Redistribuzione fra i Paesi Ue di almeno 5-10mila migranti ogni anno, ma su base volontaria, e aiuti a carico di chi sceglie di non accogliere. Per ora si tratta dell’idea contenuta in un documento interlocutorio che circola fra le capitali e sulla base del quale si misurano le reazioni dei Ventisette.
Ma l’obiettivo della Repubblica Ceca, che fino a fine anno ha il timone della presidenza di turno del Consiglio dell’Ue, è rompere lo stallo sul dossier migrazione. E trovare un compromesso, dopo tanti tentativi andati a vuoto, per mettere a punto il primo pilastro di quella strategia comune «per la gestione degli sbarchi e delle rotte migratorie», evocata ieri dal vicepremier Antonio Tajani in un’intervista con Il Mattino.
Secondo la versione della bozza circolata tra le delegazioni nazionali, gli Stati Ue sarebbero chiamati ad aderire allo schema dei ricollocamenti su base non obbligatoria (come avanzato a più riprese, senza successo), ma volontaria, accettando cioè di redistribuire un minimo tra 5mila e 10mila migranti su base annuale. Il numero, messo nero su bianco per calibrare le intenzioni dei governi potrebbe essere aumentato a discrezione della Commissione, sulla base delle esigenze concrete in relazione agli arrivi. Per chi non volesse accogliere i richiedenti asilo, l’alternativa offerta dal pacchetto sarebbe il pagamento di un contributo finanziario ai Paesi di primo ingresso. Una “solidarietà flessibile” voluta dalla presidenza ceca che lascia a ciascun governo la possibilità di decidere. Si tratterebbe di istituzionalizzare la soluzione fatta di accoglimento volontario/aiuto monetario presentata a giugno, durante le ultime battute della presidenza di turno francese del Consiglio, e sottoscritta in una dichiarazione congiunta da 21 Stati (18 Paesi Ue, tra cui Francia e Germania, e tre extra-Ue ma all’interno dello spazio Schengen). Il proposito, aveva spiegato la Commissione, è «fare le prove» in vista della revisione delle regole Ue e dell’adozione del Patto, che la Spagna punta ad approvare nel suo semestre, nella seconda metà del 2023, appena prima del rinnovo dell’Europarlamento e dell’avvento di una presidenza ostica come l’ungherese. E proprio il presidente ungherese Viktor Orban ieri, su Twitter, ha ringraziato la premier: «Finalmente! Dobbiamo un grande ringraziamento a Giorgia Meloni e al nuovo governo italiano per aver protetto i confini dell’Europa».