In Catalogna la sfida finale: Ciutadans modello Macron

In Catalogna la sfida finale: Ciutadans modello Macron
di Paola Del Vecchio
Domenica 17 Dicembre 2017, 11:27 - Ultimo agg. 15:26
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BARCELLONA - «Dobbiamo essere all'altezza del momento storico e guardare al futuro. Se sarò eletta presidente, offrirò ai catalani un progetto di gestione politica pubblica. Dobbiamo essere capaci di governare nel rispetto dell'altro e con buon senso. So che forse non è sexy, ma è quello che più manca in Catalogna e in Spagna». Ines Arrimadas strappa un'ovazione alla platea di orgoglio unionista che affolla il teatro Goya, in una Barcellona sonnecchiante e semideserta di sabato mattina. Con il Nobel Mario Vargas Llosa, l'ex primo ministro francese, barcellonese di nascita, Manuel Valls, e il leader Albert Rivera sul palco, sono venuti a dare man forte alla candidata di Ciutadans, al giro di boa della campagna elettorale più atipica di sempre nella regione commissariata. Giovedì i catalani torneranno alle urne per la quinta volta in quattro anni, con l'ex president destituito Puigdemont e 4 ex membri del govern in esilio volontario in Belgio, e l'ex vicepresidente e leader di Erc, Oriol Junqueras, con i leader dei movimenti indipendentisti e l'ex conseller degli interni detenuti nel carcere di Soto del Real. Si voterà in quello che sarà nei fatti una riedizione del referendum del 1 ottobre.

Giocoforza il meeting si converte in una difesa strenua della Ue, minacciata dai nazionalismi, con Mario Vargas Llosa, che già ad ottobre si era posto alla testa della «controrivoluzione costituzionalista» contro il process indipendentista. «Il giorno in cui Arrimadas sarà presidente della Generalitat, avremo sconfitto il nazionalismo e mostrato l'autentica tradizione democratica, progressista e libertaria della Catalogna», arringa il Nobel peruviano, nazionalizzato spagnolo. Per questo «è vitale che si mostri al mondo che Catalogna non è come l'hanno voluta presentare gli indipendentisti». Un avvertimento simile a quello lanciato da Valls: «Se si frattura la Spagna, si aprirà una breccia a tutti i populismi e ai nazionalismi in Europa», ammonisce il socialista, che appoggia il movimento En Marche di Emmanuel Macron. Con il premier francese che proviene dalla banca Rotschild, Albert Rivera, il Macron spagnolo, condivide non solo l'estetica del bravo ragazzo che ogni suocera vorrebbe per genero e l'orgoglio europeista, ma anche la bandiera del social-liberalismo. «La Brexit - ricorda è una vaccinazione per l'Europa, che dobbiamo rifondare noi stessi, per metterci al riparo dai nazionalismi. L'asse franco-tedesco è fondamentale osserva - ma Spagna e Italia devono esserci, giocare nella Champions, hanno tutte le carte per essere motori dell'Europa».
 
Lo scrutinio di giovedì è cruciale per il futuro politico della Spagna e della Ue, ma in realtà potrebbe non risolvere nulla, perché né il blocco indipendentista né quello unionista conquistano la maggioranza assoluta. Secondo il sondaggio pubblicato da El Periodic di Andorra, proibito dalla legislazione spagnola a 5 giorni dalle urne, con una partecipazione vicina all'80%, Erc resta favorita per la vittoria e Ines Arrimada con Ciutadans la principale competitrice, che prende le distanze anche da Junts per Catalunya di Carles Puigdemont. Si risolverà tutto in un pugno di voti. Le forze indipendentiste sommerebbero fra i 66 e i 69 deputati - a fronte dei 68 della maggioranza assoluta - e un 45,7% dei voti, due punti in meno rispetto alle elezioni del 2015. Tuttavia Ciutadans, che accorcia le distanze con il contagocce, non andrebbe oltre i 28 seggi. Per questo l'avvocatessa nata in Andalusia, catalana di vocazione, con master in gestione amministrativa, si sobbarca giornate fiume di 17 ore, senza quasi dormire e mangiare, per battere i feudi socialisti e drenare il voto centrista. Ma il blocco costituzionalista mantiene le sue posizioni, senza andare oltre i 63 seggi. Per l'Arrimadas resta più difficile se non impossibile - la formazione di coalizioni di governo, che vedono decisiva l'astensione utile dei deputati di Barcelona en Cumú-Podemos. Cosa offrirebbe poi la president, la prima donna alla guida della Generalitat, ai soberanisti nel caso riuscisse a governare? «Innanzitutto rispetto, perché a noi Puigdemont ci insulta e ci invita a lasciare la Catalogna», assicura Ines la guerriera. «In secondo luogo, dire la verità. Puigdemont ha promesso l'indipendenza e ci ha tolto l'autonomia, obbligando all'applicazione dell'articolo 155, che ha commissariato la regione. Agli indipendentisti prometto lo stesso che lui gli ha dato: nulla, perché Puigdemont non ha dato loro né la repubblica né un referendum reale, le sue promesse erano menzogne. In terzo luogo incalza - mi centrerò sulle politiche sociali ed economiche, che sono quelle che ci uniscono». Sta di fatto che perfino la bella Ines è costretta ad ammettere la possibilità, che si fa sempre più strada, di un nuovo ritorno alle urne, nel prossimo giugno, nell'impossibilità di uscire dalla spirale di ingovernabilità della Catalogna.
 

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