Gentiloni vola a Washington da Trump: prove di ripartenza tra Italia e Usa

Gentiloni vola a Washington da Trump: prove di ripartenza tra Italia e Usa
di Luca Marfé
Mercoledì 19 Aprile 2017, 21:44 - Ultimo agg. 21:45
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NEW YORK - Diplomazia italiana in fermento e Paolo Gentiloni in arrivo a Washington. Il primo incontro ufficiale con Donald Trump va in scena tra le mura della “nuova” Casa Bianca ed è facile immaginare delle atmosfere assai diverse rispetto a quelle che avevano caratterizzato l’ultima visita di Stato dell’allora premier Matteo Renzi alla corte di Barack Obama.

Alla vigilia del primo faccia a faccia tra Italia e Stati Uniti, infatti, le ragioni di potenziale imbarazzo sono molteplici.

Tanto per cominciare, nell’era della comunicazione digitale, ci aveva pensato proprio Renzi a gettare le basi per delle relazioni tese con la nuova amministrazione a stelle e strisce. Trump e i suoi, a detta di persone molto vicine all’entourage del presidente, non dimenticano lo smacco di quel lungo post su Facebook, vero e proprio endorsement per Hillary Clinton, che il leader del Pd aveva chiuso citando Monicelli con un discusso e discutibile «speriamo che sia femmina». Un messaggio che di fatto ha già avuto delle ripercussioni, se non in termini politico-diplomatici, in chiave simpatia/antipatia nei confronti degli italiani residenti o comunque operativi in America, tra cui in special modo gli imprenditori.

E proprio il versante delle imprese, e in particolare dell’import-export, potrebbe rappresentare un altro fronte piuttosto caldo dell’incontro. Perché nel tentativo di raddrizzare la bilancia commerciale statunitense e parlando apertamente di dazi, soltanto pochi giorni fa Trump non ha mancato di citare la Vespa e la San Pellegrino puntando il dito contro i prodotti da arginare perché accusati di aver invaso il mercato americano in maniera sleale.

Ma la vera partita, come spesso accade a certi livelli, ruota attorno alla politica estera. In attesa del G7 di Taormina in agenda a fine maggio, infatti, è proprio sul terreno a lui più congeniale che Gentiloni si gioca tutto. Il Primo premier italiano è chiamato a sfruttare al meglio, dunque, la sua esperienza e il suo alto senso della diplomazia per riallacciare dei rapporti solidi con l’alleato storico, sganciandosi in termini di immagine dall’operato del suo predecessore. Nello specifico, i temi bollenti sono l’immigrazione e, ovviamente, le recenti tensioni internazionali che la Casa Bianca è riuscita a sparpagliare su ben tre fronti: Siria, Afghanistan e Corea del Nord.

L’ex titolare della Farnesina punta a convincere Trump della bontà delle sue tesi in fatto di accoglienza e solidarietà, probabilmente sfruttando l’occasione per far arrivare ancora una volta una voce a quell’Europa apparentemente sorda alle richieste italiane. Compito non facile dinanzi al presidente dei muri e delle barriere che pare stia addirittura studiando un nuovo impianto di visti per i turisti in arrivo dal Vecchio Continente.

Sulla Siria, però, Gentiloni si era speso immediatamente con parole chiare e di supporto nitido, definendo la pioggia di missili Tomahawk come una «risposta motivata a un crimine di guerra». Affermazione che potrebbe rappresentare il primo tassello del nuovo mosaico italo-americano. Un impegno che, tuttavia, potrebbe spingere il tycoon ad alzare il tiro in termini di richieste, in generale sulle spese militari del governo di Roma (che gli Stati Uniti vorrebbero al 2% del Pil) e nello specifico su fronti quali l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia. Aspetti spinosi per sviluppare i quali sarebbe necessario più che raddoppiare l’attuale sforzo economico. Un balzo che, ad oggi, l’Italia evidentemente non si può permettere.

Eppure da qualche parte ci si dovrà pur incontrare, per due Paesi che hanno necessità di tornare a parlarsi con maggiore disinvoltura, tra strette di mano e sorrisi.

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