Dopo la batosta elettorale a Berlino e la "promessa" che non si ripeterà ciò che successo nel 2015, Merkel ribadisce il nuovo corso anche al di là dei confini nazionali. «Il nostro obiettivo deve essere quello di fermare per quanto possibile l'immigrazione illegale» fuori dall'Ue, ha detto la cancelliera assicurando a Italia e Grecia ulteriori aiuti e rispondendo, un pò in filigrana, a Matteo Renzi che ieri in un'intervista al Washington Post aveva ribadito che «l'Europa deve investire in Africa» e sottolineato la mancanza di una «visione» da parte Ue che ha bisogno di una «strategia per i prossimi dieci anni». «È necessario - ha aggiunto appunto Merkel - fare accordi con i Paesi terzi, specialmente in Africa ma anche con Pakistan e Afghanistan...in modo che sia chiaro che coloro che non hanno il diritto di stare in Europa possano tornare nei loro Paesi». A sostenere la necessità di «riprendere il controllo dei confini esterni» dell'Unione è anche il cancelliere austriaco Christian Kern, sulla linea del presidente del Consiglio europeo Donald Tusk che spinge sul bisogno di certezze. E di una in particolare: «che i Balcani occidentali rimangano chiusi all'immigrazione illegale».
Anche se i leader dei Paesi in questione non sembrano fidarsi delle assicurazioni ricevute.
Non è soddisfatto del vertice di Vienna, privo di decisioni concrete, il premier serbo Aleksandar Vucic che critica anche la mancanza di una posizione unitaria dell'Europa. E anche se - guardando al grande sponsor dei muri, il premier ungherese Viktor Orban - Vucic ha ribadito che Belgrado non innalzerà barriere, ha precisato che in caso di una nuova crisi acuta sarà costretto ad adottare «determinate misure per difendere i suoi interessi nazionali». Intanto Francois Hollande cerca di disinnescare la mina Calais rispondendo alle critiche della destra che aveva evocato il rischio della moltiplicazione in tutto il Paese di 'mini-Calais'. «La Francia non sarà un Paese di campi» profughi, ha detto il presidente, annunciando di volere chiudere interamente la cosiddetta 'Giunglà ripartendo i novemila migranti nei 140 centri di accoglienza temporanea realizzati in 80 dipartimenti dove potranno fare richiesta d'asilo. Per coloro a cui non verrà concesso, scatterà il rimpatrio.