Gentiloni, il premier gentleman che conquista la New York University

Gentiloni, il premier gentleman che conquista la New York University
di Luca Marfé
Mercoledì 20 Settembre 2017, 20:21 - Ultimo agg. 22:23
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NEW YORK - «È di buone maniere. Non urla e non compiace le persone a tutti i costi». Così il direttore della Casa Italiana Stefano Albertini presenta Paolo Gentiloni. Il presidente del Consiglio incontra una piccola folla tra le mura della New York University, in un dibattito intitolato “Riformare l’Italia in un mondo che cambia”.

A Manhattan piove a dirotto, ma l’evento fa registrare il tutto esaurito. Il premier italiano, soprattutto a queste latitudini, si presenta come una grossa eccezione nell’ambito di una politica sempre più abituata a “strillare”. Il suo fare pacato e riflessivo fa calare in sala un silenzio surreale. L'intervento, in un inglese impeccabile, dura poco meno di venti minuti. I temi toccati sono tanti: la geopolitica in generale, l’Europa, Brexit, l’Africa. C’è spazio però anche per i sentimenti. Per quella “nostalgia”, che cita più volte, di un passato politico e non solo che indica come fenomeno al tempo stesso positivo e negativo. Radici necessarie affiancate dal rischio di una deriva populista.

Poi il suo impegno in una battuta: «Gli sforzi del mio Governo proseguiranno affinché continuino a migliorare le condizioni del nostro Paese».

E infine il momento più rilassato, le domande del pubblico.

Qualcuno gli chiede se esistano delle ragioni valide per un giovane laureato per tornare in Italia. La risposta è in parte seria e in parte esilarante: «L’Italia è il Paese dove si vive meglio e più a lungo. Mi sembra un ottimo motivo per rientrare, no? Esiste forse un motivo più importante?», e sorride. Poi torna serio: «A parte la battuta, che ha comunque un fondamento scientifico, mi preme ricordare il livello di eccellenza delle università italiane, dove molti studenti stranieri vengono a formarsi. Stiamo cercando di lavorare affinché si possa attrarli ancora di più». E sottolinea “ancora” per evidenziare che, di fatto, sta già succedendo.

Grasse risate poi su un aneddoto che descrive alla perfezione l’instabilità dei governi che si sono successi nel tempo in Italia. Un’Italia, tuttavia, fondata su istituzioni che lo stesso presidente del Consiglio definisce «assolutamente solide e funzionanti».

«Quando ho visitato gli uffici del Cancelliere tedesco, ho notato appese ad una parete le immagini dei suoi predecessori. 8 in tutto. Che dire? Noi ne abbiamo forse qualcuna in più».

Attimi di sincero buon umore ed una marcata nota di ottimismo nelle considerazioni del premier: «I temi che abbiamo fronteggiato in questi anni, su tutti le migrazioni, erano e sono davvero seri. Ma il nostro è un Paese con un potenziale straordinario».

Immancabile in chiusura una battuta su Trump: «Il Presidente ha tutto il diritto di difendere gli Stati Uniti in caso di minaccia reale», con evidente riferimento alla crisi nordcoreana e alla roboanti parole pronunciate in Assemblea Generale. «Penso anche, però, che l’approccio multilaterale a problematiche di questo tipo possa essere più efficace».

Niente “strilli”, dunque. Tante strette di mano ed un lunghissimo applauso di gratitudine per il “Gentleman” che ha conquistato la sua New York.


(Il premier Paolo Gentiloni sul palco con il presidente della Casa Italiana Zerilli-Marimò Stefano Albertini)
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