La "talpa" di wikileaks racconta dal carcere la sua vita da transgender

Manning, ancora libero, quando diceva di voler diventare donna
Manning, ancora libero, quando diceva di voler diventare donna
di Anna Guaita
Giovedì 9 Aprile 2015, 21:46 - Ultimo agg. 10 Aprile, 15:41
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NEW YORK – Il cambiamento di sesso è entrato nella fase farmacologica: il caporale una volta noto come Bradley Manning, e oggi ribattezzato Chelsea Manning, ha ricevuto le prime cure ormonali per la riassegnazione della sua identità. Le vengono concessi i farmaci, le viene concesso di vestire con abiti e biancheria femminile, le sono stati anche dati cosmetici. L’unica cosa che non le è permesso è «di farsi crescere i capelli». Così si confessa il caporale 27enne che fu arrestato nel 2010 dopo aver passato decine di migliaia di documenti segreti al sito Wikileaks. La giovane “talpa” dell’esercito, detenuta nella prigione militare di Fort Leavenworth nel Kansas ha concesso un’intervista alla rivista Cosmopolitan, adesso in edicola, La giornalista che ha potuto “parlare” con Chelsea, Abigail Pasta, racconta che i colloqui con la donna sono avvenuti solo via posta normale, poiché Manning non ha diritto a usare computer e non può parlare al telefono con i giornalisti.



Chelsea Manning è stata catturata nel 2010, è stata tenuta tre anni in una durissima prigione, sola e senza contatti con il mondo esterno, ed è stata poi processata e condannata nel luglio del 2013 a 35 anni di prigione. Molti hanno creduto che la vera colpa del suo tradimento sia stata di Julian Assange, il fascinoso fondatore di Wikileaks, che avrebbe convinto il giovane Manning a trasmettergli un fiume di informazioni confidenziali. Fra queste c’era anche il famoso video in cui i piloti di un elicottero militare Usa sparavano contro delle persone sulle strade di Bagdad nel 2007: si trattò di un clamoroso e sanguinoso errore che il Pentagono aveva insabbiato, nonostante fra le vittime ci fossero due giornalisti della Reuters. C’erano poi un’infinità di documenti che hanno messo in imbarazzo la diplomazia Usa, e causato lunghi strascichi. Tuttavia i giudici hanno rifiutato di riconoscere Manning colpevole dell’accusa più grave e cioé di «aver aiutato il nemico» e l’hanno trasferita in una regolare prigione militare. Grazie a questa condanna meno drastica, inoltre, fra meno di sette anni Chelsea potrà chiedere – e presumibilmente ottenere – la libertà condizionata. E quando uscirà, sarà donna.



Chelsea ha rifiutato di parlare del suo tradimento nell’intervista, ma si è dilungata sulla sua vicenda umana, e sulla difficoltà di essere un transessuale in un mondo che verso questa forma di “disforia del genere” ha solo disprezzo. La giovane rivela di essersi sentita diversa sin da bambina, ma di aver sempre provato «terrore all’idea che qualcuno potesse scoprire quel che provavo». Varie volte – ricorda – aveva pensato di confessarsi almeno con gli amici più stretti, e ogni volta ha cominciato chiedendo loro se giudicavano «normale che un ragazzo desiderasse vestirsi da donna», ma davanti alle risate grossolane che riscuoteva si è sempre ritirata nel silenzio.



Chelsea racconta della sua decisione di entrare nelle Forze Armate, nella speranza che in un ambiente “macho” avrebbe raggiunto una maggior sicurezza di sè. Quando si era arruolata, per gay e transessuali ancora non c’era la libertà di manifestarsi apertamente, come ora. Valeva ancora il regolamento «don’t ask, don’t tell» e il giovane viene subito “identificato” da un primo banale errore: porta con sè il proprio cellulare, di colore rosa. «Fui umiliata in modo forte, dal sergente che stava facendo l’inventario delle mie proprietà», ricorda.



E’ stata l’esperienza di analista delle comunicazioni in Iraq che ha convinto definitivamente Bradley a diventare Chelsea: «Passavo in rassegna migliaia e migliaia di poste elettroniche, memorandum, rapporti di persone che ogni giorno intorno a me morivano. A un certo punto tutto diventava statistica. Così capii quanto è preziosa la vita. Anche io potevo essere uccisa. Quindi era il momento di cominciare a essere me stessa». Il giorno stesso in cui Bradley Manning venne riconosciuto colpevole e condannato a 35 anni di prigione, nel 2013, venne anche la sua dichiarazione ufficiale: «Voglio che tutti conoscano chi io sono veramente. Sono Chelsea Manning, sono una donna. Poichè mi sono sentita così sin dall’infanzia, chiedo che mi sia concesso cominciare una terapia ormonale al più presto possibile». C’è voluto in realtà più di un anno, ma il caporale ha ottenuto quel che voleva, e lo scorso febbraio ha cominciato la cura per la riassegnazione del sesso. Questo non vuol dire che sia felice: «Nessuno mi molesta – dice nell’intervista -, ma so che qui tutti mi considerano una figura ridicola. Posso reggere tutto il giorno, ma quando viene la sera e sono sola nella mia cella, crollo e piango».