L'imam maestro dei terroristi: pedina di una rete internazionale

L'imam maestro dei terroristi: pedina di una rete internazionale
di Paola Del Vecchio
Lunedì 21 Agosto 2017, 10:20
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Le sue preghiere nella moschea di Ripoll proclamavano un islam moderato. Ma Abdelbaki Es Satty non solo avrebbe avuto un ruolo chiave nella deriva radicale dei dodici giovani marocchini della cellula che ha portato il terrore al cuore di Barcellona. Sulla sua fedina penale c'è solo una precedente condanna per traffico di droga.

Tuttavia, scavando nel recente passato dell'iman emerge una ragnatela che lo collega a personaggi coinvolti in alcuni dei peggiori attentati di matrice islamica: le stragi dell'11 marzo ad Atocha e, un anno prima, nel 2003, l'attacco suicida alla base di Nasiryah, in Irak, che provocò 19 morti fra i carabinieri, 9 fra i militari iracheni. Colpisce che, nonostante la trama di relazioni pericolose, l'imam non fosse sotto il radar dell'antiterrorismo.

Dal 2015 Es Satty, descritto come un uomo solitario, riservato e di poche parole, era imam della moschea di Ripoll, incarico che aveva abbandonato due mesi fa, dopo aver annunciato alla comunità Annour, una delle due moschee della cittadina di 10mila abitanti, la sua intenzione di ritornare in Marocco, dove l'aspettavano la moglie e i suoi 9 figli. Negli ultimi due anni, il leader religioso si era assentato durante alcuni periodi per viaggiare in Belgio e in Francia. E quegli spostamenti, i contatti avuti all'estero sono ora al centro delle indagini dei Mossos d'Esquadra.

Fonti investigative citate da El Periodico ricordano che Il nome di Abdelbaki Es Satty figurava già nell'operazione Chacal, sciacallo, una delle retate compiute all'indomani degli attentati di Madrid del 2004 contro presunti reclutatori di soldati della jihad, per inviarli alle zone di conflitto. Fu quando i suoi documenti di identità furono ritrovati in casa di Mohamed Mrabet Fhasi, un macellaio di Vilanova i Geltrú (in provincia di Barcellona), condannato in primo grado dall'Audiencia Nacional e poi assolto in appello, per aver arruolato terroristi. Fra questi, Belil Belgacem, il martire della jihad che, dopo aver raggiunto l'Irak, si suicidò per compiere la strage contro la base italiana di Nasiryah.

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