Via tre giornalisti di Cnn, falso scoop su Russiagate ed ennesimo regalo a Trump

Via tre giornalisti di Cnn, falso scoop su Russiagate ed ennesimo regalo a Trump
di Luca Marfé
Mercoledì 28 Giugno 2017, 21:34
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NEW YORK - Tre giornalisti di peso della CNN sono stati costretti a dimettersi per ciò che Donald Trump, per una volta giustamente, ha bollato come “Fake news!”.

Si tratta di Thomas Frank, già candidato al Pulitzer, Eric Lichtblau, ex New York Times e vincitore proprio del Pulitzer nel 2006 e Lex Harris, al vertice della squadra investigativa della redazione di Atlanta.

Nel mirino una storia letteralmente costruita attorno ad uno dei consulenti di Trump, l’italo-americano Anthony Scaramucci, nel tentativo di accostare il suo nome ed in parallelo quello del presidente a dei fondi di investimento russi. Insomma, una maniera per gettare dei ponti tra i sospetti che legano Washington e Mosca.

Peccato che, non senza imbarazzo, l’emittente televisiva sia stata costretta ad ammettere attraverso il proprio sito web che la notizia non fosse stata in alcun modo verificata e che, in buona sostanza, non trovasse alcun riscontro in quel fact-checking tanto in voga negli Stati Uniti.

Per capire quanto stia accadendo in America, però, è necessario andare oltre la vicenda plastificata del finto scoop nel tentativo di addentrarsi nelle dinamiche socio-culturali che animano una percentuale vasta di cittadini statunitensi ed in particolar modo di supporter del tycoon.

Per quanto si sia cercato di farlo passare in sordina, infatti, un episodio come questo produce una eco e soprattutto un danno all’intero sistema dell’informazione davvero difficile da quantificare. Lo strascico più immediato e più tipico è quello del crollo della credibilità dell’universo mediatico, peraltro già minacciato dal web e dalla comunicazione diretta che le reti sociali hanno garantito a qualsiasi personaggio pubblico oggi in grado di mettere in discussione qualsivoglia contenuto senza doversi avvalere dell’intermediazione che è stata da sempre tipica della carta stampata e del giornalismo televisivo. Una credibilità già minata, inoltre, da una campagna elettorale nel corso della quale, a voler credere alla buona fede, si sono travisati umori ed intenzioni di voto del Paese e viceversa, a voler pensar male, si è svolto un ruolo politico più che di informazione vera e propria. Per di più senza successo.

Non solo.

Questa sorta di assedio genera un ulteriore danno, paradossalmente ancora più grave: produce, infatti, una reazione che si potrebbe definire di solidarietà nei confronti di un presidente che non merita aiuti di questo tipo.

Sarebbe più che sufficiente, dunque, aggredire politicamente Trump sul terreno sconnesso delle sue scelte anziché ricercare al grido di impeachment delle scorciatoie giudiziarie. O addirittura, più che ricercarle, inventarle di sana pianta.
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