Thailandia, assolto l'italiano Denis Cavatassi: era stato condannato a morte

Thailandia, assolto l'italiano Denis Cavatassi: era stato condannato a morte
Lunedì 17 Dicembre 2018, 10:58 - Ultimo agg. 18 Dicembre, 10:10
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Denis Cavatassi è libero e potrebbe tornare in Italia prima di Natale. L'agronomo di Tortoreto (Teramo) condannato a morte in Thailandia nel 2016 è stato assolto dalla Corte Suprema dall'accusa di essere il mandante dell'omicidio di un suo socio, Luciano Butti, ucciso nel 2011. «Sono finalmente libero», sono state le prime parole dell'italiano inviate con un whatsapp vocale alla sorella Romina, alle 5.30 di questa mattina. «Non riesco ancora a crederci», ha detto commossa Romina, «è stata una battaglia lunga, però sono contenta che questo suo desiderio di uscirne a testa alta e di dimostrare la sua innocenza è stato ripagato, sebbene con tanta sofferenza».

«Gli italiani in difficoltà all'estero devono sapere che possono sempre contare sull'assistenza e l'aiuto efficace della
Farnesina. Nessuno viene lasciato solo, pur nell'inevitabile riserbo che la delicatezza di tante situazioni impone», ha
commentato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi dopo la notizia dell'assoluzione e del rilascio.


 
 


Un calvario durato sette anni, fatto di umiliazioni, torture, paura. L'arresto nel 2011 per un omicidio non commesso a causa di un credito inesistente, il rilascio su cauzione, la via crucis del primo processo sono stati solo l'inizio. Nel 2015 la condanna a morte. Una sentenza confermata nel 2017, quando per lui si sono aperte le porte del carcere. Prima in isolamento, con le catene ai piedi. Poi la detenzione in una cella comune condivisa con 45 persone. Un processo, quello di secondo grado, segnato come il precedente da prove inconsistenti, errori, equivoci. Tutti denunciati dalla famiglia che oggi ha ringraziato «tutti quelli che si sono battuti per la sua libertà»: dalla Farnesina ai giornalisti che «hanno fatto da cassa di risonanza» della vicenda fino agli avvocati Daniela Ballerini e Puttri Kuwanonda.

«Nessun movente, nessuna prova, nessuna testimonianza a carico», aveva ribadito a metà novembre la sorella di Denis Cavatassi sottolineando l'amicizia che legava il fratello alla vittima, tanto che a pochi giorni dalla data dell'assassinio avrebbe dovuto testimoniare a suo favore nel divorzio di Butti dalla moglie tedesca.

Cavatassi è stato posto «in stato di fermo senza avere diritto a un avvocato, senza un traduttore, senza nessun rappresentante dell'ambasciata», era stata la ricostruzione dell'avvocato Ballerini in una conferenza stampa convocata in Senato nel febbraio scorso assieme ad Amnesty International e al presidente della Commissione per la tutela dei Diritti Umani Luigi Manconi. Rilasciato su cauzione dopo il primo fermo - avevano fatto notare i familiari - poteva scappare. «Ma non l'ha fatto» perché «ha aspettato il processo convinto di un'assoluzione», aveva sottolineato il fratello Adriano, l'unico ad averlo incontrato dopo il fermo nel carcere di Phuket, raccontando di avere visto «persone al limite della sopravvivenza».

Subito dopo la sentenza Cavatassi è rientrato in carcere per sbrigare le pratiche necessarie e poi, il prima possibile, tornerà in Italia dove lo aspettano la sorella Romina, il fratello Adriano e i genitori. «Adesso dobbiamo fare tutto il necessario per il rientro - ha detto ancora Romina -.
L'Ambasciata ci è stata vicina e ci ha seguito moltissimo e credo che con il loro aiuto si possa riportare presto Denis a casa. Spero rientri prima di Natale».


 
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