Al-Fezzani, bracciante nel casertano
e generale dell'Isis in Libia

Al-Fezzani, bracciante nel casertano e generale dell'Isis in Libia
di Valentino Di Giacomo
Giovedì 7 Settembre 2017, 08:34 - Ultimo agg. 8 Settembre, 12:36
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Ha vissuto per alcuni mesi anche tra Napoli e Caserta facendo il bracciante, oggi sarebbe invece uno dei capi più potenti dell'Isis che sta portando avanti la nuova offensiva dello Stato islamico in Libia con raid e attentati contro gli eserciti di Tripoli e Tobruk. Si tratta di Abu Nassim, conosciuto con il nome di battaglia di Moez al-Fezzani, che prima di diventare uno dei colonnelli del Daesh ha vissuto a per oltre due decenni in Italia. Fezzani, nato a Tripoli, è emigrato dalla Tunisia nel 1988 sbarcando a Genova. Dalla Liguria il terrorista si è poi spostato a Napoli dove ha lavorato per cinque mesi nei campi di Casal di Principe nella raccolta del tabacco dove tornerà più volte nel corso della sua permanenza in Italia.

Il contatto per lavorare da bracciante lo aveva trovato nella zona della stazione ferroviaria di Napoli in un luogo che sapeva essere un punto d'incontro per gli immigrati che cercano un impiego. Si fermò a Caserta fino all'ottobre del 1989, quando si spostò a Milano. È nel capoluogo milanese che probabilmente Fezzani è riuscito ad entrare in contatto con il jihadismo militante frequentando le moschee milanesi già note alle cronache per casi analoghi - di viale Jenner e via Quaranta.

A Milano, Abu Nassim, viene arrestato dalle autorità italiane con l'accusa di far parte di una cellula del Gruppo salafita per la predicazione ed il combattimento che operava in diretto collegamento con un'analoga rete transnazionale. Secondo gli inquirenti Nassim era un reclutatore di foreign fighters, un gruppo di combattenti che dall'Italia dovevano recarsi nei territori di guerra presidiati da al-Qaeda, ma aveva anche organizzato e finanziato il rientro di alcuni mujaheddin a Milano. Per questi motivi Fezzani era rimasto in carcere fino all'assoluzione del 2012 da parte del tribunale di Milano, che lo aveva giudicato «un ideologo non un combattente». Ma dopo la decisione della magistratura, era intervenuto direttamente il ministero dell'Interno per decretarne comunque l'espulsione perché considerato un soggetto pericoloso per la sicurezza nazionale. Soltanto dopo, quando ormai al-Fezzani era lontano dall'Italia, la Corte d'appello milanese aveva ribaltato il primo verdetto.

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