In quei casi, i dimostranti o il singolo dimostrante simboleggiano il popolo inerme che cerca di fermare gli oppressori, che si oppone a un regime liberticida, che difende i suoi diritti di libertà calpestati dall'arroganza ideologica e militare. Quei ragazzi di fronte ai carri armati, nell'Europa e nella Cina comuniste, rappresentano icone dell'anti-Stato in senso democratico e libertario. L'uomo immortalato nella notte a Istanbul, che tenta di fermare i cannoni che avanzano, sta difendendo invece lo Stato. Non è un rivoltoso, è un contro-rivoltoso, difende un potere che considera legittimo perché democraticamente eletto, al contrario dei regimi comunisti, da chi da dentro a quel potere lo vuole distruggere con l'arma del golpe.
Si tratta, in tutti questi casi fotografici con uomini e carri armati, di patrioti? Sì. Ma ognuno a modo suo. Il ragazzo cinese vuole eroicamente destrutturare con il suo gesto un potere cattivo, l'uomo di Istanbul vuole viceversa preservare l'ordine costituito che considera preferibile rispetto alla scelta dei militari anti-Erdogan. Il «ribelle sconosciuto» di Pechino - che poi sarebbe stato identificato in Wuer Kaixi, scappato dalla Cina in quel 1989 e ora giornalista a Taiwan - gridò ai soldati: «Girate i vostri mezzi, andatevene via e smettetela di uccidere la nostra gente». L'anti-ribelli di Istanbul non ha avuto bisogno di urlare granché. Perché il militare sulla torretta, davanti a lui, è in fondo - come tanti altri commilitoni riluttanti - dalla sua stessa parte. E dopo lo scatto, quell'uomo pelato e a torso nudo s'è sdraiato placidamente accanto al cingolato fermo. Scena che sarebbe stata impossibile a Tienanmen. m.a.