Diecimila aspiranti: ma i candidati dei Cinque Stelle li decide Di Maio

Diecimila aspiranti: ma i candidati dei Cinque Stelle li decide Di Maio
di Valentino Di Giacomo
Venerdì 19 Gennaio 2018, 08:27 - Ultimo agg. 09:32
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«Come previsto dallo statuto, il capo politico, sentito il garante, ha facoltà di valutare la compatibilità della candidatura con i valori e le politiche del Movimento 5 Stelle, esprimendo l'eventuale parere vincolante negativo sull'opportunità di accettazione della candidatura». Grazie a questo articolo, il numero 7 del regolamento delle parlamentarie concluse ieri, il Movimento 5 Stelle ritiene di essere al riparo dalla valanga di ricorsi annunciati dagli attivisti che sono stati esclusi dalla competizione elettorale e che tante polemiche stanno muovendo attraverso i social network e sul blog di Grillo.
Lo staff grillino aveva previsto tutto già dallo scorso dicembre varando un nuovo statuto che attribuiva a Luigi Di Maio il ruolo di «Capo Politico» e a Beppe Grillo quello di garante. Insomma, nel day-after alle consultazioni, con queste nuove regole i vertici del Movimento si sentono in una botte di ferro: spettava a Di Maio e, in ultima istanza, a Grillo decidere chi poteva candidarsi. Tutti coloro sono stati esclusi dovranno probabilmente mettersi l'anima in pace. Almeno è questo il pensiero che filtra dallo staff di Di Maio. E il leader grillino ora gongola, ieri infatti ha annunciato che sono stati diecimila gli aspiranti parlamentari che si sono autocandidati.
«C'erano persone che non avevano i requisiti ha spiegato ieri Di Maio - e li abbiamo scartati perché noi non siamo una navicella per andare in Parlamento. Ogni volta che facciamo le parlamentarie leggo sui giornali di caos, ma non è vero». Il riferimento è al rallentamento della piattaforma «Rousseau» che Casaleggio aveva ideato per svolgere le parlamentarie. Eppure le polemiche non si sono placate neppure a votazioni concluse. Sono in tantissimi a lamentarsi di non essere riusciti a votare e tanti altri che hanno raccontato di una procedura di voto durata alcune ore.

 

Mercoledì, nell'ultimo giorno fissato per il voto, i dissidenti grillini Canestrari e Biondo, avevano diffuso un file audio nel quale un presunto parlamentare siciliano del Movimento si lamentava del caos nel quale si stavano svolgendo le parlamentarie. Proprio per smontare la polemica e non rischiare un possibile effetto boomerang i vertici del Movimento hanno così deciso di non prorogare il voto di un giorno ulteriore. Una mossa intrapresa per non prolungare ulteriormente le tante critiche nel pieno della campagna elettorale.
Eppure, anche a votazioni concluse, le polemiche non si sono ancora fermate. Sono tanti i grillini delusi per non essere stati candidati nonostante fossero attivisti da oltre dieci anni quando il Movimento non era ancora sorto politicamente, ma si aderiva attraverso i «meetup», le piattaforme online dal blog di Grillo. In Campania, più che in altre zone d'Italia, il malcontento è forte per la piega verticistica che ha assunto il Movimento.
Il meetup napoletano, guidato sin dalla nascita da Roberto Fico, era infatti il più numeroso e carico di iniziative originali rispetto al resto d'Italia. Non è un caso che proprio Fico fu tra i leader più insofferenti quando lo scorso settembre Beppe Grillo nominò Luigi Di Maio capo del Movimento attraverso primarie senza reali concorrenti. Un malcontento che deriva proprio dal mutamento genetico rispetto agli esordi: non più il motto «uno vale uno», ma «un uomo solo al comando».
Un'insofferenza verso questi cambiamenti condivisa, oltre che da Roberto Fico, anche da altri. Fra questi le due parlamentari napoletane Paola Nugnes e Carla Ruocco che comunque hanno deciso di ricandidarsi nonostante i mal di pancia manifestati più di una volta attraverso i social network. L'immagine plastica di un Movimento che nel frattempo è divenuto un vero e proprio partito diviso in almeno due correnti. Di sicuro la modifica dello statuto e dei regolamenti consentirà, molto probabilmente, di evitare che su queste parlamentarie possano essere strascichi giuridici a colpi di carte bollate come avvenuto anche alle ultime elezioni regionali in Sicilia dove un giudice stabilì di bloccare le primarie grilline.
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