Di Maio porta il modello M5S negli Usa: «No alleanze, accordi solo sui temi»

Di Maio porta il modello M5S negli Usa: «No alleanze, accordi solo sui temi»
di Stefania Piras
Lunedì 13 Novembre 2017, 10:01 - Ultimo agg. 14 Novembre, 11:15
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Luigi Di Maio cercava il salotto di Fabio Fazio da tempo. Era considerato uno spazio ostile e però ambito. La trattativa è durata mesi finché il conduttore ha detto sì. Di Maio è riuscito a piazzare l'intervista prima del suo viaggio a Washington che è la prima trasferta ufficiale da candidato premier del Movimento 5 stelle. Intanto, il check-in, Di Maio, lo fa in prima serata su Raiuno dove Fazio sta provando a traghettare non senza difficoltà il pubblico affezionato di Raitre sulla rete ammiraglia, la più rassicurante che c'è, dove Fazio, citando Bruno Vespa, lo paragona addirittura a Giulio Andreotti. Un complimentone che ha fatto brillare gli occhi a Di Maio: «Tutti pensavano, quando sono stato eletto vicepresidente della Camera, che avrei lanciato libri e azzannato deputati e quindi ora sembro Andreotti ma M5s non è un movimento che aggredisce, abbiamo portato avanti il rispetto per le istituzioni».

L'intervista comincia con il ghigno di Fazio «Ero preoccupato che non venisse». Il riferimento è al faccia faccia saltato tra Di Maio e Renzi. E qui il vicepresidente della Camera arrossisce: «Sono anni che chiedo confronti con gli altri e mi danno buca, per una volta che do buca io hanno aperto i telegiornali per giorni? Ho chiesto un confronto con Renzi per avviare la campagna, credevo andasse male per loro in Sicilia ma non credevo così male e che il centrosinistra mettesse in discussione il ruolo di candidato premier. Il centrosinistra risolva i proprio problemi interni e dica chi è il candidato premier e io lo affronterò». Molta parte dell'intervista è occupata dalla legge elettorale con Di Maio che rimpiange le preferenze che però il M5S non ha mai voluto, nemmeno quando poteva farlo nell'accordo a quattro poi defunto sul Tedescum. E proprio come un vero segretario di partito sgrana obiettivi e numeri: «il nostro obiettivo è arrivare a un milione di iscritti».
 
«Governare è difficile, complesso», gli dice con pazienza Fazio e Di Maio si ribella: «Con la scusa della complessità questo paese rimane immobile. Questo è il momento dei giovani, il Cancelliere tedesco ha la mia età, Macron ha 40 anni...». «E Renzi ne aveva 38, sa?» rimbecca Fazio. E qui va inscena il siparietto sulla rottamazione con Di Maio che preme sul giovanilismo e adula Fazio: «Ma lei a 31 anni conduceva Quelli che il calcio!» e Fazio: «Ma non è come fare una trattativa con Kim Jong-un!». «Ah sì, ma ognuno fa il suo» si ricompone Di Maio.

Prima delle eventuali trattative con la Corea, Fazio chiede conto al candidato quanto margine di trattative ci sarà con gli altri partiti se dovessero andare al governo. Si fa più volte il nome di Bersani ma Di Maio esclude categoricamente sguardi a sinistra: pure sullo ius soli conferma la marcia indietro del M5S: «È un tema importante per carità, ma confrontiamoci con l'Europa, sentiamo cosa ne pensano la Francia e la Germania» (sulla cittadinanza italiana, ndr). Mentre parlando di Berlusconi Di Maio sorride entusiasta: «Sì, lui ci ha copiato: il nostro reddito di cittadinanza esisteva già e lui lo ha chiamato reddito di dignità». Di Maio alle prossime eelzioni è convinto di arrivare al 40% sulla scorta del 35% totalizzato nella sola Sicilia e apre il cantiere alleanze con mister (partito) X. «Se noi dovessimo essere prima forza politica del paese diremo a tutti non veniteci a chiedere poltrone, se c'è convergenza sui temi e sul programma faremo governo». «La responsabilità di governo - scandisce - ce la prendiamo noi senza poltrone e spartizione del potere. Noi miriamo al 40%, e sui temi troveremo convergenza e presupposti per governare».

E allora bisognerà attendere la lista dei ministri per capirci di più. Per ora si sa che Di Maio li vuole competenti e dotati di sensibilità politica. Il primo provvedimento da premier? Domanda che forse non si aspettava perché la risposta non è proprio operativa: «Prima cosa è cambiare è approccio alle ingiustizie, no alle nomine nella sanità». E infine il quinto potere: la Rai. Di Maio accantona l'idea del sorteggio per le nomine e rispolvera un grande classico: «il merito». «Mettiamo insieme i migliori - dice - e se poi serve utilizziamo il sorteggio». Oggi intanto Di Maio volerà in America, «un alleato naturale». E chi conosce bene Di Maio dice che la scelta è assolutamente «normale per chi in Italia intende diventare premier».