Gilet gialli, la resa di Macron: «Ho commesso errori», e pensa di silurare il premier

Gilet gialli, la resa di Macron: «Ho commesso errori», e pensa di silurare il premier
di Francesca Pierantozzi
Domenica 9 Dicembre 2018, 14:30 - Ultimo agg. 10 Dicembre, 09:58
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PARIGI - Emmanuel Macron prepara la risposta. Dopo i quattro atti della rivolta, i quattro sabati che hanno portato la rabbia dei gilets jaunes a Parigi, adesso tocca a lui. Parlerà ai francesi all'inizio della settimana forse già domani.

Ieri il presidente è rimasto all'Eliseo, in un quartiere blindato. Nell'ultima settimana ha annullato quasi tutti gli impegni ma venerdì sera ha incontrato dei sindaci, quello di Saint-Germain An Laje, Arnaud Pericard, ha raccontato di un presidente agguerrito anche nell'autocritica: «Limitare la velocità a 80 km sulle strade secondarie è stata una cavolata», avrebbe detto Macron. Insomma il presidente è a una svolta del suo mandato, e lo sa.

Non basteranno le parole che pure sa usare molto bene non basterà più dire mantengo la rotta, perché la rotta si dovrà cambiare. Se potrà affidare l'annuncio di misure concrete (su potere d'acquisto, salari, servizi pubblici) al risultato dei tavoli di concertazione locale che cominceranno sabato prossimo in tutto il paese, dovrà però curare le ferite che si sono aperte, riannodare una forma di dialogo con i francesi. Più delle accise sui carburanti, è il suo disprezzo che non gli perdonano.

Aver parlato della «gente che non è niente», dei «galli refrattari alle riforme». «Ça fait mal au coeur», «Ci ha fatto soffrire», «ci ha offesi» hanno ripetuto in tanti sulle piazze, alle rotatorie, ai blocchi sulle strade. È questo tono nuovo, prima ancora della svolta social-democratica che tutti gli consigliano, che Macron dovrà trovare.

«È lucido sulla situazione» ha detto il presidente dell'Assemblée Nationale Richard Ferrand, che fu uno dei primi a sostenere la sua avventura quando nessuno credeva che potesse arrivare all'Eliseo. È abituato a smentire i pronostici Macron.
 


Oggi, 18 mesi dopo una vittoria che molti definirono una rivoluzione, dovrà smentire chi lo dà per finito. Dovrà smentire anche un pezzo grosso di Francia che da un mese fa tremare le istituzioni urlando un solo slogan: Ma-cron Dimission!. Le istituzioni lo proteggono. Nessun record d'impopolarità può costringere un presidente francese a dimettersi. Potrebbe invece sacrificare è pratica corrente nella storia Quinta Repubblica il primo ministro. definito «il fusibile della Repubblica». Edouard Philippe potrebbe essere il fusibile perfetto: troppo di destra, troppo tecnocratico, troppo rigido. E' stato lui a ritardare le concessioni sull'aumento delle tasse sui carburanti.

Macron non ama però adattarsi alle pratiche del passato né lasciarsi imporre i tempi: ha evitato di parlare ai francesi con la pistola alla tempia delle violenze, difficilmente cambierà governo per rispondere a chi gli chiede di cambiare presidente.
Ma se rimpasto dovrà esserci, dovrà scattare entro febbraio, prima delle europee. «Macron ora deve decidere come usare la sua energia ha detto un suo consigliere a le Monde è il suo kairos, il momento della svolta».

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