Boccia (Confindustria): Gentiloni
lavori senza scadenze

Boccia (Confindustria): Gentiloni lavori senza scadenze
di ​Nando Santonastaso
Sabato 7 Gennaio 2017, 08:30 - Ultimo agg. 13:39
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Presidente Boccia, tra le sfide internazionali che il 2017 propone c'è sicuramente quella legata al neo protezionismo americano del presidente eletto Trump. Come pensa di affrontarla Confindustria?
«È una tendenza preoccupante. Chiudere le frontiere, ostacolare il commercio non è certo quello che serve per affrontare e superare una crisi di portata mondiale. Per quanto ci riguarda ci adopereremo per difendere le nostre posizioni augurandoci che l'Europa e l'Italia restino partner preferenziali degli Stati Uniti».  

Da più parti in Italia si fa strada la tentazione di un reset delle principali riforme dell'ormai ex governo Renzi. Dal Jobs Act alla scuola si sente aria di frenata, che ne pensa?
«Il rischio di un ritorno al passato o, meglio, di un rifiuto del futuro esiste e va contrastato. Mai come oggi l'Italia ha bisogno di riforme in grado di rafforzare la capacità competitiva dell'intero sistema paese e anche delle imprese, a cui è affidato il compito di produrre quella ricchezza da cui deriva il benessere delle famiglie».
Restiamo al Jobs Act: dove andrebbe migliorato?
«Il Jobs Act, come tutte le riforme, va pienamente attuato e applicato e ne vanno approfonditamente valutati gli effetti prima di pensare di smontarlo. Non esiste infatti contemporaneità tra causa ed effetti e per cogliere i frutti di un cambiamento occorre attendere il tempo necessario perché quegli stessi maturino. Non possiamo dire al mondo che ci guarda: abbiamo scherzato».
I voucher vanno eliminati del tutto o riequilibrati? E come?
«Premesso che l'industria è il settore che dei voucher fa meno uso, riteniamo che non vadano demonizzati ma meglio disciplinati. Si tratta di uno strumento che risponde ad una esigenza - remunerare in maniera regolare il lavoro occasionale - che comunque deve essere soddisfatta. Per questo diciamo: attenzione a buttare il bambino con l'acqua sporca. Bisogna eliminare le storture e sanzionare gli abusi e questo si può fare con una adeguata vigilanza e con eventuali modifiche mirate per ricondurre lo strumento al suo utilizzo corretto. Peraltro, il loro peso relativo in termini quantitativi è davvero molto basso».
Lei crede che sarà dichiarato ammissibile il referendum della Cgil sull'articolo 18? Se si farà, non teme un risultato simile a quello del 4 dicembre?
«Non ci esercitiamo in previsioni ma ribadiamo quanto già detto: l'Italia ha bisogno di riforme e quella del Jobs Act va nella direzione che riteniamo giusta. Per poterne apprezzare gli effetti dobbiamo inquadrarla all'interno di una più larga politica economica da perseguire con coerenza e continuità perché possa raggiungere i risultati desiderati. Lo stop and go non è mai stato un buon sistema per far funzionare le cose.
Che margini di durata ha, secondo lei il governo Gentiloni? Si dovrà attendere la nuova legge elettorale, certo. Ma non si rischia con l'attuale maggioranza una navigazione quasi sempre a vista nei prossimi mesi?
«Dal governo Gentiloni ci aspettiamo che lavori a pieno ritmo senza farsi condizionare da scadenze più o meno ravvicinate. Il dibattito sui tempi non ci appassiona. A noi, come al Paese, interessano le politiche che consentono all'economia di crescere per creare lavoro e benessere. Per questo servono istituzioni efficienti e in grado di assolvere ai compiti per i quali sono chiamate a lavorare». 
Parliamo di Sud: i nuovi importi del bonus occupazione dovrebbero aiutare i giovani a trovare un contratto ma in quali settori le imprese meridionali hanno davvero questa possibilità?
«La politica di Confindustria guarda ai fattori, e non ai settori, per consentire a tutte le imprese di competere al meglio. Per noi non ci sono settori vincenti o perdenti, ma imprese vincenti in settori innovativi e non. Si può fare bene impresa e competere sul mercato interno e sui mercati internazionali anche in campi tradizionali. La differenza la fa l'imprenditore, la sua visione, i dirigenti che sceglie, i lavoratori che forma. Detto questo, il Sud deve usare in maniera virtuosa le risorse di cui dispone, specialmente quelle comunitarie, affiancando e potenziando le politiche nazionali in modo da accentuarne l'efficacia perché l'Italia ha bisogno di un'unica politica economica. Non è più il tempo delle tante piccole scelte inconcludenti ma di partecipare a un disegno nazionale conquistando forza e massa critica».
Dopo un anno di deflazione e di scarsa domanda interna il Paese sembra non riuscire a marciare a velocità più sostenuta; da cosa dipende la bassa crescita al di là dei fattori internazionali?
«Non c'è dubbio, e non ci stancheremo di ripeterlo, che l'Italia debba accrescere la sua capacità competitiva come sistema dotandosi di strumenti più adeguati alla sfida dei tempi. Per questo la stagione delle riforme non va abbandonata e occorre avere il coraggio di proseguire lungo la strada imboccata...»

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