Gran Bretagna, la premier May:
«Via alla Brexit entro marzo 2017»

Gran Bretagna, la premier May: «Via alla Brexit entro marzo 2017»
Domenica 2 Ottobre 2016, 12:25 - Ultimo agg. 3 Ottobre, 15:17
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Theresa May avvierà formalmente il processo della Brexit entro la fine del mese di marzo 2017. Ad annunciarlo alla BBC è stata la stessa premier britannica. May, si legge sul sito della Bbc, ha confermato la scadenza entro la quale ricorrerà all'articolo 50 del Trattato di Lisbona, che apre i due anni di processo negoziale.

 «Come sapete, ho detto che non avrei fatto scattare l'articolo 50 prima della fine di quest'anno in modo tale da avviare alcuni preparativi», ha affermato la premier Theresa May nel corso del BBC's Andrew Marr Show. «Comunque sì», ha confermato: «Dirò nel corso del mio intervento oggi al congresso conservatore a Birmingham che faremo scattare l'articolo 50 prima della fine del mese di marzo del prossimo anno».  E, come annunciato, nel pomeriggio ha aggiunto:
«Brexit significa Brexit. Alcuni politici eletti democraticamente sostengono che dovrebbe esserci un secondo referendum. Altri affermano che non sono contenti del risultato e che intendono ricorrere in tribunale. Suvvia. Brexit vuol dire Brexit e ne faremo un successo».

«I diritti esistenti dei lavoratori europei» residenti in Gran Bretagna saranno «garantiti in pieno» anche dopo la Brexit. Lo slogan è «un Paese che funzioni per tutti». Tali diritti, ha insistito May, sono al riparo «almeno finchè io sarò primo ministro».

La May poi annuncia ufficialmente un «Great Repeal Bill» (una Legge per la Grande Abrogazione) per cancellare l'European Communities Act del 1972, attraverso il quale la Gran Bretagna recepì la legislazione comunitaria, e avviare di fatto la trasformazione di tutte le leggi europee in leggi nazionali in modo che il parlamento di Westminster possa poi confermarle o annullarle a piacimento, a Brexit attuata. La legge «sarà inserita nel prossimo Discorso della Regina» al parlamento (Queen's Speech), ha quindi confermato la premier britannica alla Conferenza annuale Tory. «Le nostre leggi saranno fatte a Westminster e non a Bruxelles, e saranno interpretate dai nostri giudici a Londra e non a Lussemburgo», ha tuonato infine May fra gli applausi dei delegati del Partito Conservatore.


«L'articolo 50 del Trattato di Lisbona per l'avvio della procedura di divorzio comporta un atto di competenza esclusiva del governo» ha detto ancora la premier denunciando come un tentativo di piegare la democrazia la pretesa di un voto preventivo della Camera dei Comuni e di quella dei Lord invocato da alcuni esponenti anti-Brexit. Il governo vi si opporrà per via legale se necessario, ha sottolineato May. La premier ha poi aggiunto di volere «il migliore accordo possibile» con il resto d'Europa, conservando e consolidando la cooperazione per la sicurezza e cercando intese sul «libero commercio», ma ha ribadito con chiarezza, e alzando la voce, che la Gran Bretagna non esca dall'Unione Europea per «dare indietro controllo dell'immigrazione» a Bruxelles.


LA SCHEDA
Tutti gli Stati membri dell'Unione Europea hanno infatti il diritto di abbandonarla, come ha deciso di fare la Gran Bretagna con il referendum. Finora non era mai successo, anche se la Groenlandia, membro autonomo del Regno di Danimarca, ha lasciato la Comunità Economica Europea, il predecessore dell'Ue, nel 1985, dopo aver ottenuto l'autogoverno, in disaccordo con la regolamentazione Ue in materia di pesca e con il bando dei prodotti in pelle di foca. Anche l'Algeria è uscita nel 1962, dopo essersi liberata dal dominio coloniale francese. Nel 1975 il Regno Unito tenne un altro referendum per decidere se ritirarsi dalla Cee, in cui era entrata due anni prima sotto il governo Tory guidato da Edward Heath: allora vinse il fronte del 'Remain'.

A regolare la materia è l'articolo 50 del Trattato sull'Unione Europea, una delle due parti del Trattato di Lisbona del 2007, quello che ha creato l'Ue, sostituendo il trattato costituzionale bocciato dagli elettori francesi e olandesi nel 2005. «Qualsiasi Stato membro può decidere, conformemente alle proprie norme costituzionali, di recedere dall'Unione», recita il primo comma. «Lo Stato membro che decide di recedere notifica tale intenzione al Consiglio Europeo -si legge ancora- Alla luce degli orientamenti formulati dal Consiglio Europeo, l'Unione negozia e conclude con tale Stato un accordo volto a definire le modalità del recesso, tenendo conto del quadro delle future relazioni con l'Ue». «L'accordo - prevede poi il trattato - è concluso a nome dell'Unione dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata, previa approvazione al Parlamento Europeo. I trattati cessano di essere applicabili allo Stato interessato a decorrere dalla data di entrata in vigore dell'accordo di recesso o, in mancanza di tale accordo, due anni dopo la notifica, salvo che il Consiglio Europeo, d'intesa con lo Stato membro interessato, decida all'unanimità di prorogare tale termine».

I due anni valgono come limite per stabilire le modalità di recesso dall'Ue, e non per rinegoziare i rapporti con l'Unione, cosa questa che potrebbe richiedere anni (le stime variano da cinque fino a nove-dieci).
Naturalmente, lo Stato che recede «non partecipa né alle deliberazioni né alle decisioni del Consiglio Europeo e del Consiglio che lo riguardano». La 'secessionè dall'Ue è definitiva, tanto che, se lo Stato ex Ue dovesse decidere di aderire di nuovo, dovrebbe ripercorrere tutta la procedura prevista dall'articolo 49: il Paese fa domanda, il Parlamento Europeo e i Parlamenti nazionali dell'Ue ne vengono informati; lo Stato trasmette domanda al Consiglio, «che si pronuncia all'unanimità, previa consultazione della Commissione e previa approvazione del Parlamento Europeo, che si pronuncia a maggioranza dei membri che lo compongono». L'accordo di adesione deve poi essere ratificato da tutti gli Stati membri, secondo le rispettive norme costituzionali. 
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