Nasce la prima casa di cura per gli aggressori: «Qui proviamo a rieducarli»

Nasce la prima casa di cura per gli aggressori: «Qui proviamo a rieducarli»
di Giacomo Nicola
Sabato 25 Novembre 2017, 09:01 - Ultimo agg. 11:22
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TORINO La violenza maschile contro le donne vista con gli occhi degli uomini, nel giorno in cui il mondo intero si ferma a riflettere sull'emergenza delle violenze al femminile. Un percorso non per salvare la vittima, ma per educare il carnefice. Opportunity è un progetto unico in Italia, nato in Piemonte grazie al Gruppo Abele, viene finanziato dalla Tavola Valdese. E cambia completamente l'approccio nei casi di violenze.

CAMBIARE
Intanto, non è la donna ad abbandonare la casa con i figli, ma si cerca di convincere l'uomo ad andarsene con l'obiettivo di cambiare. Viene avviato un percorso di riflessione per disinnescare le dinamiche dell'aggressività e controllare rabbia e impulsività fuori dalle mura domestiche. «L'ipotesi guida del progetto - racconta Mauro Melluso, il responsabile - si basa su un presupposto. Che un distacco spazio-temporale dal nucleo aggredito, indipendentemente dalla presenza o meno di una denuncia o di un'imputazione, sia utile ad affrontare l'aggressività». Allontanarsi e fermarsi a riflettere rappresenta insomma il primo passo per ricominciare. Il progetto Opportunity è partito due anni fa e dalla sua nascita ha già accolto una ventina di uomini. E adesso, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, il centro inaugura un numero di telefono dedicato, così da riuscire a raggiungere sempre più casi: 011/3841024. Di questa prima cerchia di uomini aiutati, 15 avevano usato la forza con la propria compagna o un ex, e uno era anche stato condannato per stalking. Sono stati ospitati in cinque, mentre undici hanno avviato un percorso psicologico fatto di colloqui individuali a cadenza settimanale. Solo in due hanno abbandonato dopo poco.

«La mia vita era in pezzi - racconta uno degli uomini aiutati - mia moglie subiva la mia presenza in casa, e anche con i due figli la situazione era difficile. Con una bancarotta sulle spalle, non sapevo dove andare. Ho provato a dormire qualche notte in macchina, ma una casa non è solo un luogo dove dormire. Se non hai una casa non hai la dignità. Sono rientrato ma erano liti continue. In un secondo mi trasformavo. Ho avuto paura che finisse male».
Ma sapere che qualcuno si preoccupava di aiutare anche loro, il marito o compagno violento, per lui si è riaccesa una speranza. «Quando mi hanno detto che c'era un luogo protetto dove potevo stare ho sentito per la prima volta dopo tanto tempo che avevo una possibilità di salvarmi e di salvare da me le persone cui volevo bene, i miei figli».

Piero, 52 anni, è uno dei mariti violenti, che ha scelto di rivolgersi a Opportunity. «Sono stato lì davanti mezz'ora prima di prendere coraggio. Mi hanno insegnato anche a riconoscere che avevo un problema: ero un violento». Piero è andato a vivere lontano dalla famiglia. Sì è trasferito in un appartamento assieme ad altri due uomini sconosciuti con storie simili alla sua. Separazioni difficili, violenza sulle donne. Guai con i soldi, tendenza a rifugiarsi nell'alcol. Angelo, 46 anni, è un altro. «Non mi rendevo conto di essere aggressivo con mia moglie: nel mio mondo i miei comportamenti erano la normalità. Ho imparato che sbagliavo in questi due anni. Ora ho capito che dentro di me la violenza era sempre in agguato dietro ai miei sguardi, ai miei toni di voce, alla postura del mio corpo». Angelo chiesto aiuto quando un amico gli ha fatto notare che qualcosa in lui non andava. «Mi ha detto che avevo reazioni aggressive, violente. Mi ha convinto».
Negli ultimi anni i casi sono aumentati notevolmente. Analizzando la natura degli episodi, ben il 90,6 per cento è stata costretta a subire rapporti sessuali contro la sua volontà, il 79,6 tentativi di strangolamento, soffocamento o ustione, il 77 schiaffi, pugni, calci e morsi. Il reato di maltrattamenti in famiglia è commesso nel 72,8 per cento dei casi da italiani, nel 25,2 da stranieri.

 
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