Guerra Israele, Mario Burgani napoletano a Gerusalemme: «La nostra vita è nel bunker»

«Siamo stati svegliati dalle esplosioni in cielo, le sirene hanno cominciato a suonare mezzo minuto dopo»

La guerra di Israele
La guerra di Israele
di Giuseppe Crimaldi
Domenica 8 Ottobre 2023, 07:10 - Ultimo agg. 12:25
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«Sa per noi quanto è lontano il confine che separa la vita alla morte? Novanta secondi, un minuto e mezzo. E siamo anche fortunati: perché chi vive più a sud, da quando inizia a suonare la sirena d'allarme a quando il missile centra il bersaglio passano 15-30 secondi, al massimo». Mario Burgani è nato a Napoli 45 anni fa, ma nel 2011 ha deciso di seguire sua moglie Miri in Israele. Padre di quattro figli (Digli Noa, 19 anni, Anna, 17, Daniele, 11 ed Emma, 4), lavora come sales development per una importante società finanziaria israeliana.

Per lui e la sua famiglia, quello di ieri resta un giorno che difficilmente potrà essere dimenticato.

I missili sulla cittadina in cui abita, Har Adar, sono piovuti giù ancor prima che quella maledetta sirena cominciasse a squarciare il silenzio di un'alba di sangue.

Che cosa avete sentito?
«A svegliarci sono state diverse esplosioni in cielo, provenienti da zone limitrofe a quella in cui abitiamo. Tutte non precedute dalle sirene, il cui suono è iniziato solo mezzo minuto dopo. E poi altre esplosioni».

In che zona vive con la sua famiglia?
«A nordovest da Gerusalemme, in cima a una collina con la base Abu Gosh, non lontano da Kiriat Anavim e da Maale Hamisha. Finora qui non sapevamo che cosa fossero i missili di Gaza, anche perché nel nostro insediamento convive una popolazione mista araba ed ebraica. Come dicevo, il tempo massimo per correre nei rifugi, da quando inizia a suonare l'allarme, per noi è massimo di un minuto e mezzo: e dunque possiamo anche dirci più fortunati di chi vive ai confini con Gaza, a Sderot o ad Ashqelon, perché lì devi riuscire a salvarti in meno di trenta secondi».

E che cosa avete fatto al primo allarme?
«Sentivamo il sibilo delle nostre difese antimissile e i colpi che centravano i razzi lanciati da Gaza. Ma abbiamo percepito distintamente alcune esplosioni, segno che quei razzi erano sfuggiti anche all'Iron Dome (il sistema di difesa israeliano, nda). Quindi abbiamo deciso di correre nel bunker».

È da lì che mi sta parlando in questo momento?
«Sì, siamo tutti qui adesso, e sono trascorse già otto ore».

E che cosa sentite dal rifugio?
«Si avvertono colpi di semiautomatica provenienti dal confine. Per fortuna regge ancora la rete internet e possiamo comunicare: Adesso le esplosioni sono terminate».

Come ha attrezzato il bunker?
«Con riserve di acqua, cibo e tre materassi. Dormiremo qui, perché non sappiamo ancora bene che cosa sta accadendo fuori. Leggo su alcune chat che ci sono tante altre persone radunate nei rifugi, molti lanciano sos perché sembra che i missili caduti abbiano dato fuoco e distrutto le case. Chiedono aiuto, non sanno cosa fare. Per il momento quello che conta è agire. L'esercito deve ripristinare la sicurezza e noi, come Paese, dobbiamo rispondere uniti alla minaccia terroristica».

La sua bimba più piccola come sta?
«Abbiamo naturalmente cercato di sdrammatizzare, di non accentuare la sua paura. Ora è qui che gioca con la sua bambolina».

Che cosa sa di ciò che sta succedendo nel sud del Paese?
«Leggo di situazioni drammatiche, di ostaggi deportati a Gaza, di giovani militari massacrati. Adesso pare che a Hofakim, nella parte meridionale di Israele, siano in atto sparatorie e rapimenti di civili; e che gli israeliani già presi in ostaggio, tra cui anche donne e bambini, siano stati già condotti a Gaza per essere usati come scudi umani su obiettivi sensibili. Terribile».

Ora si discute del calo di attenzione su un punto nevralgico per Israele: quello della sicurezza ai confini. Eppure le parole effetto sorpresa non rientrano nel lessico della difesa israeliana. Che cosa è accaduto?
«Oggi 150-200 terroristi sono riusciti a penetrare in Israele, facendo strage e prendendo in ostaggio decine di civili inermi. Nel 1973 abbiamo combattuto contro il più grande esercito del Medio Oriente senza nessun ostaggio civile. Ma di questo ci sarà tempo per parlare. Ora dobbiamo concentrarci solo sulla difesa dei nostri territori. Israele è una grande nazione, e anche questa volta prevarrà sui nemici». 

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