Conte scivola sul curriculum, Di Maio torna in pista ma è scontro su Savona

Conte scivola sul curriculum, Di Maio torna in pista ma è scontro su Savona
di Alberto Gentili
Mercoledì 23 Maggio 2018, 07:00 - Ultimo agg. 10:55
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Dopo l'euforia di lunedì, quando Luigi Di Maio e Matteo Salvini scendendo dal Colle avevano annunciato urbi et orbi la nascita del governo giallo-verde, ieri è stato il giorno degli attriti. Facce buie e tese. Perfino qualche ringhio. Tutto comincia con l'ennesimo vertice (a pranzo) tra i due leader in una mensa del centro storico, lontani da occhi indiscreti. Nel faccia a faccia, dopo qualche minuto di chiacchiere e battute, viene al pettine il nodo del ministro dell'Economia. E qui il gioco, assente il promesso premier Giuseppe Conte, si fa immediatamente duro.

Di Maio, che da qualche tempo si fa portatore delle istanze del Quirinale e delle «ragioni del buonsenso» anche perché non ha mai abbandonato l'idea di essere lui il «prescelto» per palazzo Chigi, mette a verbale un discorso che suona più o meno così: «Dobbiamo essere realisti, tu proponi Paolo Savona e capisco le tue ragioni. Ma quel nome passerebbe con difficoltà il vaglio del Colle: Savona è diventato l'icona dei no-euro. Ricordati che Mattarella ci ha detto che dobbiamo stare molto attenti a lanciare segnali che possano allarmare i mercati finanziari e mettere a rischio il risparmio degli italiani». Di fronte al disco quasi rosso versus Savona, Salvini si è immediatamente irrigidito: «Caro Luigi, vorrei ricordarti che questa scelta sull'Economia fa parte di un pacchetto complessivo. Se salta Savona, salta l'intero accordo. E si ricomincia da capo».
 
C'è da dire che l'allineamento di Di Maio all'impostazione del Quirinale non è estemporaneo. Da quando la trattativa è entrata nel vivo, il leader grillino si è mosso per rendere «praticabile» e «realistico» il governo tra 5Stelle e la Lega. E per questa ragione ha indicato nomi europeisti in grado di bilanciare quello di Savona e che possono ottenere senza problemi la bollinatura del capo dello Stato: l'ambasciatore Giampiero Massolo agli Esteri e Enzo Moavero Milanesi agli Affari europei, incarico che ha già ricoperto con Mario Monti e con Enrico Letta. Inoltre, Di Maio ha risolto un nodo che rischiava di diventare molto intricato agli occhi quirinalizi: dopo la rinuncia di Guido Crosetto (FdI) a andare alla Difesa, ha proposto la «sua» Elisabetta Trenta. Così verrebbe aggirato l'assedio leghista all'intero comparto-sicurezza, dopo che Salvini ha prenotato gli Interni e il suo braccio destro, Giancarlo Giorgetti, la delega ai Servizi segreti.

Finito il vertice, Di Maio incontra i giornalisti entrando a Montecitorio e non è dell'umore migliore: «Stiamo cercando di fare un governo», si limita a dire laconico. Sul fronte Lega, invece, parlano di «clima sereno e costruttivo»: «Si va avanti, stiamo discutendo gli ultimi dettagli in attesa della convocazione di Mattarella». Peccato che nel frattempo, a causa del clamore innescato dalla pompatura del proprio curriculum, dal Quirinale non arrivano notizie su Conte. Nessuno parla più di incarico per il giorno successivo. E tra i deputati 5Stelle, paradossalmente, serpeggia euforia: «Conte traballa». «Conte è troppo debole, non può essere lui il premier. Ah, se fosse Di Maio...». «Ma siamo pronti a sacrificare Conte pur di avere Luigi a palazzo Chigi. Anche il Quirinale gradirebbe questo epilogo», dice un esponente 5Stelle.

Non la Lega e tantomeno Salvini, però. Tant'è, che mentre i 5Stelle scaricano il loro potenziale presidente del Consiglio, sono i leghisti a blindare Conte: «Non mi sembra affatto che traballi», osserva il numero due della Lega, Lorenzo Fontana. E Salvini, con i suoi, va giù netto: «Se non è Conte, non è nessuno. A Di Maio abbiamo detto no e continuiamo a dire di no. Se insiste, si va sparati alle elezioni». E Gian Marco Centinaio, il capogruppo in Senato: «Di Maio premier? Non siamo mica a carnevale...». Insomma, Salvini e i suoi minacciano la rottura. Fanno sapere di essere pronti a rinunciare al governo che avevano celebrato e acclamato poche ore prima. E alzano un muro, il più alto possibile, perché temono che l'opzione-Di Maio sia ancora la apprezzata sul Colle dove lunedì, Mattarella, ha fatto ben presente ai due leader i rischi insiti nella scelta di un «premier terzo», senza la necessaria autorevolezza frutto della legittimazione elettorale.

In più, Salvini è molto irritato dal tentativo dei 5Stelle di mettere il naso in casa leghista: non solo tentando di bloccare Savona, ma rispolverando per l'Economia l'ipotesi di Giorgetti. Con un problema non da poco: il diretto interessato, per nulla entusiasta del «contratto» con i grillini, non ha alcuna intenzione di trasferirsi nel dicastero di via XX Settembre. Per provare a calmare l'alleato, in serata i 5Stelle (in massa) sono corsi a dire che «Conte è il premier, non si cambia. Siamo gente seria, noi». Lo schema è chiaro: i grillini ufficialmente difendono il «loro» Conte, ma visto che si è indebolito, sperano che sia Mattarella a imporre Di Maio a Salvini. Da vedere come finirà. Anche perché sul Colle tengono ben presente che puntare sul leader grillino significherebbe probabilmente sancire la fine (prima della partenza) del governo giallo-verde.

Dopo di che ci sarebbero solo le elezioni.

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