«Dio salvi la Regina»
Elisabetta non lascia

«Dio salvi la Regina» Elisabetta non lascia
di Roberto Bertinetti
Lunedì 21 Agosto 2017, 08:42 - Ultimo agg. 08:45
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Alla vigilia di Ferragosto un tabloid londinese svelava la presunta decisione della regina Elisabetta di farsi da parte nel 2021 per lasciar spazio al figlio. Che non sarebbe diventato re bensì soltanto Reggente, invocando una norma in vigore dal Settecento. Ieri, a beneficio dei sudditi e dell'erede al trono, è arrivata una smentita non ufficiale ma certamente ispirata dall'ufficio stampa della sovrana. «Elisabetta non si dimetterà a favore di Charles», titolava il «Sunday Times» in apertura. L'autorevole domenicale, spesso utilizzato da Buckingham Palace per diffondere notizie certe, ricordava poi ai lettori le parole pronunciate in una intervista radiofonica da Elisabetta durante l'estate del 1952, pochi minuti dopo aver appreso, mentre si trovava in viaggio, la notizia della morte del padre: «Intendo dedicare tutta la vita, per breve o lunga che sia, al mio Paese, assumendomi ogni responsabilità che il destino ha voluto riservarmi».

Novantacinque anni da poco festeggiati, con il consorte Filippo che a causa dell'età ha scelto di rinunciare agli impegni pubblici, Elisabetta rifiuta dunque di imitare il suo precessore Giorgio III, che a inizio Ottocento si vide sostituire da un reggente. Ma in quel caso la scelta del Parlamento fu non evitabile a causa della pazzia del sovrano. Oggi l'eventuale uscita di scena della regina, che gode di ottima salute, potrebbe nuocere alla popolarità dei Windsor. Perché Charles non è amatissimo dagli inglesi e l'imminente anniversario della tragica scomparsa di Diana ha riaperto antiche ferite con un'opinione pubblica che gli attribuisce la responsabilità del fallimento del matrimonio.

Il costante favore di cui Elisabetta gode dalla metà del secolo scorso dimostra che aveva torto l'icastico repubblicano George Bernard Shaw nel sostenere: «Siamo un popolo di ingenui e i Windsor mi sembrano il frutto di allucinazioni collettive». Più lucido nell'analisi si mostrò l'egiziano Farouk affermando che «nel XXI secolo resteranno soltanto cinque re: quelli dei mazzi di carte e l'inquilino di Buckingham Palace». I costituzionalisti dell'Ottocento teorizzavano che la vita dei sovrani «deve essere avvolta nel mistero». La strategia poteva rivelarsi vincente in epoca vittoriana, non certo nella frenetica modernità contemporanea sottomessa al culto dell'immagine. Tranne l'infortunio del 1997, nelle ore successive alla tragica morte a Parigi della principessa Diana - quando resistette a lungo alle pressioni di Blair per mostrarsi addolorata in pubblico -, Elisabetta ha utilizzato sapientemente i media con rigorosa professionalità a partire dalla cerimonia dell'incoronazione (giugno 1953, la prima trasmessa in diretta tv dalla Bbc) e proseguendo con il documentario Bbc Famiglia reale, dedicato ai Windsor che ottenne un enorme seguito di pubblico. Eccellente, sull'effetto che la regina è in grado di suscitare, è il commento di Jeremy Paxman nel volume On Royalty: «Finché la gente potrà vedere la sua mano guantata che saluta tra le dorature della carrozza, o risponde dal balcone alla folla assiepata sul Mall davanti a Buckingham Palace si sentirà rassicurata e penserà che tutto va bene per la Gran Bretagna, indipendentemente dalle condizioni reali del paese».

Gli studiosi concordano nel giudicare il compito riservato dalla storia a Elisabetta tra i più difficili toccati in sorte ai monarchi britannici. È stata, infatti, testimone del progressivo ridimensionamento del Regno Unito da centro di un enorme impero a modesta potenza regionale. Ha poi dovuto navigare attraverso innumerevoli disastri pubblici e privati, dovendo sempre celare le proprie emozioni. A volte trovandosi costretta a fronteggiare le sfuriate del marito, sposato il 20 novembre 1947. I coniugi hanno dormito a lungo in stanze separate durante gli anni Sessanta perché Philip «non sopportava l'idea di essere l'unico uomo al mondo che non può dare il proprio cognome ai figli», ovvero a Charles (1948), Anne (1950), Andrew (1960) e Edward (1964). Elisabetta ha sempre interpretato il suo ruolo con una cura che le ha garantito l'affetto dei sudditi.

A dispetto delle norme che le vietano qualunque interferenza nella sfera politica, in qualche circostanza Elisabetta non ha mancato di esercitare l'autorità derivante dal ruolo. Anche con risvolti in qualche circostanza insoliti. Ben noto, ad esempio, è l'episodio di inizio anni Ottanta, quando costrinse l'allora premier Margaret Thatcher, cordialmente detestata perché le rubava la scena, a far ritorno a Downing Street per un veloce cambio di abito dopo che la Lady di ferro si era presentata a una cerimonia indossando un vestito identico al suo. Regole non scritte ma sempre rispettate prescrivono che le signore destinate a comparire a fianco della regina consultino Buckingham Palace per evitare spiacevoli incidenti. A Downing Street a lungo rifiutarono di sottomettersi alla norma. Almeno sino all'incidente ormai entrato nella leggenda. Oltre a Vittoria, nessuno negli ultimi secoli ha saputo interpretare altrettanto bene un ruolo tanto difficile come lei. Diventata regina in virtù dell'abdicazione dello zio e rivelatasi ben presto sovrana con le caratteristiche indispensabili per garantire la stabilità del regno. Anche quando sul trono salirà Charles, nonostante il principe non possieda certo le caratteristiche per farsi amare come la madre.