Sud, ultimatum al Carroccio: spazio agli ex Dc, in pole Mastella junior

Seggi al Sud, ultimatum al Carroccio: spazio agli ex Dc, in pole Mastella junior
di Federica Fantozzi
Lunedì 8 Gennaio 2018, 10:31 - Ultimo agg. 17:14
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Sul piatto c'è il Nord versus il Sud. Erano molti i temi al centro del vertice di Arcore atteso ma ancora interlocutorio per definire i contorni dell'alleanza elettorale del centrodestra. Ma il nodo più urgente era quello delle candidature, che andranno presentate entro le ore 20 del 29 gennaio. Intanto la spartizione, con Lega e Fi intorno al 35-40%, FdI al 15-20% e il nodo (sciolto) del riconoscimento della quarta gamba della coalizione. Un risiko a più livelli: non solo i collegi uninominali impongono candidati comuni a tutti gli alleati, anche i listini sono terra di incursioni da parte di esterni che vogliono essere collocati nei primo posti di zone sicure. Amici di, parenti, fidanzati, protetti: gli sherpa che fanno le liste in questi giorni sono assediati di richieste.

Per Fi la pratica è in mano all'avvocato Niccolò Ghedini (con l'aiuto di Sestino Giacomoni), nella Lega se ne occupa il fidatissimo Giancarlo Giorgetti, mentre FdI, partito dalle dimensioni assai più ridotte, ha affidato il dossier direttamente ai leader Giorgia Meloni e Ignazio La Russa. «Noi con l'Italia», il rassemblement di ex Pdl ed ex Dc si affida ai plenipotenziari Maurizio Lupi, Enrico Costa e Saverio Romano. Da oggi le delegazioni si incontreranno.

Ogni forza ha la sua specificità: il Carroccio punta soprattutto su quadri e amministratori locali, rodati nel Nord Est dove prevede di consolidare la propria forza incamerando anche il Friuli per il capogruppo a Montecitorio Massimiliano Fedriga. Partita tutta da giocare: per cedere la terza Regione a Matteo Salvini (dopo Lombardia e Veneto), Silvio Berlusconi chiede in cambio il Lazio per Maurizio Gasparri (o, se accetterà, per il giornalista Rai Gennaro Sangiuliano).

Insomma, Fi rinuncia a qualcosa nel settentrione, in cambio di bandierine nel Centro-Sud. Anche perché Salvini ha bisogno di trasformare la Lega anche nei fatti da ridotta nordista a partito nazionale. E qui entra in ballo la soluzione, trovata nelle trattative, per far digerire al Carroccio «Noi con l'Italia», la quarta gamba del centrodestra, con cui fino a ieri si rifiutava di trattare (infatti, niente invito ad Arcore). Il messaggio recapitato a Salvini nelle scorse ore era chiaro: Raffaele Fitto in Puglia alle ultime Europee ha preso 284mila preferenze; l'ex ministro Romano in Sicilia ha contribuito con decisione alla vittoria di Nello Musumeci; l'ex alfaniano Antonio Gentile in Calabria è potente, quanto lo è il senatore Augello nel Lazio. L'Udc di Lorenzo Cesa in Calabria ha preso il 7%, come gli uomini di Romano. Clemente Mastella, che non ha ancora aderito al quarto polo, è ben radicato nell'entroterra campano, e non solo a Benevento di cui è sindaco: potrebbe mettere i suoi consensi a disposizione della coalizione, ma punta a un collegio per suo figlio Pellegrino.
 
In ballo ci sono centinaia di migliaia di voti. Sono questi numeri che Berlusconi ha opposto alla pretesa salviniana che poltronari e riciclati venissero presi in carico solo da Fi. Traduzione: nel riparto delle quote li volevano nei collegi spettanti agli azzurri, da sottrarre al conto complessivo, mentre la Lega si caricherà al massimo Stefano Parisi in Lombardia e Vittorio Sgarbi in Romagna. Fi non ci sta e ribatte che se Salvini vuole posti al Sud, dovrà scendere a miti consigli e trattare con «Noi con l'Italia». Soprattutto se davvero con una ventina di seggi più degli attuali l'asse di destra potrebbe avere la maggioranza al Senato. Così, al di là del fumoso impegno ad abolire la legge Fornero sulle pensioni, è in nome dei voti nelle urne soprattutto a Sud - che il leader leghista ha dato luce verde all'ingresso dei riciclati.

In che termini, si vedrà. Il risiko è ancora all'inizio. Berlusconi cerca nomi noti nell'imprenditoria, ma molti da Emma Marcegaglia a Luisa Todini sono impegnati con le proprie aziende. Più probabile la presenza di Lisa Ferrarini e del viticoltore Paolo Damilano. Tra i giornalisti, Alessandro Sallusti avrebbe declinato per restare al timone del Giornale, ma resterebbero in pista Paolo Liguori, direttore di Tgcom24, e Andrea Cangini, direttore del QN. Tornerebbe in Parlamento anche l'ex senatore e viceministro Giuseppe Vegas, appena scaduto dalla Consob, mentre per l'uscente Augusto Minzolini ci sarebbe un posto a Mediaset.

Sullo sfondo, nell'alleanza arrurro-verdeoro, resta il nodo della premiership: Berlusconi, pur incandidabile, ha messo il nome nel simbolo forzista. Lo stesso ha fatto Matteo Salvini in quello padano, in da evitare sgambetti (magari da Maroni, se rinunciasse al Pirellone). Nel frattempo, Antonio Tajani ha fatto sapere che resta all'Europarlamento. Il ministro Padoan, invece, ha battuto un colpo: è disponibile a rimanere in campo. E non esclude un governo Pd-Fi. Il vertice di Arcore si conferma interlocutorio.
 

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