Kofi Annan tra luci e ombre: successi e fallimenti del mediatore dei conflitti mondiali

Kofi Annan tra luci e ombre: successi e fallimenti del mediatore dei conflitti mondiali
di Erminia Voccia
Domenica 19 Agosto 2018, 22:49 - Ultimo agg. 20 Agosto, 09:11
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Mani grandi, dita lunghe, stile elegante e composto, Kofi Annan ha sempre preferito la cautela allo scontro. Primo diplomatico venuto dall'Africa sub-sahariana a ricoprire la carica di Segretario generale delle Nazioni Unite e Premio Nobel per la Pace, Annan ha dedicato la sua vita all'organizzazione fondata a San Francisco nel 1945. Il suo ricordo è legato in maniera indissolubile ai conflitti più gravi scoppiati tra il XX e XXI secolo. «Sono un ostinato ottimista, sono nato ottimista e resterò ottimista», così ad aprile si definiva in un'intervista per l'emittente britannica Bbc. La speranza infatti è stata la cifra della sua carriera, l'umiltà, invece, la dote principale del suo carattere.

«Kofi Annan era le Nazioni Unite», ha affermato l'attuale Segretario generale Antonio Gutierres e forse nessuna frase definisce meglio il contributo del ghanese all'organizzazione. Nel 1997, appena eletto, lanciò la sua prima riforma del sistema Onu, con lo scopo di migliorarne la gestione e puntando a una maggiore difesa dei diritti umani e a un impegno più deciso a favore delle peacekeeping operations, le operazioni di mantenimento della pace. Nel 2002, in coincidenza dell'inizio del suo secondo mandato, Annan annunciò un secondo piano di riforme che avrebbe migliorato il coordinamento tra le diverse agenzie Onu e avrebbe dato particolare impulso al lavoro delle sue istituzioni. Nel 2005 sostenne la proposta di allargare il Consiglio di Sicurezza, ancora oggi vittima del veto incrociato dei membri permanenti che bloccano l'azione a tutela della pace mondiale.

Il maggiore merito di Kofi Annan è però aver elevato la lotta all'HIV a questione globale e aver istituito un fondo per combattere il virus. Annan si è speso moltissimo anche per sradicare la povertà e ha avuto un'attenzione particolare al continente africano, attenzione che non è terminata con la fine del mandato di Segretario generale. Nel 2008 condusse con successo i negoziati sulla fine delle violenze in Kenya seguite alle elezioni, evitando che il Paese precipitasse nel caos.
 


La carriera di Kofi Annan non è stata solo luci ma anche ombre. Tra i suoi insuccessi legati al periodo in cui era a capo delle missioni di peacekeeping c'è sicuramente non essere riuscito ad evitare il genocidio di 800 mila persone in Ruanda nel 1994 e la strage di 8 mila musulmani bosniaci a Srebrenica avvenuta l'anno successivo per mano delle forze armate serbo bosniache. A distanza di anni Annan riconobbe il fallimento in Ruanda e si difese affermando che l'Onu all'epoca non aveva né mandato legale né gli equipaggiamenti adatti per intervenire. Tuttavia, durante nel discorso tenuto in occasione del decimo anniversario del massacro, ammise pubblicamente che i governi, le Nazioni Unite, e i media avevano gli strumenti per capire cosa sarebbe avvenuto e avrebbero dovuto fare di più per prevenire la strage. «La comunità internazionale è responsabile di negligenza – disse Annan - io ho creduto di fare del mio meglio. Ma, dopo il genocidio, ho capito che avrei potuto e dovuto fare di più per intercettare l'allarme e per radunare supporto. Questo ricordo doloroso, insieme a quello della Bosnia ed Erzegovina, ha influenzato il mio pensiero e le mie azioni da Segretario generale». Nel febbraio del 2012 Annan assunse l'incarico di inviato speciale dell'Onu in Siria, incarico che lasciò alcuni mesi dopo in seguito al fallimento del piano in sei punti che avrebbe dovuto portare a un cessate il fuoco.

L'azione di mediatore di Kofi Annan è proseguita anche in Myanmar, Paese del Sudest asiatico dove non si sono mai spente le speranze che le raccomandazioni dell'ex segretario Onu possano risolvere la crisi dei Rohingya. Nel 2016 il consigliere di Stato e leader della Lega Nazionale per la Democrazia Aung San Suu Kyi ha chiesto il suo intervento per risolvere la crisi in atto nello stato del Rakhine, dove la minoranza musulmana dei Rohingya è vittima di continue persecuzioni e abusi. Annan, l'unico esperto straniero ad essere consultato sulle violenze scoppiate nel 2012, ha guidato una commissione indipendente che ha analizzato attentamente la situazione. Il rapporto finale del 2017, costituito da 88 raccomandazioni, è stato subito accolto con favore da Suu Kyi e prevede un piano d'azione per la riconciliazione e lo sviluppo regionale del Rakhine, la sistemazione in nuovi alloggi dei Rohingya i cui villaggi sono stati date alle fiamme e un sistema di verifica della cittadinanza che permetterebbe il loro ritorno in patria.
 

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