È la prima volta dall'inizio dell'inchiesta che vengono formalizzate accuse ben precise ad ambienti legati a Mosca. Mentre prosegue il lavoro di investigatori e inquirenti sul fronte interno del Russiagate, con l'ex stratega di Trump, Steve Bannon, interrogato per oltre venti ore dagli uomini del procuratore speciale. Una 'conversazione-fiumè che preoccupa non poco la Casa Bianca, che teme lo spirito di rivalsa dell'ex consigliere principe, personaggio molto controverso e legato ad ambienti di estrema destra, silurato dopo essere stato nei primi mesi della presidenza del tycoon una delle persone più influenti a frequentare lo Studio Ovale. I soggetti russi individuati dagli investigatori «hanno coscientemente e intenzionalmente cospirato per truffare gli Stati Uniti con il proposito di interferire con i processi politici ed elettorali americani», si legge nel provvedimento di Mueller. Nessuno dei russi sui quali viene puntato il dito è al momento sotto custodia delle autorità.
Nel documento viene in particolare citata la Internet Research Agency, un'organizzazione russa con la quale i 13 incriminati hanno lavorato o avuto contatti. La società e i 13 accusati - come hanno appurato gli investigatori - hanno iniziato a lavorare già nel 2014 per mettere a punto un piano per influenzare l'elettorato in vista del voto del novembre 2016. Ricorrendo all'uso dei social media - da Facebook a Twitter a YouTube - hanno diffuso fake news a valanga e hanno anche contattato «ignari individui» associati alla campagna di Donald Trump. Il 10 febbraio 2016 è per gli uomini di Mueller la data in cui i russi accusati hanno iniziato a far circolare all'interno della loro organizzazione i temi su cui concentrare la loro azione per «avvelenare» la politica americana, e - si legge - «usare ogni opportunità per criticare Hillary Clinton». Ma non Donald Trump e l'altro candidato democratico, Bernie Sanders: «Loro li appoggiamo», sarebbe stata la direttiva all'interno dell'organizzazione.
«Non c'è alcuna prova che i risultati delle elezioni presidenziali del 2016 siano stati influenzati da questi fatti», ha intanto ripetuto il vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein incontrando i giornalisti. È stato lui stesso ad informare il tycoon della svolta delle indagini, prima che fosse ufficializzata. Una mossa quella di Mueller che nei prossimi giorni rischia di inasprire i rapporti già tesi con il Cremlino. Che intanto, per bocca della portavoce della diplomazia russa Maria Zakharova, ha bollato come «un'assurdità» le incriminazioni: «Tredici persone si sarebbero ingerite nelle elezioni americane?! Tredici contro il bilancio miliardario dei servizi segreti? Contro lo spionaggio e il controspionaggio? Contro le nuovissime elaborazioni e tecnologie... assurdità? Sì, ma questa è l'odierna realtà politica americana», ha scritto su Facebook la Zakharova.
Trump: «Nessuna collusione». Nessuna collusione con Mosca, ha ribadito Trump su Twitter. «La Russia - scrive il presidente - ha iniziato la sua campagna anti-americana nel 2014, ben prima che io annunciassi la mia candidatura alla presidenza.
I risultati delle elezioni non sono stati influenzati. La campagna di Trump non ha fatto niente di sbagliato. Nessuna collusione!».