L'ambasciatore italiano Della Seta: «Seul e il paradosso della tranquillità»

L'ambasciatore italiano Della Seta: «Seul e il paradosso della tranquillità»
di Luca Marfé
Venerdì 15 Settembre 2017, 20:18 - Ultimo agg. 21:18
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NEW YORK - Alla vigilia dell’inizio dei lavori dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, la Corea del Nord fa tremare le mura del Palazzo di Vetro. Tra missili, esercitazioni, proclami e minacce, Pyongyang tiene con il fiato sospeso il mondo intero. Di tanto in tanto, poi, sono le parole di fuoco di Donald Trump a rincarare toni e tensioni al punto da lasciar presagire imminenti scenari di fuoco. Tutti temono che possa accadere qualcosa da un momento all’altro. Tutti tranne i vicini della Corea del Sud. A Seul, infatti, la vita e la quotidianità continuano a scorrere di pari passo e serene. A spiegare questa sorta di “paradosso della tranquillità”, l’ambasciatore Marco della Seta. Diplomatico esperto, a capo della missione italiana già dalla fine del 2014, riveste con saggezza il delicato ruolo di rappresentare l’Italia non soltanto nel Sud filoccidentale, ma anche nella Repubblica Democratica Popolare di Corea. Quella che per tutti, cioè, altro non è che la Corea del Nord.



Ambasciatore, qual è in questo momento la situazione a Seul?

Sorprendentemente la situazione in Corea del Sud offre un'immagine “business as usual”. La vita quotidiana continua come prima e le attività economiche e di svago non sembrano toccate dagli eventi. Le Autorità locali non hanno emesso alcun avviso, nemmeno di carattere precauzionale. Occorre quindi sottolineare che, al di là dei commenti dei media, la tensione non è percepita a Seul o altrove in Corea del Sud.

Alcune aziende hanno sospeso le loro attività e stanno rimpatriando il personale per evidenti ragioni di sicurezza. Le risulta? Ha avuto contatti nelle ultime ore con realtà italiane che si stanno muovendo in questa direzione? Quali, eventualmente, le preoccupazioni che le hanno espresso?

All’Ambasciata risulta che vi sia stata soltanto una azienda italiana presente in Corea del Sud che abbia rimpatriato il proprio, peraltro unico, rappresentante italiano presente in loco. Si è trattato apparentemente di una anticipazione di una decisione già presa da tempo. L’Ambasciata è in costante contatto con le realtà economiche italiane nel Paese e non ci risulta, al momento, che vi siano altre aziende italiane che abbiano preso una decisione simile.

Per le strade di Seul la vita sembra scorrere in maniera piuttosto tranquilla. Sono i sudcoreani ad essere addirittura “eccessivamente” abituati allo scomodo vicino di casa o è dall’estero che c’è una sorta di tendenza ad ingigantire la questione?

Ho già risposto sulla sensazione che si vive in Corea del Sud e, a tal proposito, confermo la sua analisi. Ritengo che nella popolazione vi sia un fenomeno di abitudine alla minaccia del vicino nordcoreano, che peraltro ha effettuato il primo test nucleare già nel 2006. So che la stampa internazionale, non solo quella italiana, ha dato risalto alle tensioni dopo gli ultimi test e mi sembra una reazione assolutamente naturale, che riflette del resto il preoccupante avanzamento del programma nucleare e missilistico nordcoreano. È importante, però, che i corrispondenti esteri vengano in Corea del Sud per farsi un’idea sul posto più completa e diretta di tutti i diversi aspetti della situazione.

Come viene percepita la Cina dal popolo sudcoreano? Come indispensabile nella gestione o addirittura nella soluzione di questa vicenda o viceversa con sospetto?

I rapporti tra Cina e Corea del Sud hanno radici storiche profonde. Vi è in questo Paese la piena coscienza che Pechino è uno dei protagonisti necessari nella gestione della crisi. Seul ha anche consapevolezza che la Cina è un imprescindibile partner economico.

E gli Stati Uniti? Per quanto fedeli alleati, non sono mancate critiche e scintille con Trump. Si è assistito, inoltre, a manifestazioni di protesta a sud di Seul per lo schieramento di ulteriori installazioni missilistiche a stelle e strisce.

La messa in opera del sistema difensivo sta proseguendo, in accordo tra Corea del Sud e USA. Del resto, la prima visita del neo-eletto Presidente Moon Jae-in è stata proprio a Washington. I rapporti sono, quindi, di strettissima alleanza, che in alcun modo viene rimessa in discussione.

L’Italia è uno dei pochi interlocutori che di fatto vanta un canale aperto con Pyongyang. Al di là delle sortite del senatore Razzi, è possibile aspirare ad nostro ruolo politico-diplomatico nel quadro di una soluzione pacifica di queste tensioni?

L’Italia è stata il primo dei Paesi G7 a stabilire relazioni diplomatiche con Pyongyang e oggi quasi la totalità dei Paesi europei intrattiene rapporti diplomatici con la Corea del Nord, molti con Ambasciate presenti nella Capitale nordcoreana. È importante che la Comunità internazionale si mostri compatta a difesa della legalità e delle norme internazionali, in considerazione della serietà della sfida posta dal programma nucleare e missilistico nordcoreano alla pace ed alla sicurezza internazionali, nonché al regime di non proliferazione. 

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